Una famosa fiaba racconta di un re che, attanagliato dal timore e dalla vergogna di essere considerato stolto e indegno, affermava di avere addosso un meraviglioso abito, che risultava invisibile, appunto, solo agli stolti e agli indegni. Anche i suoi cortigiani, nonché l’intera folla dei cittadini alla vista del re, lodavano a gran voce l’estrema eleganza dell’abbigliamento del sovrano, serrati anch’essi dalla morsa del panico di venire infamati per stoltezza e indegnità.
Solo l’esclamazione di verità di un bambino dimostrò la candida e piena libertà: «Il re è nudo!».
Il Vangelo di oggi, secondo Giovanni, narra l’incontro tra Gesù e i primi discepoli.
Data la densità del contenuto del passo evangelico odierno, riteniamo opportuno focalizzare l’attenzione solamente su un piccolissimo aspetto esegetico.
Concentriamoci sul versetto di Gv 1, 37:
«E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù».
I due discepoli di Giovanni Battista, invero, dopo aver sentito quest’ultimo che, fissando lo sguardo su Gesù, proclamava: «Ecco l’agnello di Dio!» (Gv 1, 36), seguirono il Signore.
In merito ai termini appena sopra evidenziati, poniamo attenzione al greco del testo originale.
1-«parlare-così».
Il verbo utilizzato in greco è laléo.
Tuttavia c’è una sfumatura che possiamo notare.
Letteralmente il versetto di Gv 1, 37 si potrebbe tradurre così:
«E i due discepoli di lui [di Giovanni] udirono [Giovanni] parlante (laloũntos) e seguirono Gesù».
Ebbene, possiamo rilevare come nel testo greco originale non ci sia l’avverbio «così».
Nondimeno codesto avverbio, che la traduzione italiana aggiunge, diviene pennellata fondamentale per caricare di significato il verbo vero e proprio, ovvero «parlare», nonché per carpire il senso del messaggio.
Dal contesto che leggiamo o ascoltiamo, la formula «parlare-così» serve certamente a ribadire come fu proprio l’affermazione che Giovanni Battista proclamò rivolto verso Gesù («Ecco l’agnello di Dio!» – Gv 1, 36) a spingere i suoi discepoli a seguire il Rabbì di Nazaret. Invero, proprio perché Giovanni Battista disse: «Ecco l’agnello di Dio!», ergo proprio perché si espose a «parlare-così», i suoi due discepoli lo lasciarono per seguire Gesù.
Tuttavia, l’analisi del verbo greco laléo ci fa cogliere un’ulteriore tinta circa questo «parlare-così».
Una ordinaria, e giustissima, traduzione italiana lo rende tranquillamente e semplicemente con «parlare», nondimeno tecnicamente, e nel suo fondo radicale, il verbo laléo equivale ad un «parlare con un gergo che richiama (o che appartiene a) quello di un bambino».
Difatti al verbo laléo sono esattamente assimilati i termini latini lallo («cantare la ninna nanna») e lallus («ninna nanna»), nonché un termine tecnico italiano, la cosiddetta “lallazione”, ovvero la pronuncia delle prime sillabe da parte del bambino nel primo anno di vita durante il processo di apprendimento del linguaggio.
Ecco allora come tale sottigliezza possa portarci a dare una particolare luce a quel «parlare-così» di Giovanni Battista.
Sicuramente i discepoli del Battista furono catturati dal contenuto della pronunzia di costui («Ecco l’agnello di Dio!» – Gv 1, 36 – il «così» pone l’enfasi sul contenuto del «parlare»), ma lo scavo esegetico appena proposto ci può suggerire come i medesimi discepoli, oltre al forte proclama ascoltato, potrebbero aver potuto percepire come le parole del Battista fossero state pronunziate in un modo del tutto particolare, quasi con un tono che rendeva quel contenuto, di per sé già impressionante, estremamente sconvolgente: «sentendolo parlare così», ovvero «sentendolo pronunciare quell’affermazione-così in un modo-così, seguirono Gesù». – il «così» pone l’enfasi anche sul modo del «parlare»
E questo “modo-così” era quello di un “bambino”.
