Fabio Quadrini – Commento al Vangelo di domenica 25 Ottobre 2020

Come la settimana scorsa (cf. IN FACCIA [Mt 22,15-21 – «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio»]), anche questa domenica il Vangelo potrebbe rendere facile facile la vita all’omileta, ovvero potrebbe consentire di raccontare la “classica” omelia.
Infatti, quante volte abbiamo ascoltato, commentato o sentito commentare, il nucleo portante della pericope odierna, ovvero la seguente pronunzia di Gesù: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. […] Amerai il tuo prossimo come te stesso» (Mt 22, 37.39)?
Che altro vogliamo dire?
Tra l’altro, fin dalle prime lezioni di catechismo, oltre a mettere a memoria queste due affermazioni di Gesù, abbiamo imparato a dire col Signore stesso pure l’ultima frase del Vangelo odierno: «Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti» (Mt 22, 40), ovvero: «Dall’osservanza di questi due comandamenti dipende la “buona” riuscita della nostra vita, tanto nei suoi precetti, quanto nelle sue applicazioni».
Molto bene!
Tante chiacchere, invero, non servono; né tanti scavi esegetici: magari, infatti, riuscissimo ad applicare letteralmente queste indicazioni letterali di Gesù.

Tuttavia, come al solito, andando al testo originale greco (continuiamo a rimarcare come anche la comprensione immediata sia anch’essa valida; ma come anche necessario sia l’approccio esegetico e di iniziazione alla Parola di Dio), la nostra attenzione è stata attirata dal verbo dell’ultimo versetto poc’anzi citato:

«Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti» (Mt 22, 40).

Il termine «dipendono» in greco è krématai, coniugato da kremánnumi.
Esso letteralmente vale: «appendere/pendere/essere appeso».
Dato atto di quanto, proponiamo una versione letterale dell’intero versetto in questione, considerando anche altre sfumature:

«In questi i due comandamenti tutta la Legge è appesa e i Profeti».

Ebbene, tale traduzione ci porta ad un “oltre il versetto” che suscita un interesse alquanto particolare.
1 – Partiamo dai due nomi «la Legge» e «i Profeti».
Rilevante, dapprincipio, notare una sottigliezza.
La scrittura greca classica, ovvero quella koinè in cui è stato scritto il Nuovo Testamento, non ha maiuscole e minuscole come è d’uso tra noi, nella stesura delle nostre lingue correnti: il greco classico/koinè è redatto tutto e solo in maiuscolo (es. ΙΗΣΟΥΣ [«Gesù»]), dato che la versione minuscola (es. ᾿Ιησοῦς [«Gesù»]) si sviluppa progressivamente all’incirca nella seconda metà del I millennio d.C.
Perciò, quando nella traduzione evangelica che leggiamo in italiano (o nelle varie odierne trasposizioni greche del Vangelo), la quale adopera (le quali adoperano) i criteri “maiuscola-minuscola” così come appartengono al nostro usus scribendi, troviamo un termine che è scritto con la maiuscola, questo è un intervento del traduttore, il quale considera quella data parola “degna” della maiuscola.
Ebbene, nella traduzione italiana (CEI 2008) del passo evangelico odierno, tanto «Legge» quanto «Profeti» sono con la maiuscola.
Per quale motivo?
In primo luogo, possiamo considerare l’uso della maiuscola per questi due nomi, dato il fatto che per il popolo ebraico, sia al tempo di Gesù che ad oggi, «la Legge» e «i Profeti» erano e sono a fondamento della fede.
Inoltre, sempre rimanendo in ambito ebraico, «la Legge» era ed è personificata in Mosè (è a simbolo di Mosè e viceversa), mentre «i Profeti» vengono ricapitolati nella figura di Elia (sono a simbolo di Elia e viceversa).
Non viene in mente al lettore un episodio evangelico in cui v’è la presenza di Mosè ed Elia?
«E [Gesù] fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco, apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui» (Mt 17, 2-3).
In merito all’episodio della cosiddetta “Trasfigurazione di Gesù” molto si discute in ambito esegetico, anche circa il valore e le figure tanto di Mosè come di Elia.

 

2 – Proviamo a collegare alla Trasfigurazione il Vangelo odierno.
E tale collegamento ci è consentito proprio dal verbo che abbiamo sopra indicato: «dipendono» ovvero kremánnumi («appendere/pendere/essere appeso»).
Ebbene, questo stesso verbo viene adoperato nel seguente estratto degli Atti, passo in cui Pietro, insieme agli apostoli, risponde all’interrogazione rivolta dal sommo sacerdote:
«Il Dio dei nostri padri ha risuscitato Gesù, che voi avete ucciso appendendolo (kremásantes) a una croce» (At 5, 30).
Il verbo kremásantes di At 5, 30 è sempre coniugazione da kremánnumi, come il già menzionato krématai («dipendono») di Mt 22, 40.
È molto interessante, dunque, poter intus-legere («scovare sotto») un profondissimo sillogismo tra «la Legge» e «i Profeti» (nomi connessi a krématai [«dipendono»]) e Gesù stesso (appeso [kremásantes] alla croce), ovvero poter cristallizzare nell’ “Appeso” per eccellenza, «la Legge» e «i Profeti», anch’essi, come visto sopra, “appesi”.
Difatti, se per il popolo ebraico «la Legge» e «i Profeti» erano e sono identificati e fissati nelle figure di Mosè ed Elia, ecco che Gesù giunge a compiere l’Antica Alleanza, riassumendo in sé Mosè ed Elia; catalizzando nella sua persona la completezza e la pienezza, nella Nuova Alleanza, de «la Legge» e «i Profeti» (cf. TENDI LA TUA MANO E METTILA NEL MIO FIANCO).

