Fabio Quadrini – Commento al Vangelo di domenica 29 Marzo 2020

Se domenica scorsa la Liturgia ci ha posto dinanzi alla lettura e all’ascolto di un intero capitolo del Vangelo secondo Giovanni (Gv 9, 1-41), quest’oggi non si è di certo risparmiata: siamo, infatti, al cospetto di 45 versetti (e l’intero capitolo 11 ne possiede 57).
Tuttavia, dato che in questa particolare Quaresima è necessario «restare in casa», non è certo deleterio dedicare un po’ più di tempo alla Parola di Dio e al Signore: Egli che può tutto; Egli che dà senso e pienezza a tutto, anche a quello che, in apparenza, sembra una calamità.
Di ciò dato atto, cerchiamo subito di calarci nel testo.
Ebbene, per dirla semplicisticamente, la domenica odierna è la narrazione della risurrezione, o meglio del «ritorno alla vita», di Lazzaro. Non ci soffermeremo su questa precisazione, ovvero distinzione, che dovrebbe essere una questione ben chiara e chiarita fin dal catechismo di oratorio (l’estratto evangelico in questione è talmente gravido di senso, che ridurlo sempre a questa sola accezione è sminuire l’immensa portata della Parola di Dio), bensì andremo ad analizzare in profondità alcuni dettagli che si trovano all’inizio della pericope, precisamente nella circonlocuzione del versetto 2: COSPARSE DI PROFUMO.

Molte volte, nei nostri commenti, abbiamo scritto che andare al greco originale del Vangelo è fondamentale, per carpire lo spessore di senso della Scrittura. Nondimeno, come sottolineato nelle ultime volte (cf. POZZO; cf. QUI), leggere il testo nella sua lingua madre ci fa scoprire, oltre alla sostanza, anche lo stile lessicale e la forma; e all’interno dell’analisi formale si recupera anche la fonetica, e grazie a questa si può ascoltare come suonava quella data lingua, e si può carpire come grazie a codesto suono, il lettore ovvero l’ascoltatore potessero essere sollecitati, nel processo di comprensione, proprio da alcune sfumature fonetiche aleggianti in dissolvenza.
Quest’oggi cerchiamo di prestare attenzione al testo evangelico con questo approccio.

Orbene, l’espressione «cosparse di profumo» («Maria era quella che cosparse di profumo il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi capelli» – v. 2) in greco suona: «aleípsasa múro».

Partiamo dal verbo.
Il termine aleípsasa è coniugazione di aleífo, che vale non meramente «ungere», quanto puntualmente «ingrassare»: la sua radice √lip ci porta facilmente al nostro «lipidi (grassi)».
Prima di arrivare alle sfumature di suono, analizziamo la portata del verbo in questione.

1 – La prima nota interessante da sottolineare nel verbo aleífo, è che questo veniva usato, per traslato, precisamente per indicare la «preparazione alla lotta» (gli atleti, nello specifico proprio i lottatori, erano integralmente unti/ingrassati).
Ebbene, il Signore Gesù non è, forse, in procinto di affrontare definitivamente la lotta contro la morte, anticipata dall’episodio di Lazzaro, e compiuta, di lì a poco (cf. Gv 12, 1-8), durante la Pesach (Pasqua)?

2 – La seconda nota ci porta, invece, ad individuare, sempre nel verbo aleífo, l’idea di «fecondità/l’essere o rendere fecondo» (cf. lipaíno. L’ «opulenza», l’ «ubertosità», è chiaramente connessa al concetto di «grasso». A tal proposito è esplicativo un piccolissimo cenno all’arte egizia: la persona altolocata e benestante, come ad esempio uno scriba, veniva sempre rappresentata con la pancia adiposa, ovvero coi cosiddetti rotolini di grasso. Se oggi invece siamo, col grasso, a rappresentare tutto il contrario, questo non è motivo di discussione in questa sede; ed il lettore saprà argomentare anche da solo il perché di questa deriva antipodica).
Ebbene il Signore Gesù non è, forse, l’Abbondanza di Dio (cf. Gv 10, 10; cf. Mt 13, 1-23; cf. Mc 4, 1-20; Lc 8, 4-15)?

3 – Una terza nota, infine, veicola, sempre dal verbo aleífo, il concetto di «forza/tenacia/perseveranza» (cf. liparía, da lípos. È innegabile che il senso del «grasso/pingue» è esplicitamente legato alla percezione di «energia/vigore/robustezza». Anche in tal caso si tralascia ogni parallela discrasia contemporanea).
Ebbene, il tetélestai («È compiuto») di Gv 19, 30 non rappresenta pienamente la perseveranza del Figlio dinanzi alla volontà del Padre (cf. Mt 10, 22; cf. Mc 13, 13; cf. Lc 22, 28)?
Interessante come «perseveranza» e «abbondanza» siano usati da Gesù anche come sinonimi (e, guarda caso, tale sinonimia la si può riscontrare proprio nella citazione di Luca sopra indicata al punto 2: «Quello sul terreno buono sono coloro che, dopo aver ascoltato la Parola con cuore integro e buono, la custodiscono e producono frutto con perseveranza» [Lc 8, 15]).

