Spesso, con riguardo a somiglianze e derivazioni tra parole, le radici semitiche e quelle greche non hanno alcunché in comune. -Tuttavia su questo principio generale sorgono varie eccezioni. Per esempio la radice ebraica √SKN (da cui l’ebraico Shekinà [«Presenza del Signore»] e Mishkàn [«Tenda del convegno»]) è fortemente presente nel greco skenóo («attendarsi» -cf. Gv 1, 14: «E il Verbo si fece carne e venne ad abitare [eskénosen] in mezzo a noi») -cf. FARE IL NIDO ALLA SUA OMBRA
Da ciò, quindi, è possibile riferire come (forse) non vi sia alcuna somiglianza tra la radice ebraica √MKR e il termine greco makários.
Oppure la somiglianza c’è?
Vediamo assieme come ragionarci.
Partiamo da √MKR.
Questa radice ebraica intende «commerciare/vendere», ovvero fa diretto riferimento al concetto di «merce/mercato». -Da notare come questa stessa radice, in derivati arabi, arrivi ad esprimere i concetti di «ingannare/imbrogliare/tramare», ovvero «astuzia/scaltrezza», ovvero «artificio/espediente». Curioso rilevare come la metatesi di √MKR, ovvero √KRM, intenda in ebraico i significati di «generosità/nobiltà», ma anche «vigna»
L’aggettivo greco makários, invece, ha il significato di «beato».
E tale aggettivo, con riferimento a Maria, è presente in un versetto del Vangelo odierno:
«E beata (makaría) colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto» (Lc 1, 45).
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Ebbene, dove può esserci, qualora ci fosse, connessione tra i due lemmi?
Ribadiamo: probabilmente non dovrebbe esserci alcun legame tra √MKR e makários, eppure…
…eppure è risaputo (lo abbiamo scritto varie volte nei nostri commenti -cf. DESERTO/MOLTO) come appartenga all’attività esegetica ebraica la prassi di “giocare” con le parole, ovvero con le loro radici, per scovare significati e sensi arcani o profondi; -Un esempio di scuola, per esempio, riporta come i rabbini ritrovino il termine ebraico dabàr («parola») nel sostantivo midbàr («deserto»), mettendo quindi ambo i termini in profonda connessione (cf. Gv 1, 23)
…eppure non possiamo non notare quanto segue: tra i vari significati di makários c’è anche quello di «fornito di beni» (la “beatitudine” invero, nello specifico quella prettamente mondana, non deriva decisamente dall’avere, ovvero dal possedere, ovvero dall’essere “fornito di beni”? -cf. Lc 12, 18-19).
Il passaggio, quindi, ovvero la relazione tra √MKR («merce/mercato») e makários («beato» [in quanto] «fornito di beni») non è poi così distante.
Preso atto di quanto, ritorniamo al versetto sopra citato:
«E beata (makaría) colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto» (Lc 1, 45).
È interessante, secondo la disamina che abbiamo appena esposto, mettere in raffronto questa riga con un passo del Vangelo secondo Giovanni:
«e ai venditori di colombe [Gesù] disse: “Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!”» (Gv 2, 16). -Una celere nota metodologica. In via principale i raffronti evangelici, nello specifico quelli concernenti disamine lessicali e semantiche, andrebbero fatti all’interno dello stesso Vangelo. Nondimeno la caratteristica “quadriforme” del Vangelo (per dirla alla buona, per “quadriforme” si intende che il Vangelo è uno e uno solo, ovvero il “Vangelo di Gesù Cristo”, ma questo è trasmesso secondo quattro “angolature”, che sarebbero appunto gli scritti dei quattro Evangelisti -cf. Ireneo di Lione; cf. Dei Verbum, 19) non va ad inficiare la bontà delle comparazioni tra i quattro testi evangelici
Ebbene, a partire proprio da questo versetto giovanneo, è di notevole interesse constatare come il Signore, il quale ha fortemente disdegnato il fatto che la casa di Dio fosse un «√MKR (merce/mercato)», abbia scelto di “accasarsi” in Maria la «makaría (beata)», la quale col suo «Ecco» (cf. Lc 1, 38) è divenuta esattamente colei che ha accolto pienamente Dio (cf. Lc 1, 35); colei che ha aperto, anzi spalancato le sue porte a Dio, diventando propriamente la “Casa del Padre” per eccellenza, facendo «della casa del Padre mio [non] un mercato [ma una beatitudine]».
Il credere «nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto» (cf. Lc 1, 45), invero, è stato concretamente, per Maria makaría, farsi pienamente «Casa del Padre» (cf. Gv 2, 16) e non √MKR.
Ecco, allora, che se proprio volessimo sancire una decisa distanza tra √MKR e makaría, questa distanza non vorremmo cercarla e individuarla tanto a livello lessicale e semantico, quanto piuttosto a livello teologico, poiché questa loro reciproca distanza andrebbe riconosciuta non tanto in “differenza” -con “differenza” intendiamo quel concetto che identifica la distanza fisica di due punti, ovvero “A diverso da B” quanto in “divergenza” -con “divergenza” intendiamo quel concetto che identifica la distanza progressiva di due traiettorie partite dallo stesso punto.
E questa “distanza teologico-divergente” tra √MKR e makários ci invita, ci chiama ad una scelta: la nostra fede (cattolica in Gesù Cristo) è indirizzata verso √MKR o verso makários? Viviamo e partecipiamo la nostra fede (cattolica in Gesù Cristo) come fosse «merce/mercato» oppure come via che ci apre alla «beatitudine»?
Per gentile concessione di Fabio Quadrini che cura, insieme a sua moglie, anche la rubrica ALLA SCOPERTA DELLA SINDONE: https://unaminoranzacreativa.