Esegesi e commento al Vangelo di domenica 29 ottobre 2017 – don Enzo Bianco

Esegesi

AMERAI IL SIGNORE

Ogni persona è degna di attenzione

È tutta la storia di persone in cammino che è convocata nella Parola di questa domenica. Innanzitutto il forestiero che, per sfuggire a persecuzioni o ad altre avversità, si è stabilito come straniero in Israele, rimanendo in una situazione di minorità, senza gli stessi diritti dei residenti. Per questo Dio, in modo insistente, comanda di trattarlo come colui che è nato fra voi, di amarlo come te stesso (Lv 19,34), di dargli pane e vestito (Dt 10,18) e maledice chi lede il diritto del forestiero, dell’orfano e della vedova (Dt 24,17. 27,19). Lo stesso Dio ricorda che anche il popolo d’Israele è stato forestiero in Egitto. Lo invita a fare attenzione all’orfano e alla vedova che vengono a rappresentare ogni forma di povertà. All’indigente non si devono chiedere interessi, e al prossimo bisogna restituire il mantello al tramonto del sole per un duplice motivo. Il primo perché il povero possa dormire con esso, dato che è la sua sola coperta. Il secondo è perché possa benedirti e questo ti sarà contato come una cosa giusta agli occhi del Signore tuo Dio (Dt 24,13). La capacità del povero di benedire gli altri è un segno della presenza di Dio in lui.

La vita buona è annuncio potente di Gesù

Si attribuisce «potenza» alla persona e alla vita del cristiano. Vengono ricordati nella seconda lettura neofiti e persone che vivono in mezzo alle tribolazioni e alle gioie della gente più comune. La loro semplice vita buona è annuncio potente di Gesù. È a partire da questo che si può incominciare ad ammirare le meraviglie della grande invenzione divina della carità. La carità non è cosa da grandi, è la vita stessa di Dio seminata nei cuori, negli occhi, nelle mani e sulle labbra della gente comune. La vita di Dio entra nel cuore e nell’esistenza umana attraverso l’annuncio del Vangelo. La sostanza della Buona notizia è la carità di Dio annunciata e comunicata agli uomini e alle donne di tutto il mondo.

Il comandamento dell’amore diventa stile di vita

Amerai… è allora un imperativo che diventa possibilità, un comandamento che diventa stile di vita per tutti. Amerai senza riserve, senza sconti, senza limiti, amerai donando tutto il bello che c’è in te. Amerai Dio, l’altro e te stesso, tutte le dimensioni della persona diventeranno armonia, sinfonia e tu sarai una creatura trinitaria. Per tutti diventa importante il comandamento dell’amore, definito da Cristo Gesù il più grande. La domanda che il dottore della legge, al di là delle intenzioni, pone a Gesù non è inconsueta. I rabbi e le loro scuole sono spesso caratterizzati da attenzioni e sottolineature della Parola di Dio che li portano a gerarchizzare i contenuti della Legge, mettendo in evidenza quello che privilegiano nella loro esperienza. La vera novità che Cristo Gesù rivela è il prosieguo del discorso, in Mt 22,39. Matteo si caratterizza rispetto ai paralleli di Mc12,28-31 e di Lc 10,25-28 con quell’attributo, «simile », che vuole esprimere proprio l’assoluta similitudine del secondo comandamento al primo: «Il secondo è simile al primo». Questa è la novità dell’annuncio cristiano. Un accostamento quasi «pericoloso», un avvicinamento assoluto al mistero di Dio.

Il comandamento dell’amore diventa mantello per la tua pelle

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Tutto è ora non solo possibile ma assolutamente necessario grazie all’incarnazione del Verbo, e dunque alla persona e all’opera del Figlio di Dio. Per questo amerai il Padre, roccia sicura su cui fondare la vita, per la forza dello Spirito amerai il Figlio in ogni figlio. Nell’amore del Figlio donato fino all’estremo amerai te stesso riconoscendoti incarnazione di Dio. Allora il comandamento dell’amore diventerà la tua «sola coperta, il mantello per la tua pelle». Un mondo dove Dio ascolta il grido dell’oppresso e punisce è al massimo un mondo giusto, ma non è il regno dell’amore. Eppure anche nella nostra realtà di tutti i giorni non si va molto oltre questo livello. È necessario comprendere che solo Cristo è l’incarnazione umana e storica del primato del duplice amore, e solo in lui e per lui qualcosa può essere compreso e attuato. Il di più, che sembra venire solo da Cristo Gesù, è la forza di far diventare questa scoperta un vero comandamento, anzi l’unico, e di farne di fatto la guida delle nostre azioni, in tutte le circostanze della vita.

PER IL CONFRONTO NEL GRUPPO

  •  Come vivi il tuo rapporto con persone che vengono da altre nazioni?
  •  L’invito ad amare lo senti come impegno o come una possibilità per un nuovo modo di essere?

IN FAMIGLIA

  • Ogni giorno proviamo a misurare la temperatura dell’amore, dandoci un voto da 1 a 10 in base all’amore donato.
  • Ogni membro della famiglia traccia il grafico del suo amore, per valutare almeno l’intensità di una settimana.

