Siamo arrivati alla terza domenica d’Avvento, detta anche “Gaudete”, cioè “Gioite”. Tutte le letture di questa liturgia sono un invito, una chiamata a gioire, non per una cosa effimera come tante di quelle che ci propina il mondo, ma nel e per il Signore che viene ancora in mezzo a noi, nella nostra storia.
In questo tempo non facciamo finta che Gesù debba nascere perché Egli è già nato, ma facciamo memoria di come è avvenuta questa nascita e ci alleniamo a farGli spazio. Guardiamo a questo Dio che non è entrato nelle nostre vite in modo trionfale ma come Bambino, perciò fragile e bisognoso di protezione. Questo è il miracolo più grande: Dio si è fidato (e si fida) così tanto dell’uomo da consegnarsi nelle sue mani. Ed è un dono che nessuno ci può togliere.
Lo Spirito del Signore, che accompagna il profeta Isaia e che ispira le sue parole e quelle di Maria, è con noi. Ma chi ci può privare di qualcosa che viene da Dio stesso? Ecco perché gioire in un momento storico come quello che stiamo attraversando, non stona, non è un’assurdità. Per accogliere, però, questo dono e per essere portatori della gioia a cui siamo chiamati, occorre imitare il Battista, che davanti all’insistenza dei sacerdoti e dei leviti che lo interrogano, dice:”Io sono voce”, cioè non il centro ma strumento.
Quante volte soffriamo perché assolutizziamo il nostro punto di vista, la nostra volontà, i nostri problemi, mettendo tutto questo anche davanti a Dio e chiudendo le porte al Suo Spirito. Allora questa domenica, così come tutto questo Avvento, sia l’occasione per invertire la rotta, per ricalcolare il percorso e ridare al Signore il posto che Gli spetta nella nostra vita.
AUTORE: Fabrizio Francesco CampusSITO WEB TELEGRAM