Nessuno può pretendere di essere giusto
La prima lettura ci consente di meditare su questo mistero dell’amore di Dio. Mentre Dio sta dando a Mosè la legge sul Sinai, il tempo passa e Israele si stanca di aspettare ai piedi del monte. Mosè da legislatore si fa intercessore, rinunciando all’onore che Dio gli promette, egli solidarizza con il popolo. Fa sloggiare Dio dal suo trono di giustizia perché vada a sedersi sul trono di misericordia. Mosè fa appello non tanto alla misericordia di Dio, quanto piuttosto alla sua giustizia, intesa nel senso di fedeltà a se stesso. Nel brano di Paolo possiamo ritrovare il ritratto del giusto. Fino al suo incontro con Cristo sulla strada di Damasco apparteneva a quei giusti che non hanno bisogno di conversione, ma poi ha fatto l’esperienza della misericordia ed ha capito che essa era la giustizia oltre la giustizia di Dio: «Mi è stata usata misericordia» (v. 13) ha scoperto che si può diventare giusti di una giustizia che va oltre quella della legge. Solo l’esperienza della misericordia di Dio può ridurre al nulla le pretese dell’uomo di essere giusto.
Dio cerca e accoglie tutti
Siccome la parabola del padre e dei due figli costituisce già il Vangelo della IV domenica di Quaresima, fermeremo la nostra attenzione sulle due parabole che la preparano. Luca inizia con una descrizione enfatizzata, tutti i pubblicani e peccatori si avvicinano a Gesù, quindi anch’io posso avvicinarmi per ascoltarlo. D’altra parte si avvicinano però anche «i farisei e gli scribi», non per ascoltare, ma per mormorare e recriminare contro Gesù. Cristo Gesù è in questo modo attorniato da tutto Israele, dai giusti e dagli ingiusti. Gesù rivela l’opera di Dio, Pastore d’Israele, Dio è in ricerca, non solo della pecora perduta, ma anche della dramma perduta, e cioè di chiunque è perduto. Il comportamento di Gesù rivela l’immagine di un Dio la cui gioia non è completa finché non abbia ritrovato tutti i suoi figli, non solo i giusti, ma anche gli ingiusti e i peccatori.
Lasciare per ritrovare
Nessuno lascerebbe novantanove pecore nel deserto per andare a cercare la centesima che è perduta. Ma Dio, sì. Non che «si è perduta», ma che Lui, il Pastore, «ha perduta». L’umanità è la creatura di Dio amata e perduta. Il pastore cerca la pecora. Se la pecora troverà il pastore è solo perché il pastore la cerca. E il pastore cerca la pecora «finché non la trova». Affermazione straordinaria, quanto lontana e tendenzialmente opposta a quello che istintivamente e razionalmente si pensa del rapporto tra Dio e il peccatore. La gioia del pastore che ritrova la sua pecora è la festa di tutti. La festa è per questo «solo peccatore» che si pente – ma in realtà, se si può dire così, è in certo modo il pastore che si è «convertito» alla pecora cercandola e trovandola.
Dio cerca i peccatori
Nella parabola della donna e della sua moneta, è commovente paragonare Dio ad una massaia che spazza accuratamente la sua casa non per pulirla ma per trovare la moneta. Tale è infatti la vera pulizia che bisogna sempre fare nella casa del Signore: non per eliminare lo sporco, ma per trovare tutti i suoi figli perduti.
Diventa di grande rilievo la parte che i discepoli devono giocare nella ricerca che Dio fa per cercare e trovare la preziosa moneta di chi è smarrito, e che Lui vuole assolutamente trovare. C’è «gioia davanti agli angeli di Dio – ed è la gioia stessa di Dio! – per un solo peccatore che si converte» (v. 10). Anche qui, come per la pecora dell’immagine precedente, il peccatore che si converte è in realtà quello che Dio appassionatamente cerca finché non l’ha trovato. «Le amiche e le vicine» prendono il posto degli «amici e dei vicini» del pastore, e rappresentano oggi «gli angeli di Dio» del v. 10.
PER IL CONFRONTO NEL GRUPPO
- Che cosa senti più urgente nella tua vita di fede?
- Nella tua vita che cosa ti è motivo di gioia e consolazione?
IN FAMIGLIA
Ogni persona ha in sé qualcosa di buono e importante, nessuno deve essere escluso dalle nostre attenzioni. Insieme valutiamo la nostra vita, diamo un voto ai nostri comportamenti, apriamoci all’accettazione piena di quello che siamo dicendoci:
- accetto il mio carattere perché…
- accetto il mio corpo perché…
- accetto la mia intelligenza perché…
- accetto le mie intemperanze perché…
Tratto da: Stare nella domenica alla mensa della Parola, Anno B – ElleDiCi
Letture della
XXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO C
Prima Lettura
Il Signore si penti del male che aveva minacciato di fare al suo popolo.