Tratto da: Entrare nella domenica…, anno A – R. Paganelli

Spunti per il commento al Vangelo

AMERAI DIO E IL PROSSIMO

Difficilmente potremmo trovare una pagina del Vangelo che riassuma in modo così chiaro e incisivo tutto il significato dell’impegno e della vita cristiana. Non era la prima volta che gli avversari di Gesù gli ponevano domande insidiose, con l’intento di comprometterlo davanti alla gente. Matteo ci ha informati poco prima delle questioni sul battesimo di Giovanni (21,23-27), del tributo a Cesare (22,15-22), dello strano caso ipotizzato dai sadducei per contestare la risurrezione (22,23-33). Anche stavolta non sembra che il dottore della legge che, dopo aver combinato la cosa con i farisei, gli domandava: «Qual è il più grande comandamento della legge?», lo facesse per cercare la verità; egli voleva «metterlo alla prova». Ma dovremmo quasi essergli riconoscenti per aver provocato la risposta che abbiamo udito.

Amerai il Signore Dio tuo

La risposta non si fece attendere. Ben sapendo che gli esperti contavano 613 precetti del-la legge, 248 positivi e 365 negativi, distinguendo ancora fra «gravi» e «leggeri», Gesù non esita a indicare come «il più grande e il primo dei comandamenti» quello che era stato pro-clamato nel Deuteronomio (6,5) e lo ripete letteralmente: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente». Non si tratta di osservanze esteriori sia pure importanti, qual era considerata, per esempio, quella del sabato, o di prescrizioni cultuali, ma di amore. Cioè di un atteggiamento interiore che ha le radici nella fede – come si potrebbe amare ciò che non si conosce e non si crede? –, che orienta il pensiero, anima il cuore e stimola la volontà, impegnando tutta la persona nella dedizione a Dio, che è il «mio» Dio, perché mi ha dato l’essere, mi ha circondato del suo amore di padre, mi accompagna in ogni momento della mia esistenza. Ognuno di noi è invitato a ripetere col salmista: «Ti amo, Signore, mia forza. Signore mia roccia, mia fortezza, mio liberatore». Dobbiamo allontanarci dagli idoli, che non sono solamente quelli del paganesimo, ma tutte le persone e le cose che tentano di asservirci al loro culto rendendoci schiavi: il denaro, l’orgoglio, l’ambizione, la ricerca del piacere e del successo a ogni costo. «Convertiti a Dio», come i Tessalonicesi a cui si rivolge s. Paolo, dobbiamo vivere sempre più intensamente «la fede in Dio» nelle nostre comunità, in modo che essa si irradii sempre più largamente intorno a noi. Dobbiamo, con sincerità di cuore, con l’impiego generoso del nostro tempo e delle nostre forze, «servire al Dio vivo e vero». Dobbiamo diventare «imitatori del Signore avendo accolto la parola con la gioia dello Spirito», e prendere esempio da quei fratelli che, come Paolo, imitano Gesù. Se amiamo sinceramente Dio, se crediamo fermamente che egli «ci ha creati per conoscerlo, amarlo e servirlo in questa vi-ta e poi goderlo nell’altra in paradiso», dobbiamo guardare a lui come al nostro fine, nella vita presente e nella futura, e nella speranza «attendere dal cielo il suo Figlio che egli ha risuscitato dai morti, Gesù».

«Amerai il Signore Dio tuo… Questo è il più grande e il primo dei comandamenti». Pensare che basti, per potersi dire cristiani, l’impegno sociale, mettendo Dio fra parentesi, di-menticando l’atto di fede, l’adorazione, la preghiera, l’incontro personale con lui, è rifiutare quella che Gesù presenta come norma fondamentale di vita per chi crede in lui e lo vuole seguire.

Amerai il prossimo tuo

Nella risposta Gesù fa un passo avanti rispetto alla domanda che gli era stata rivolta. Il dot-tore della legge l’aveva interrogato sul «più grande comandamento». Gesù parla anche del secondo, che «è simile al primo». Anche per questo egli cita l’Antico Testamento (Lv 19,18). Tuttavia non è senza significato il fatto che lo faccia seguire immediatamente al primo comandamento: tra i due comandamenti c’è un nesso così intimo che non si può adempiere la legge di Gesù senza osservarli entrambi. Non basta amare il prossimo, perché amare Dio «è il più grande e il primo comandamento». Ma è possibile amare veramente Dio senza amare il prossimo? La risposta è già implicita nelle parole di Gesù. Se Dio ci ha dato un secondo comandamento «simile al primo: Amerai il prossimo tuo come te stesso», come potrò dire di amare Dio se non osservo questo suo preciso comandamento? S. Giovanni non potrebbe essere più chiaro: «Chi non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede. Questo è il comandamento che abbiamo da lui: chi ama Dio, ami anche il suo fratello» (1 Gv 4,20-21).