Ma Giovanni Battista era forse un bambino? Oppure parlava forse cianciando, balbettando e pigolando come un neonato?
Cerchiamo di dare un senso a quanto.
Facciamo richiamo ad un altro passo del Vangelo secondo Giovanni:
«Gli [a Gesù] disse Nicodèmo: “Come può nascere un uomo quando è vecchio? Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere?”» (Gv 3, 4).
E questa osservazione fu fatta da Nicodèmo in risposta alla precedente pronunzia di Gesù:
«Gli [a Nicodèmo] rispose Gesù: “In verità, in verità io ti dico, se uno non nasce dall’alto, non può vedere il regno di Dio”» (Gv 3, 3), dove il greco ánothen, tradotto con «dall’alto», può significare anche «di nuovo».
Ecco, allora, come quel «parlare-così (come un bambino)» di Giovanni Battista non sia una inverosimile indicazione oggettiva, ma rappresenti un decisivo connotato esegetico che rimanda al fatto di come costui avesse già pienamente compreso Gesù; di come costui vivesse già in pienezza la presenza di Gesù; di come costui avesse già pienamente compreso come il Regno di Dio fosse venuto, incarnato, in Gesù, in quanto aveva compiuto in sé la “ri-nascita dall’alto” (ánothen), tornando “bambino”.
Ecco la grandezza di Giovanni Battista, fortemente celebrata da Gesù: Giovanni Battista era il più grande fra i nati di donna (cf. Lc 7, 28) proprio poiché era “bambino nato di nuovo-nato dall’alto” (ánothen).
E questa grandezza di Giovanni Battista è modello a ciascuno di noi, poiché anche ciascuno di noi può divenire altrettanto grande nel momento in cui torna “bambino”, compiendo la propria «ri-nascita dall’alto» (cf. Lc 7, 28). -Ecco, allora, come possiamo dare un ulteriore senso, tra i molteplici offerti dall’esegesi, alle parole di Gesù che troviamo in Mt 18, 3: «In verità io vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli». Il fatto di «diventare come bambini» può anche significare, quindi, “ri-nascere in altezza (spirituale) come uomini nuovi”, pienamente aperti e disponibili al Signore, così come suggerito a Nicodèmo (ánothen), e così come compiuto da Giovanni Battista, il quale “parlava come un bambino” (laloũntos). Si confronti su questa tematica anche l’episodio di Zaccheo (cf. Lc 19, 1-10), il quale ruota tutto quanto proprio attorno al tema della “statura” (tanto fisica quanto morale) – cf. SICOMORO
2-«seguirono».
L’espressione greca utilizzata è ecoloúthesan.
Anche per questo termine è assai rilevante la sua radice.
Il verbo akolouthéo (da cui la coniugazione ecoloúthesan) significa, invero, «seguire/accompagnare», ma in esso vi è il tema eleuth- ovvero «libertà».
Difatti l’atto del «seguire» o quello di «farsi compagno» sono tali solo se in essi si sperimenta la piena «libertà» (un seguire che non è libertà è costrizione; un farsi compagno che non è liberta è imposizione).
Ecco, allora, che permettendoci di traslare in senso evocativo il versetto di Gv 1, 37, potremmo renderlo così, chiudendo senza ulteriori commenti questo nostro intervento:
«E i suoi due discepoli, sentendolo parlare come un bambino [nel momento in cui esclamò la verità circa Gesù: «Ecco l’agnello di Dio!»], trovarono la libertà in Gesù».
Per gentile concessione di Fabio Quadrini che cura, insieme a sua moglie, anche la rubrica ALLA SCOPERTA DELLA SINDONE: https://unaminoranzacreativa.