Nel pieno dell’Avvento, camminando con forte speranza (quest’anno come non mai) verso il Natale del Signore Gesù Cristo, la Liturgia odierna ci offre l’inizio del Vangelo secondo Marco.
Cerchiamo assieme di trarre alcuni spunti guida da questo estratto.
In primo luogo, soffermiamoci sul versetto di Mc 1, 1:
«Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio».
In questa riga troviamo, immediatamente, lo schema del Vangelo secondo Marco.
Per dirla con un gergo cinematografico, il versetto di Mc 1, 1 ci indica il punto esatto in cui finisce il primo tempo ed inizia il secondo.
Difatti a metà del Vangelo secondo Marco troviamo l’affermazione di Pietro:
«Ed egli [Gesù] domandava loro: “Ma voi, chi dite che io sia?”. Pietro gli rispose: “Tu sei il Cristo“» (Mc 8, 29). -“Cristo”, secondo la tradizione ebraica, era titolo sacerdotale, profetico e regale, e non mancava di collocarsi anche in ambito marziale. Il Maschiach («Messia», ovvero «Unto», ovvero «Cristo»), infatti, sarebbe stato (anche) un capo-condottiero, che avrebbe liberato il popolo d’Israele da ogni oppressione, compresa quella politico-militare che gli Ebrei stavano subendo, al tempo di Gesù, dai Romani (cf. Zc 9, 9-10: «Ecco, a te viene il tuo re. […] il suo dominio sarà da mare a mare e dal Fiume fino ai confini della terra»). Tuttavia appena sopra abbiamo scritto “anche un capo-condottiero”, perché è vero che gli scritti ebraici parlavano pure di un “Messia sofferente” (cf. Zc 12, 10: «Riverserò sopra la casa di Davide e sopra gli abitanti di Gerusalemme uno spirito di grazia e di consolazione: guarderanno a me, colui che hanno trafitto. Ne faranno il lutto come si fa il lutto per un figlio unico, lo piangeranno come si piange il primogenito»)
Il proclama finale, quello pieno, invece, ovvero la definitiva professione di fede, la troviamo esattamente in bocca al centurione romano sotto la croce:
«Il centurione, che si trovava di fronte a lui, avendolo visto spirare in quel modo, disse: “Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!”» (Mc 15, 39). -Anche qui una breve nota. L’Evangelista Marco mette in bocca la compiuta professione di fede non ad un ebreo, bensì ad un romano. Questo certamente vale come messaggio di apertura alle “genti”, ovvero manifesta come Gesù sia venuto a spalancare la salvezza a tutti i popoli, ma con buona probabilità ci sta ad indicare quali fossero i precisi destinatari del Vangelo secondo Marco, ovvero chi erano coloro per cui Marco scrisse il suo testo. Con fondata plausibilità, infatti, il Vangelo secondo Marco è stato scritto per i Romani, o meglio, per coloro che, a Roma, intendevano ricevere il battesimo di Gesù Cristo. Inoltre, data la brevità dello scritto marciano, è presumibile che il Vangelo secondo Marco fosse letto integralmente per questi catecumeni romani, prima che essi ricevessero il Battesimo, nel contesto della veglia pasquale (similmente ad una Haggadá di Pesach, ovvero al racconto che gli Ebrei leggono la sera di Pasqua, che narra l’uscita del popolo d’Israele dall’Egitto)
Tornando ancora al versetto di Mc 1, 1, troviamo un’ulteriore puntualizzazione che ci preme sottolineare.
Certo, se ci scappa di dire: “Vangelo di Marco” (o “di Matteo/Luca/Giovanni”) non è assolutamente una blasfemia. Tuttavia anche la precisione nel parlare aiuta la fede.