Dal libro dell’Esòdo
Es 32,7-11.13-14
In quei giorni, il Signore disse a Mosè: «Va’, scendi, perché il tuo popolo, che hai fatto uscire dalla terra d’Egitto, si è pervertito. Non hanno tardato ad allontanarsi dalla via che io avevo loro indicato! Si sono fatti un vitello di metallo fuso, poi gli si sono prostrati dinanzi, gli hanno offerto sacrifici e hanno detto: “Ecco il tuo Dio, Israele, colui che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto”».
Il Signore disse inoltre a Mosè: «Ho osservato questo popolo: ecco, è un popolo dalla dura cervice. Ora lascia che la mia ira si accenda contro di loro e li divori. Di te invece farò una grande nazione».
Mosè allora supplicò il Signore, suo Dio, e disse: «Perché, Signore, si accenderà la tua ira contro il tuo popolo, che hai fatto uscire dalla terra d’Egitto con grande forza e con mano potente? Ricòrdati di Abramo, di Isacco, di Israele, tuoi servi, ai quali hai giurato per te stesso e hai detto: “Renderò la vostra posterità numerosa come le stelle del cielo, e tutta questa terra, di cui ho parlato, la darò ai tuoi discendenti e la possederanno per sempre”».
Il Signore si pentì del male che aveva minacciato di fare al suo popolo.
Parola di Dio
Salmo Responsoriale
Dal Salmo 50 (51)
R. Ricordati di me, Signore, nel tuo amore.
Pietà di me, o Dio, nel tuo amore;
nella tua grande misericordia
cancella la mia iniquità.
Lavami tutto dalla mia colpa,
dal mio peccato rendimi puro. R.
Crea in me, o Dio, un cuore puro,
rinnova in me uno spirito saldo.
Non scacciarmi dalla tua presenza
e non privarmi del tuo santo spirito. R.
Signore, apri le mie labbra
e la mia bocca proclami la tua lode.
Uno spirito contrito è sacrificio a Dio;
un cuore contrito e affranto tu, o Dio, non disprezzi. R.
Seconda Lettura
Cristo è venuto per salvare i peccatori.
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo a Timòteo
1 Tm 1,12-17
Figlio mio, rendo grazie a colui che mi ha reso forte, Cristo Gesù Signore nostro, perché mi ha giudicato degno di fiducia mettendo al suo servizio me, che prima ero un bestemmiatore, un persecutore e un violento. Ma mi è stata usata misericordia, perché agivo per ignoranza, lontano dalla fede, e così la grazia del Signore nostro ha sovrabbondato insieme alla fede e alla carità che è in Cristo Gesù.
Questa parola è degna di fede e di essere accolta da tutti: Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori, il primo dei quali sono io. Ma appunto per questo ho ottenuto misericordia, perché Cristo Gesù ha voluto in me, per primo, dimostrare tutta quanta la sua magnanimità, e io fossi di esempio a quelli che avrebbero creduto in lui per avere la vita eterna.
Al Re dei secoli, incorruttibile, invisibile e unico Dio, onore e gloria nei secoli dei secoli. Amen.
Parola di Dio
Vangelo
Ci sarà gioia in cielo per un solo peccatore che si converte.
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 15, 1-32
In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro».
Ed egli disse loro questa parabola: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.
Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».
Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane dei due disse al padre: “Padre, dammi la parte di patrimonio che mi spetta”. Ed egli divise tra loro le sue sostanze. Pochi giorni dopo, il figlio più giovane, raccolte tutte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò il suo patrimonio vivendo in modo dissoluto. Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla. Allora ritornò in sé e disse: “Quanti salariati di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! Mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi salariati”. Si alzò e tornò da suo padre.
Quando era ancora lontano, suo padre lo vide, ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Il figlio gli disse: “Padre, ho peccato verso il Cielo e davanti a te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. Ma il padre disse ai servi: “Presto, portate qui il vestito più bello e fateglielo indossare, mettetegli l’anello al dito e i sandali ai piedi. Prendete il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”. E cominciarono a far festa.
Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; chiamò uno dei servi e gli domandò che cosa fosse tutto questo. Quello gli rispose: “Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo”. Egli si indignò, e non voleva entrare. Suo padre allora uscì a supplicarlo. Ma egli rispose a suo padre: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai disobbedito a un tuo comando, e tu non mi hai mai dato un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che è tornato questo tuo figlio, il quale ha divorato le tue sostanze con le prostitute, per lui hai ammazzato il vitello grasso”. Gli rispose il padre: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato”».
Parola del Signore
Oppure forma breve: Lc 15,1-10