Quante volte abbiamo ripetuto nei nostri commenti come la libertà sia il dono più grande che il Signore ci ha fatto; libertà persino di rifiutare il suo perdono e il suo amore.
E quante volte abbiamo detto come il dono della libertà, ovvero il ferreo rispetto che il Signore ha per questo dono che ci ha fatto, ovvero la non ingerenza del Signore in merito all’uso che di questa libertà donata noi facciamo, sia l’espressione massima dell’amore che Dio ha per l’uomo.
Il Signore, infatti, è sempre pronto, è sempre disponibile ad amare, ad amarci; nondimeno Egli ci lascia liberi di scegliere se accettare o meno il suo amore (cf. SCANDALO).
E questo vale anche in chiave escatologica (ovvero con riguardo al destino ultimo dell’uomo).
Difatti non è il Signore che smista al Paradiso (o al Purgatorio) o all’Inferno gli uomini, come un giudice che, nell’atto di applicare un codice disciplinare, confronta schematicamente il quanto si deve fare col quanto è stato fatto, bensì saremo noi che, dopo la morte, presenti al Giudizio dinanzi al Signore, renderemo definitivo, ovvero sceglieremo definitivamente, quello che liberamente abbiamo già scelto di qua, sulla terra, rendendo eterna la nostra lontananza dal Signore, o rendendo eterna la nostra comunione con Lui (o scegliendo di completare la nostra purificazione, già certi, comunque, della destinazione alla divina comunione).
Come mai questa premessa?
Ebbene, tale introduzione è sorta nel leggere testualmente un versetto del Vangelo odierno, ovvero nello scrutare il suo testo greco originario.
La riga in questione è (in traduzione CEI 2008) la seguente:
«Chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti impuri» (Mc 6, 7).
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Il testo greco originario, tuttavia, in merito alla parte evidenziata, è così:
exousían tõn pneumáton tõn akathárton
che letteralmente sarebbe da rendere con:
«Chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro facoltà/arbitrio/libertà (exousían) degli spiriti (tõn pneumáton) quelli impuri (tõn akathárton).
Certamente la traduzione che ascoltiamo o leggiamo dalla Liturgia odierna (CEI 2008) è corretta, tanto perché valida nel suo senso, quanto perché rispetta sicuramente una peculiare costruzione della lingua greca, che consente di rendere in questi casi il genitivo (che generalmente si traduce con il complemento di specificazione) non tanto introducendolo con il consueto “di…”, quanto con il particolare “su/sugli”.
Eppure il greco ha varie possibilità per esplicitare chiaramente il concetto di “su/sopra”: una su tutte l’uso della preposizione epí -oppure l’uso non del genitivo ma del dativo (che generalmente si traduce con il complemento di termine, ovvero è introdotto dalla preposizione “a…” (cf. Mc 1, 27: «Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti impuri [toīs pneúmati toīs akathárthosi] e gli obbediscono!»). Nondimeno né epí, che esprime decisamente una “supremazia” uno “stare risolutamente sopra” -cf. Mc 2, 10-11: «Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere di perdonare i peccati sulla terra [epì tẽs gẽs], dico a te – disse al paralitico -: àlzati, prendi la tua barella e va’ a casa tua”» né altre preposizioni o circonlocuzioni di tal genere sono state usate dallo Scrittore Sacro in questo versetto odierno che stiamo esaminando.
Dato tutto questo, allora, e, ripetiamo, accogliendo validissimamente la traduzione che ascoltiamo o leggiamo nella Liturgia, come risolvere il senso letterale del versetto in questione («Chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro e dava loro facoltà/arbitrio/libertà degli spiriti quelli impuri)? -Senso letterale che, come ripetuto varie volte (cf. SCANDALO) è da tenere in considerazione, ed è valido, tanto quanto le formulazioni rielaborate ovvero derivate, affinché la comprensione della Parola di Dio possa essere il più piena possibile
Valutando questa traduzione letterale, immediatamente sopravvengono delle forti stonature.