3 – Proseguendo lungo tale percorso, sussurratoci dalla ghézera shavá appena indicata (cf. VENUTA LA SERA: «Questa circonlocuzione ebraica [ghézera shavá] rappresenta propriamente una tecnica ermeneutica adoperata dai rabbini: se una parola o una frase appare in due brani della Scrittura, codesti due brani, in cui sono presenti le due parole o le due frasi, sono tra loro in stretta relazione e in diretto collegamento; e quello che vale nell’uno si ricalca e si applica nell’altro»), ovvero dall’uso del verbo kremánnumi («appendere/pendere/essere appeso») tanto in At 5, 30 quanto nel Vangelo di oggi (Mt 22, 40), risulta interessante far notare ancora un aspetto.
Riprendiamo la traduzione letterale resa sopra di Mt 22, 40:
«In questi i due comandamenti tutta la Legge è appesa e i Profeti».
Tali «due comandamenti», esattamente per bocca di Gesù, sappiamo che sono «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. […] Amerai il tuo prossimo come te stesso» (Mt 22, 37.39).
È rilevante come il primo comandamento abbia una traiettoria verticale (amare Dio), mentre il secondo sia proiettato ad un fondo orizzontale (amare il prossimo).
«Verticale» ed «orizzontale»: non alludono fortemente proprio alla «croce» (data da un palo verticale e da uno orizzontale), nome (e tema) presente esattamente nel versetto degli Atti che stiamo considerando in parallelo col Vangelo odierno? Infatti:
«Il Dio dei nostri padri ha risuscitato Gesù, che voi avete ucciso appendendolo a una croce» (At 5, 30).

Mettiamo, quindi, in rilievo schematicamente i parallelismi sin ora indicati, facendoci aiutare dai colori.
Mt 22, 40: «In questi i due comandamenti tutta la Legge è appesa e i Profeti».
At 5, 30: «Il Dio dei nostri padri ha risuscitato Gesù, che voi avete ucciso appendendolo a una croce».

4 – Chiudiamo, ritornando alla Trasfigurazione (Mt 17, 1-9).
Questo straordinario ed emblematico episodio, tanto reale quanto paradigmatico, tanto storia quanto kérugma («proclama di Salvezza»), è collocato all’interno dei cosiddetti “tre annunci della Passione e Risurrezione” (primo annuncio: cf. Mt 16, 21-23; secondo annuncio: cf. Mt 17, 22-23; terzo annuncio: cf. Mt 20, 17-19).
Ebbene, anche la pericope di questa domenica, o meglio anche il versetto di Mt 22, 40 contenuto nella pericope odierna, alla luce di quanto abbiamo detto, potrebbe inserirsi in questo contesto, e potrebbe essere considerato un “quarto annuncio della Passione e Risurrezione”, poiché nelle dissolvenze che abbiamo colto, sembra mirare decisamente proprio agli eventi che dovranno accadere in quella Pasqua gerosolimitana.
Il lettore attento domanderà: «Nel versetto di Mt 22, 40, in base al tracciato esegetico proposto, abbiamo potuto ritrovare la Passione, ovvero abbiamo potuto rintracciare un richiamo alla croce. Tuttavia manca il richiamo alla Risurrezione. Quindi non può essere considerato quale “quarto annuncio della Passione e Risurrezione”».
Ebbene, la risposta a tale acuta domanda, la si trova sempre nei nomi «la Legge» e «i Profeti».
Non abbiamo detto che tali sostantivi si possono identificare con Mosè ed Elia?
E non è forse vero che tanto Mosè (cf. Dt 34, 6: «Nessuno fino ad oggi ha saputo dove sia la sua tomba») quanto Elia (cf. 2Re 2, 11: «Mentre continuavano a camminare conversando, ecco un carro di fuoco e cavalli di fuoco si interposero fra loro due. Elia salì nel turbine verso il cielo») hanno avuto rapporti “particolari” con la morte?

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Monte Tabor, Galilea (Israele)

 

E chissà (quanti esegeti se lo chiedono: ma tanto, in questa vita, non lo sapremo mai!): perché non ipotizzare che il dialogo tra Gesù, Mosè ed Elia (cf. Mt 17, 3: «Ed ecco, apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui»), fosse proprio incentrato sulla Passione e Risurrezione (cf. QUI)?

Fonte

Per gentile concessione di Fabio Quadrini che cura, insieme a sua moglie, anche la rubrica ALLA SCOPERTA DELLA SINDONE: https://unaminoranzacreativa.wordpress.com/category/sindone/


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