SALÌ SUL MONTE
La voglia dell’alleanza
Dopo la prima chiamata di Abramo (cap. 12), inizio del mistero di elezione di un uomo e di un popolo, è ancora Dio a prendere l’iniziativa per stringere con Lui un’alleanza definitiva e confermare la promessa della discendenza e della terra. I discendenti di Abramo vengono paragonati, nel capitolo 13, alla polvere della terra e qui alle stelle del cielo. L’immagine di questa domenica, «Guarda in cielo e conta le stelle» (v. 5), accanto all’ampiezza infinita della discendenza allude alla gloria e alla luce di cui saranno rivestiti i cittadini del cielo. Ogni azione divina inizia sempre dal Signore, è Dio che invita, è Dio che giura fedeltà ad Abramo attuando l’alleanza con l’uomo. In questa occasione Dio dà se stesso ad Abramo come compagno. Di fronte all’azione di Dio, l’uomo non può fare altro che divenire spettatore, fissare in Lui il suo cuore, contemplare il suo volto, ed abbandonarsi nell’attesa dei doni del Creatore.
Il lasciarsi prendere e sorprendere
La trasfigurazione è questa contemplazione, è continuazione dell’attenzione di Dio verso l’uomo. Dice la possibilità di «vedere» persone e cose così come sono, liberate dalle opacità e dalle alienazioni che impediscono di cogliere la realtà come Dio stesso la vede. La prima cosa per raggiungere il Tabor è lasciarsi prendere, non opporre resistenza al Signore che chiama, che invita, che incalza. Lasciarsi prendere per lasciarsi amare. Con loro «salì» (Lc 9, 28). Qui comincia la fatica dell’uomo, la risposta all’abbandono. Salire la montagna, forse con passi lenti, lasciando piano piano la vita di sempre e scoprire che più si sale e più l’orizzonte si allarga, più si fa fatica perché la salita si fa ripida, più si vede lontano, più l’aria si purifica. Trasfigurazione vuol dire dunque non-rassegnazione, non-accettazione a che la morte abbia l’ultima parola. Trasfigurazione è tener fermo che c’è un «al di là della morte»; una «vita che non può essere tolta» e che non è solo la certezza che dopo la morte risorgeremo, ma anche l’impegno a operare in ogni «morte» dello spirito e della storia, perché ad ogni realtà sia restituita la strada della vita. La salita verso la vita piena non la si fa da soli… salì con loro! «E mentre pregava» (v. 29) si trasfigura. Non è mentre parlano, mentre pensano… no, è mentre pregano, mentre non c’è altro nel cuore e nella mente che la relazione con un Dio sempre presente e amante, che il volto si trasfigura e le vesti diventano candide.
Il rapporto di amicizia
Nella trasfigurazione cogliamo che Dio si manifesta all’uomo sempre in un momento di amicizia, anzi crea prima l’amicizia con l’uomo per potergli poi rivelare la profondità dei suoi segreti. Gesù si trasfigura davanti agli amici, come si manifesterà dopo la risurrezione alle persone che lo amano e non ai suoi avversari. In questo modo la manifestazione di Dio non è mai un’imposizione, e la conversione della vita avverrà sempre in un clima di amore e non di forzatura. Tutte le rivelazioni più grandi, inoltre, vengono accompagnate dalla prescrizione del silenzio, quasi a non violare il clima d’intimità che viene creato da questi eventi straordinari. L’incontro con Dio non viene gridato sulle piazze, ma trasmesso nell’intimità di un contatto personale, discreto e tranquillo.
La visione ampia
Per vivere la trasfigurazione tutto dev’essere trasformato, perché significa vedere Dio con gli occhi del cuore, non con gli occhi dell’intelligenza, a meno che non si tratti di un’intelligenza di amore: «Beati i puri di cuore perché vedranno Dio» (Mt 5,8). Ciò significa giudicare il mondo con la stessa giustizia di Dio, disporre di spazi infiniti, per cogliere che la verità di Dio non viene ristretta a quella che noi possediamo. Da parte di Paolo vi è la condanna di chi pone la propria fiducia nell’osservanza della legge, di coloro che credono di conquistarsi la salvezza. Il fondamento della conversione è invece vedere Dio, accettando di incontrarlo e di ammirarlo, meglio ancora è lasciarsi cercare da Dio. Accettare che Dio agisca per primo è il passo verso la conversione, scoprendo che «la nostra patria è nei cieli» (Fil 3,20).
PER IL CONFRONTO NEL GRUPPO
- Da che cosa ti piacerebbe fuggire?
- In che cosa ti senti pronto per essere dono?
IN FAMIGLIA
Per i discepoli è bello stare con il Signore sul monte.
In famiglia ci sono momenti che regalano il gusto dello stare insieme.
Perché il bello che si vive non rimanga chiuso negli spazi ristretti della propria casa,
provate ad affrontare la cosa che in questo tempo vi costa maggiormente:
un rapporto alterato, una condivisione difficile con qualche parente,
la fatica educativa, la noia della quotidianità…
Tratto da: Stare nella domenica alla mensa della Parola, Anno B – ElleDiCi | Fonte
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