Ebbene, il Vangelo (ovvero “Buona Novella”, dal greco eu-aggélion) è sempre e solo “di Gesù”. E il “Vangelo di Gesù” è declinato “secondo Marco” (e “secondo Matteo/Luca/Giovanni”). -La diatriba circa il fatto di scovare tra i quattro Vangeli quale sia il più attendibile, ovvero la ridondante polemica in merito alle supposte contraddizioni tra i testi evangelici, sono questioni prive di fondamento. Tutti e quattro i Vangeli, infatti, dicono la verità, e tra questi non sussistono contraddizioni, poiché Matteo, Marco, Luca e Giovanni sono tra loro complementari, ovvero si integrano vicendevolmente. Facciamo un piccolo esempio: il ragazzo A e la ragazza B si sposano. Il racconto di questo matrimonio da parte dei genitori di A verterà sugli aspetti, sui ricordi e su particolari episodi che hanno colpito i genitori di A. Il racconto di questo matrimonio da parte dei genitori di B, invece, verterà sugli aspetti, sui ricordi e su particolari episodi che hanno colpito i genitori di B. E così sarà per ciascun invitato. Ma le “differenze” che dovessero emerge da questi racconti, non equivalgono ad affermare che un racconto è vero ed uno falso. Tutti, infatti, sono veri, ma in ciascuna narrazione c’è la “declinazione” emotiva, percettiva, emozionale (e, nel caso dei Vangeli, anche didattica) di colui che ha partecipato e quindi narrato
Dato tutto quanto, andiamo a scorgere un breve approfondimento in merito a Mc 1, 2-3:
«(2) Come sta scritto nel profeta Isaia:
Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero:
egli preparerà la tua via.
(3) Voce di uno che grida nel deserto:
Preparate la via del Signore,
raddrizzate i suoi sentieri».
1 – Il verbo «preparerà» (Mc 1, 2) nel greco del Vangelo è kataskeuázo che letteralmente esprime il «dedicarsi a mettere ordine»
Il suo tema radicale, tuttavia, è espressione del nome skeũos (kata è preposizione che indica un «proporsi/dedicarsi»), il quale tecnicamente significa «vaso/suppellettile».
2 – Ora, andando ad analizzare il verbo «Preparate» (Mc 1, 3), notiamo, però, che il greco del Vangelo non usa ancora kataskeuázo, ma adopera il termine etoimázo, che vale sempre «preparare/apprestare», ma il suo senso profondo esprime il concetto di «realtà/effettività» (cf, l’aggettivo étoimos).
Questa analisi ci pone dinanzi ad un quesito: come mai l’Evangelista ha adoperato due verbi diversi per esprimere lo stesso movimento?
Si può ipotizzare che abbia voluto adoperare un sinonimo, probabilmente per soddisfare la serenità dello stile linguistico, ovvero per non essere ripetitivo.
Però, accanto a queste deduzioni logiche, certamente valide ed ammissibili, potremmo sussurrarne altre di carattere esegetico, poiché dinanzi alla Parola di Dio, che si cela ma parla attraverso lo scritto dell’Evangelista, ogni minuzia è veicolo di significati profondi (cf. Sal 62, 12: «Una parola ha detto Dio, due ne ho udite»).
Ebbene, una nostra lettura circa questa differenza di verbi, adoperati per la stessa azione (kataskeuázo e etoimázo), ci porta ad individuare quanto segue.
È possibile attribuire al termine kataskeuázo un tratto generico, di cui etoimázo rappresenterebbe una sua specificazione.
E ciò possiamo dedurlo anche dal fatto che nel versetto di Mc 1, 3 sono usati due verbi in relazione tra loro, i quali appaiono decisamente quali precisazioni del «preparerà» di Mc 1, 2.