Ascoltiamo il Concilio che, citando il passo che commentiamo, ci richiama alle parole di Gesù che spiegano il significato e l’importanza essenziale del «secondo» comandamento. «Il più grande comandamento nella legge è amare Dio con tutto il cuore e il prossimo come se stessi (cf Mt 22,37-40). Ma questo precetto della carità verso il prossimo, Cristo lo ha fatto proprio e lo ha arricchito di un nuovo significato avendo voluto identificare se stesso con i fratelli come oggetto della carità, dicendo: “Ogni volta che voi avete fatto queste cose ad uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25,40). Egli infatti, assumendo la natura umana, con una solidarietà soprannaturale, ha legato a sé come sua famiglia tutto il genere umano, e ha stabilito la carità come distintivo dei suoi discepoli con le parole: “Da questo conosceranno tutti che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni verso gli altri” (Gv 13,35)» (Apostolicam actuositatem, 8).

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Conviene aggiungere subito che questo testo del Concilio è inserito in un capitolo dedicato all’azione caritativa. Con ciò ci ammonisce che non si ama il prossimo solo con i buoni sentimenti e con le dolci parole, ma con l’impegno attivo e generoso. «La santa Chiesa, come nelle sue origini unendo l’“agape” con la cena eucaristica, si manifestava tutta unita nel vincolo della carità attorno a Cristo, così in ogni tempo si riconosce da questo contrassegno della carità, e, mentre gode delle iniziative altrui, rivendica le opere di carità come suo dovere e diritto inalienabile. Perciò la misericordia verso i poveri e gli infermi, come pure le cosiddette opere caritative e di mutuo aiuto, destinate ad alleviare le necessità umane d’ogni genere, sono tenute dalla Chiesa in particolare onore» (Apostolicam actuositatem, 8). Segue un’esemplificazione: «Dovunque c’è chi manca di cibo e bevanda, di vestito, di casa, di medicine, di lavoro, di istruzione, dei mezzi necessari per condurre una vita veramente umana, chi è afflitto da tribolazioni e da malferma salute, chi soffre l’esilio o il carcere, ivi la carità cristiana deve cercarli e trovarli, consolarli con premurosa cura e sollevarli porgendo aiuto».

Non meno importante l’ammonimento che viene subito dopo per metterci in guardia da una concezione sbagliata della carità, che crede di prescindere dai precisi doveri imposti dalla giustizia: «Siano anzitutto adempiuti gli obblighi di giustizia perché non si offra come dono di carità ciò che è già dovuto a titolo di giustizia; si eliminino non solo gli effetti, ma anche le cause dei mali; l’aiuto sia regolato in modo tale che coloro i quali lo ricevono vengano, a poco a poco, liberati dalla dipendenza altrui e divengano autosufficienti» (Apostolicam actuositatem, 8). È la traduzione in termini moderni di quanto c’insegna la 1a lettura, che mette in primo piano il dovere di solidarietà e di aiuto verso i bisognosi, i più deboli, quelli che non contano: i forestieri, le vedove, gli orfani, gli indigenti che hanno solo il mantello per coprirsi.

Illustrando la missione della Chiesa nel mondo d’oggi, il Concilio dà un’altra indicazione per l’esercizio pratico della carità. Dopo aver ricordato che «tramite la coscienza si fa conoscere in modo mirabile quella legge, che trova il suo compimento nell’amore di Dio e del prossimo», continua: «Nella fedeltà alla coscienza i cristiani si uniscono agli altri uomini per cercare la verità e per risolvere secondo verità tanti problemi morali, che sorgono nella vita dei singoli quanto in quella sociale» (Gaudium et Spes, 16). Il cristiano, impegnato a vivere secondo il Vangelo e nella piena comunione della Chiesa, sa di doversi aprire a tutti non solo per aiutare i singoli nelle loro necessità ma per influire, modificandole o cambiandole radicalmente, sulle strutture che troppo spesso sono in flagrante contrasto con le esigenze della giustizia, della solidarietà e dell’amore. Compito altrettanto arduo quanto essenziale. Per affrontarlo ogni giorno con umiltà e fiducia, con energia e costanza, abbiamo bisogno dell’aiuto di Dio. Per questo oggi lo preghiamo: «Accresci in noi la fede, la speranza e la carità, e perché possiamo ottenere ciò che prometti, fa’ che amiamo ciò che comandi» (colletta).

Tratto da: Omelie per un anno, A – E. Bianco – ElleDiCi | Fonte

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LEGGI IL BRANO DEL VANGELO

Puoi leggere (o vedere) altri commenti al Vangelo di domenica 29 ottobre 2017 anche qui.

XXX Domenica del Tempo Ordinario – Anno A

Mt 22, 34-40
Dal Vangelo secondo  Matteo

34Allora i farisei, avendo udito che egli aveva chiuso la bocca ai sadducei, si riunirono insieme 35e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: 36«Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?». 37Gli rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. 38Questo è il grande e primo comandamento. 39Il secondo poi è simile a quello: Amerai il tuo prossimo come te stesso. 40Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».

C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.

  • 29 Ottobre – 04 Novembre 2017
  • Tempo Ordinario XXX
  • Colore Verde
  • Lezionario: Ciclo A
  • Salterio: sett. 2

Fonte: LaSacraBibbia.net

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