Una su tutte: ma Gesù, che combatteva e scacciava i demòni (cf. Mc 6, 13; 1, 25.39; 5, 8), era Egli stesso uno di loro, magari il loro capo («Gli scribi, che erano scesi da Gerusalemme, dicevano: “Costui è posseduto da Beelzebùl e scaccia i demòni per mezzo del capo dei demòni”» – Mc 3, 22)? -Ecco perché tante volte il traduttore che procede a tradurre -il che è sempre un “tradire”- non può andare troppo per il letterale, ma deve, varie volte, magari “non rispettando il Testo”, rielaborarlo, rimasticarlo, per non creare fastidiose incongruenze nel lettore, il quale, tuttavia, ha la colpa di indurre il traduttore a “non essere rispettoso del Testo”, poiché il lettore molto molto spesso non è iniziato, ovvero non è preparato, o non ha alcun interessa a prepararsi, ai Testi Sacri (e alla Fede). E siccome la maggior parte di noi non è ben preparata ai Testi Sacri (e alla Fede), ecco che il traduttore si vede costretto a confezionarci una “minestra pre-digerita”, certamente non errata, ma rimodulata, che spesso ci priva, nostro malgrado, di interessanti, ma oserei dire profonde e poderose (od anche scandalose -cf. SCANDALO), sfumature lessicali e semantiche che arrecano pienezza al Testo Sacro (e alla Fede: Fede che sicuramente non è solo Testo Sacro, ma è anche Testo Sacro)
In realtà, se meditassimo questa versione letterale di Mc 6, 7 («Chiamò a sé i Dodici e prese a mandarli a due a due e dava loro e dava loro facoltà/arbitrio/libertà degli spiriti quelli impuri), superando l’immediata incongruenza che inizialmente sorge d’impatto, essa è capace di offrirci una lettura assai profonda del versetto in questione, poiché questa riga reca in sé, ed esprime, una portata teologica molto forte.
Invero, il fatto di dire che Gesù conferì ai Dodici “la facoltà degli spiriti impuri” che, ripetiamo, apparentemente e immediatamente si mostra affermazione incongruente finanche blasfema, è, invece, una descrizione pienamente rispondente a quanto ci siamo detti in apertura, ovvero è pienamente rispettosa del rapporto di libertà che il Signore ha costruito con l’uomo. E nel suo essere “scandalosa”, in realtà tale traduzione letterale del versetto è pienamente coerente con tutto il messaggio del Vangelo e con la missione salvifica di Gesù.
Il fatto che Gesù abbia conferito ai Dodici «facoltà/arbitrio/libertà degli spiriti quelli impuri», infatti, equivale a dire che il Signore lascia liberi i Dodici: li lascia liberi di scegliere; scegliere se adeguarsi a Lui, alle Sue parole, alle Sue indicazioni, alla Sua volontà, oppure scegliere altrimenti, proprio come è «facoltà/arbitrio/libertà degli spiriti quelli impuri».
E questa lettura può essere accolta, ovvero può ritenersi valida, proprio per il fatto che nei versetti seguenti (cf. Mc 6, 8-11) Gesù elenca minuziosamente ai Dodici le Sue prescrizioni, quasi a dire:
«Io vi mando e vi dico come io voglio che voi facciate. Ma vi lascio liberi di scegliere se rispettare la mia volontà, le mie indicazioni, o di fare come pare a voi, poiché, ancor prima di dettarvi le mie prescrizioni (cf. Mc 6, 8-11), vi conferisco la facoltà di non rispettarle, ovvero la libertà di fare e di scegliere non quello che io dico di fare, ma quello che fanno e scelgono gli spiriti impuri (cf. Mc 6, 7)».
E i Dodici, partiti in piena libertà, liberi nelle loro facoltà, scelsero di proclamare la conversione; scelsero di scacciare i demòni; scelsero di di ungere gli infermi e di guarirli (cf. Mc 6, 12-13).
E noi?
Cosa intende scegliere la nostra libertà?
In risposta a questa domanda, voglio chiudere riportando una riflessione che un parroco mi ha scritto tempo fa:
«Nella mia conoscenza credo che Dio ha creato l’universo e l’umanità a Sua immagine e somiglianza.
Il segno della Sua presenza è certamente nell’intelligenza e nella libertà delle Sue creature.
Questi doni elevano le creature al nobile compito di continuare l’opera della Creazione in armonia con l’architetto del mondo: Dio, principio e fine di ogni cosa che esiste.
Credo alla mia incapacità di salvarmi da solo. Per questo mi stringo ai piedi del Crocifisso e abbraccio il Tabernacolo, perché Gesù Cristo Mediatore tra Dio e l’umanità è morto ed è risorto anche per me, come dice San Paolo.
A Lui con la Grazia dello Spirito Santo e l’intercessione dell’Immacolata affido la mia vita, perché la volontà del Padre si compia in me e in tutte le Creature.
La Misericordia Divina scaturita dalla Croce è la mia Stella Polare, il mio respiro, la mia pace.
Questo è tempo di scelte chiare e insieme di grande compassione per tutte le persone che pensano alla propria libertà come fine e non come mezzo per raggiungere l’amore del Padre».
Per gentile concessione di Fabio Quadrini che cura, insieme a sua moglie, anche la rubrica ALLA SCOPERTA DELLA SINDONE: https://unaminoranzacreativa.