A quale categoria di quelle elencate nel Vangelo di oggi appartengo? Avrei piacere appartenere all’ ultima. Vorrei che il seme piantato in me col battesimo producesse il cento per cento, ma spesso me lo faccio rubare dal mio peccato e cosa peggiore, neanche me ne rendo conto.
Qualche volta invece, me lo faccio sfuggire di mano perché divento io stesso un cespuglio pieno di spine che mi immobilizza facendo in modo che niente di buono esca da me. Poi mi succede che quando riesco a far germogliare quel seme, non lo irrigo come si deve. Mi faccio i fatti miei pensando solo a me stesso e quel piccolo germoglio secca subito.
La mia incostanza invece, quel seme non lo fa né crescere né morire. Lo tiene lì come fosse una cosa in più che quando serve spero cresca o altrimenti è meglio rimanga così com’è…almeno non mi dà noia. Io credo che quest’ultima categoria sia la peggiore. Perché il peccato, il male i dolori, le vicissitudini della vita il continuo dovermi barcamenare tra i problemi che questo mondo mi propina, lo sgomento di misurarmi con cose più grandi di me, alla fine, non posso negarlo, occupano gran parte della mia giornata.
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Non riesco a pensare a quel seme della buona Parola che Dio ha immesso nel mio cuore , perché impegnato a vivere la mia triste storia umana. Non mi fido di quella Parola, e allora divento pure indolente! Non ho voglia di dirigere la mia vita come lei mi suggerisce. Mi accascio e mi cullo su quel terreno sassoso dove ogni cosa appassisce, dove niente nasce ne cresce. Capita così anche a voi? Alla fine mi stanco di combattere e mi chiedo se valga la pena far crescere quel seme.
Vorrei mettere Dio ai margini della mia vita! Vorrei far emergere esclusivamente la mia umanità più che la mia spiritualità. Però, leggendo il libro del Profeta Isaia che la liturgia propone questa domenica, mi rendo conto che Dio è più tenace di me, non demorde. Sa che nulla di ciò che Lui ha seminato andrà perduto. E’ certo che prima o poi qualche cosa di buono, uscirà fuori anche dalla mia indolenza.
Quel seme è più caparbio della mia testardaggine e mi darà modo di crescere insieme a lui. Mentre cresco con lui, rimango comunque un uomo con i suoi alti e bassi, che cerca e dà amore, che vive in un costante equilibrio tra successi e insuccessi. Si, rimango un uomo ma crescendo con quel seme sicuramente smetterò di piangermi addosso e vedere tutto nero. Lo sguardo esausto di chi si arrende, non potrà più appartenermi.
Avrò assieme lui uno sguardo di vita, rendendomi conto di quanto dice S. Paolo nella seconda lettura odierna “le sofferenze del tempo presente non sono paragonabili alla gloria futura che sarà rivelata in noi.” Allora, donami Signore di crescere con la tua Parola e di darti il frutto che ti aspetti da me….ma che dico? Tu sei sicuro che io te lo porti!
Mt 13, 1-23 | Fabrizio Giannini 143 kb 3 downloads
Quindicesima domenica del tempo ordinario – 16 luglio 2023 …Chi è Fabrizio Giannini-Diacono
Fabrizio (Assisitente diocesano dell’ Apostolato del Mare) è diacono permanente dal 2015, faceva il comandante sulle navi ed ora lo è sulla piattaforma petrolifera a Civitavecchia. Cerca di coniugare vita familiare (Moglie una Figlia di 28 anni ed un Angelo in cielo che aveva 7 anni) e di ministero nel migliore dei modi e crede che questo sia uno di quelli per portare la parola di Dio a tutti i fratelli.
Foto di Mirosław i Joanna Bucholc da Pixabay