Sapete quanto valeva un talento ai tempi di Gesù? circa 60 mine, cioè più di 34 chili di argento…una gran bella somma. Allora il padrone citato nel Vangelo di Matteo, in questa penultima domenica dell’ anno liturgico, non era poi così cattivo. E quei servi ai quali era stata affidata una somma così ingente, non erano poi degli schiavi ma persone direi di “fiducia”.
Oggi quando parliamo di padrone pensiamo subito ad una persona autoritaria che pensa solo al proprio guadagno non preoccupandosi del benessere di coloro che lavorano per lui così come per “servi” intendiamo personaggi sottomessi e sfruttati ai quali è concesso niente.
La Parabola dei talenti è chiara. Dio (il padrone) si fida dei suoi servi (noi) donando loro un tesoro inestimabile: la fede. Ci affida la fede non perché la usiamo come il terzo dei servi del brano di oggi, ma viceversa per crescere insieme a tutti gli altri “servi” i quali come noi, sono stati oggetti di questo dono. Si, perché di dono si tratta.
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Non è un regalo imposto ma un dono che libera e rende gioiosi. Un regalo preziosissimo che Dio dona a coloro che non chiama servi ma amici. Dio affida all’ opera delle nostre mani, del nostro cuore l’ opera iniziata dal Figlio, cioè quella che tutte le genti siano salvate dal peccato e dalla morte e possano godere della Sua gioia.
Lui dona tanto però gli basta poco per ammetterci alla sua gioia, lo abbiamo ascoltato nel Vangelo Il libro dei Proverbi racconta dell’operosità della moglie e come attraverso di lei la casa è decorosa e ospitale. Anche In questa domenica nel Vangelo gli operai sono chiamati a lavorare ed il fine più o meno è lo stesso: render la casa comune, bella e abitabile, luminosa e splendente.
E’ importante lavorare con piena fiducia in Dio e allontanare da noi la paura verso lui. Averne paura significa non fidarci e senza fiducia, che figli siamo? Siamo come quel servo che ha nascosto il talento sotto terra e che al ritorno del padrone è stato buttato fuori del campo dove “sarà pianto e stridore di denti”. Non è la paura di Dio che ci frena.
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E’ piuttosto la paura del lavoro che ci attende per far fruttare questo grande dono. E’ necessario metterci in gioco e dimostrare quanto vale l’amore che proviamo per Dio e i fratelli. E’ un lavoro che ci costerà fatica perché amare così come siamo stati a nostra volta amati, è complicato. Ma se amiamo intensamente e di vero cuore noi saremo figli della luce perché a questo siamo chiamati.
Ce lo ha detto S. Paolo nella lettera odierna ai tessalonicesi: “Infatti siete tutti figli della luce e figli del giorno; noi non apparteniamo alla notte, né alle tenebre.” Essere nella luce di Dio, ci consentirà di veder chiaro dove stiamo andando e di accorgerci per tempo dell’ arrivo del Signore rendendolo felice perché al suo arrivo ci troverà trasformati come voleva e, cosa più importante troverà trasformato egregiamente il regalo che ci aveva fatto all’ inizio della nostra vita: la fede!
Mt 25, 14-30 | Fabrizio Giannini 35 kb 1 downloads
Trentatreesima domenica del tempo ordinario – 19 novembre 2023 …Chi è Fabrizio Giannini-Diacono
Fabrizio (Assisitente diocesano dell’ Apostolato del Mare) è diacono permanente dal 2015, faceva il comandante sulle navi ed ora lo è sulla piattaforma petrolifera a Civitavecchia. Cerca di coniugare vita familiare (Moglie una Figlia di 28 anni ed un Angelo in cielo che aveva 7 anni) e di ministero nel migliore dei modi e crede che questo sia uno di quelli per portare la parola di Dio a tutti i fratelli.
Foto di Mirosław i Joanna Bucholc da Pixabay