Il primo di questi due verbi che vanno a particolareggiare kataskeuázo («preparare [vaso/suppellettile]») abbiamo visto essere proprio etoimázo («preparare [essere reale/effettivo]»), mentre il secondo è «raddrizzate». -Facciamo un esempio per capirci: io “preparo” il pranzo, “preparando” la pasta e “condendo” l’insalata. La frase regge. Tuttavia il senso specifico di fondo è il seguente: io “preparo” il pranzo, “cuocendo” la pasta e “condendo” l’insalata. Ecco che, quindi, il “preparare” la pasta, pur se formalmente è lo stesso verbo di “preparare” il pranzo, sostanzialmente esprime la determinazione di quest’ultimo (la pasta si prepara “cuocendola”), anche per il fatto che la “preparazione” del pranzo non si limita solo alla “preparazione/cottura” pasta, ma comprende anche il “condire” l’insalata. Per dirla con una formula matematica: cottura della pasta + condire insalata = preparare il pranzo. Ovvero: «Preparate (etoimázo)» + «raddrizzate» = «preparerà (kataskeuázo)»
3 – Preso atto di ciò, fermiamoci, quindi, su quest’ultimo verbo, ovvero «raddrizzate» (Mc 1, 3).
Il greco del Vangelo non usa un solo termine, ma adopera una circonlocuzione, ovvero eutheías poieĩte, che letteralmente vale «fate (poieĩte) dritti (eutheías)».
Approfondiamo ancora un po’.
L’aggettivo eutheías con plausibilità trova il suo senso nel composto tra eũ («buono») + théo («correre»).
Ecco, allora, che quel «fate dritti», riferito ai sentieri del Signore, si illumina di senso profondo.
Invero i sentieri del Signore non sono mai storti, e non è certo per l’intervento dell’uomo che i sentieri del Signore si raddrizzano.
Il «raddrizzate i suoi [del Signore] sentieri», infatti, non vuol dire che il Signore sbaglia strada, ma intende «fate dritti» i sentieri del Signore, ovvero, come appena argomentato, «lasciate fare la buona corsa» ai sentieri del Signore, ovvero «che i sentieri del Signore compiano il percorso che appartiene propriamente loro»: percorso, questo, che è una retta via, una «buona corsa» appunto.
La robusta sollecitazione della riga: «raddrizzate i suoi sentieri», quindi, ci richiama a non accomodare il sentiero (il volere, la volontà) del Signore al nostro (al nostro volere, alla nostra volontà, che sicuramente non sono caratterizzati da una «buona corsa»), ma a recepirlo secondo l’essenza che pienamente e propriamente gli appartiene; a percorrerlo seguendo il tracciato delle sue (del Signore) coordinate, secondo quanto Egli (il Signore) riconosce e stabilisce come “dritto”, come la vera «corsa buona». -Che alle volte a noi sembra tutto tranne che “buona”. Ma se il “buono” lo stabiliamo noi, ovvero se consideriamo la volontà di Dio non com’è, ma come vorremmo che fosse, ecco che i sentieri non saranno dritti; mentre se ci abbandoniamo alla volontà di Dio così come da Lui effettivamente proviene, ecco che i sentieri, pur se la nostra percezione immediata potrebbe valutarli diversamente, saranno dritti
Ecco, quindi, che avendo aperto alcuni orizzonti legati ai termini analizzati (kataskeuázo; etoimázo; eutheías poieĩte), la profondità dei versetti che abbiamo oggi in oggetto si schiude dinanzi agli occhi, e al cuore:
«2) Come sta scritto nel profeta Isaia:
Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero:
egli preparerà (kataskeuázo)la tua via.
(3) Voce di uno che grida nel deserto:
Fate in modo che la via del Signore prenda possesso della vostra realtà (etoimázo),
lasciate che siano i suoi sentieri ad indicarvi la corsa buona (eutheías poieĩte)».
Poiché se il “preparare” non sarà articolato su queste due specificazioni (etoimázo + eutheías poieĩte), il Signore e la sua via rimarranno un mero arredamento, un vaso, una suppellettile (kataskeuázo). -Come spesso sono le croci appese nelle nostre case, o le corone del rosario che cingono i nostri colli.
Per gentile concessione di Fabio Quadrini che cura, insieme a sua moglie, anche la rubrica ALLA SCOPERTA DELLA SINDONE: https://unaminoranzacreativa.