VIENE LA MADRE DEL MIO SIGNORE
La piccolezza opportunità per Dio
La voce del profeta Michea ci indirizza verso un luogo e un evento precisi: l’attesa di secoli sta per concludersi e gli sguardi si puntano verso una piccola città: Betlemme, dalla quale nascerà a Israele il grande re Davide. Questa nascita ne richiama un’altra, quella che porterà la salvezza definitiva.
Betlemme porta in sé l’immagine di una madre piccola e feconda: «da te mi uscirà…» (Mi 5,1). La «piccolezza» di Betlemme diventa nella conclusione del brano evangelico quella «umiltà» della Vergine Madre che sembra attirare l’attenzione amante di Dio che, capovolgendo i criteri mondani dell’attrazione, trasforma la condizione misera di ciascuno di noi in un’opportunità straordinaria d’incontro amante e fecondo con Dio.
La visita di piccoli dal cuore grande
La creazione, la terra, l’umanità, le popolazioni, «sono visitate». Ogni casa, ogni famiglia, ogni cuore lo è. Nel viaggio e nella visita di Maria verso la cugina sono messi in evidenza lo zelo e la sollecitudine della carità di Maria per Elisabetta. Maria attende il Signore ponendosi al servizio. Per lei, mettersi al servizio della Parola vuol subito dire condivisione e donazione. Il saluto di Maria fa sussultare il bambino nel grembo di Elisabetta; così si compiono in lei le parole dette dall’angelo a Zaccaria: «Sarà pieno di Spirito Santo fin dal seno di sua madre» (Lc 1,15). La scena dell’incontro che Luca ci presenta è di straordinaria suggestività. Le due madri, Maria ed Elisabetta, sono in attesa della nascita del figlio che portano nel grembo in forza della Parola di Dio, quindi per grazia. «A che cosa devo che la madre del mio Signore venga a me?» (Lc 1,43): Elisabetta riconosce in Maria non solo la parente premurosa che si mette in viaggio per aiutarla, ma la madre di Colui che, nascendo nella povertà, diventerà il Salvatore del mondo, la pace per tutti i popoli.
La consolazione tra e per i piccoli
Elisabetta conferma Maria nel suo «sì». Quell’eccomi pronunciato nello stupore e nel timore diventa benedizione. Diventa benedetta la terra di Efrata, Betlemme, la più piccola e dimenticata città. Il Signore della storia ancora oggi continua a nascere in tutte le più piccole Betlemme della terra, nelle più desolate baracche dove non ci sono stelle né pastori che vegliano. Il Signore continua a nascere lì e continua a rispondere al Padre «Io vengo» (Eb 10,7). Il Figlio di Dio già concepito da Maria trasmette a Giovanni, ancora in grembo alla madre, il dono dello Spirito. Attraverso l’ascolto del saluto della Vergine, Elisabetta è riempita di gioia e di esultanza perché il dono dello Spirito Santo presente in Giovanni le dona la possibilità di riconoscere il Signore che viene a visitare e a salvare il suo popolo. Dopo aver manifestato la gioia per l’incontro, Elisabetta esalta la fede di Maria, madre del Signore, attraverso una Beatitudine: «Benedetta tu fra le donne» (Lc 1,42).
L’accoglienza di ciò che è grande per un piccolo
Maria è qui la prima evangelizzata che crede e per questo anche la prima evangelizzatrice. La visita ad Elisabetta è un momento di annuncio della lieta notizia, resa possibile dal fatto che Maria per prima l’ha ricevuta e accolta. La potenza dello Spirito sceso su Maria a Nazaret, ora viene comunicata ad Elisabetta attraverso la Parola che le giunge dalla voce della Vergine. Questo sembra affermare che ogni maternità è, nel suo mistero profondo, opera dello Spirito e dunque dono di Dio. La madre del Signore non è solo colei che porta in grembo il Figlio di Dio, è anche e soprattutto colei che ha saputo accoglierlo. Maria è dunque per eccellenza la donna dell’attesa e dell’accoglienza: in lei sfocia e trova compimento l’attesa dei secoli. È guardando a lei che ogni cristiano impara ad accogliere il Signore nella propria vita. L’«Io vengo» del nuovo sacrificio inaugurato nel «Corpo di Cristo» è celebrato nel grembo materno della Chiesa e di ogni persona che è capace di esprimere la sua fecondità nell’offerta di sé. Paolo ci mette davanti alla fisionomia materna di ogni credente, dove la fede è dono ricevuto e accolto, fonte di fecondità perché il Cristo sia generato nel «saluto» d’amore che l’annuncio evangelico porta tra noi.
PER IL CONFRONTO NEL GRUPPO
Che valore diamo nella nostra vita ai piccoli del mondo?
Come accogliamo un evento importante della nostra vita?
IN FAMIGLIA
Suggeriamo di fare visita a un parente o ad amici.
Dopo l’incontro ogni membro della famiglia dice che cosa ha vissuto di particolare e che cosa l’incontro ha fatto nascere dentro la sua vita.
Viene valorizzato ogni moto del cuore ed ogni emozione per scoprire quanto è importante aprirsi agli altri.
I sentimenti e le emozioni comuni diventano uno stimolo per maturarli insieme e non perderli mai.
La mamma e il papà benedicono i figli.
Tratto da: Stare nella domenica alla mensa della Parola, Anno B – ElleDiCi | Fonte
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