Preso atto di quanto, passiamo a quelle «gradazioni fonetiche in trasparenza», che si potevano ascoltare nel greco originale.

Leggendo o ascoltando aleípsasa (quindi il verbo aleífo), era possibile udire anche il suono del verbo leípo (il fonema «f» è lo stesso di «p» [entrambi labiali]; inoltre, la coniugazione di leípo suona spesso leíps– nel suon tema verbale [es. il futuro di leípo è leíps-o]).
Tuttavia leípo vale propriamente il contrario di aleífo, in quanto significa «lasciare/abbandonare», ed esprime, infatti, l’idea di «debolezza/mancanza/inferiorità».
Eppure, non è forse vero che il Signore Gesù (il «cosparso», il «lottatore», l’ «abbondante», il «perseverante» [aleífo]) si sta approssimando ad accogliere e ad accettare l’atrocità della Passione e Morte, momento ferocemente pieno di abbandono e sconfitta (leípo)?

Passiamo, ora, al sostantivo.
Il nome múro è la declinazione di múron, che vale propriamente «essenza odorosa/unguento/profumo».
Andiamo immediatamente alle «gradazioni fonetiche in trasparenza».

1 – Leggendo o ascoltando múro, era possibile udire il suono (e in tal caso anche la radice è la stessa) del sostantivo múrra/smúrna, ovvero «mirra».
Ebbene, non è forse vero che Gesù, il cosparso di «profumo odoroso» (múro), dovrà bere la mirra della Croce (cf. Mc 15, 23), e sarà cosparso di mirra nel sepolcro (cf. Gv 19, 39)?
Si potrebbe osservare, correttamente del resto, che la mirra richiama pure la Nascita del Salvatore a Betlemme (cf. Mt 2, 11).
Tuttavia, per sciogliere questa apparente contraddizione, è molto interessante richiamarsi alle icone orientali: queste infatti, alla stregua di una «liturgica confusione», arrivano ad assimilare la Sindone sepolcrale del Cristo proprio alle fasce della natalità; arrivano a paragonare la mangiatoia al sepolcro; inoltre il Cristo, in tali sacre rappresentazioni, spesso richiama il bozzolo di una crisalide sia da appena nato che da sepolto.
Infine, e anche qui siamo a rimembrarci degli incontri di catechismo in parrocchia, è risaputo come questo dono dei Magi fosse chiaro emblema dell’umanità e della morte di Gesù.

sepolcro_nascita_il_tesoro_del_monte_athos_manoscritto_bizantino
Miniatura di area bizantina (IX sec.) – AA.VV., The Treasures of Mount Athos. Illuminated Manuscripts, 3 voll., Athens 1975-79 (III, tav. 224)

2 – Ma continuiamo. Leggendo o ascoltando múro, tale nome fa piena eco fonetica anche al sostantivo múrtos, ovvero «mirto» (cf. anche murríne, ovvero ramo/corona di mirto).
È molto interessante notare, in tal caso, come la tradizione ebraica antica prevedesse proprio l’uso di porre rametti di mirto sulla lettiga che accompagnava il morto al sepolcro (abbiamo appena visto come Gesù, il cosparso di «profumo odoroso» [múro], vedesse all’orizzonte il suo «mirto»).
Inoltre, sempre per gli ebrei, il mirto era simbolo sponsale (Gesù, il cosparso di «profumo odoroso», non è lo Sposo? [cf. Gv 3, 28]), e rappresentava anche un segno di riconciliazione (Gesù, il cosparso di «profumo odoroso», non è la Riconciliazione? [cf. Rm 5, 10-11]).

3 – Infine, leggendo o ascoltando múro, si legge o ascolta precisamente e in maniera identica il verbo múro, il quale significa «lacrimare/piangere».
Ebbene, non è forse vero che Gesù, il cosparso di «profumo odoroso» (múro [sostantivo]), è in procinto di piangere (múro [verbo]) il suo amico Lazzaro (tra l’altro nel capitolo 11 il pianto è un protagonista principale).
Tuttavia è straordinario come proprio il pianto sia, certamente, carattere della morte, compresa quella di Gesù (Egli, il cosparso di «profumo odoroso», verrà pianto [cf. Gv 20, 11], ma, al contempo, divenga parola trionfante di Risurrezione (Gesù, il cosparso di «profumo odoroso», proclamerà gloriosamente: «Donna, perché piangi?» [cf Gv 20, 15]).

Che in special modo quest’ultima sottolineatura sia l’approccio e l’offerta di noi (sedicenti) cattolici, dinanzi a questa aspra, ma pur sempre provvidenziale, Quaresima.

Fonte

Per gentile concessione di Fabio Quadrini che cura, insieme a sua moglie, anche la rubrica ALLA SCOPERTA DELLA SINDONE: https://unaminoranzacreativa.wordpress.com/category/sindone/


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