Il mistero della Chiesa quale corpo di Cristo Signore è rivelato e compreso soprattutto da chi non solo lo crede, ma lo vive. L’apostolo Paolo, facendo ricorso all’immagine del corpo umano, scrive: «Come il corpo è uno, pur avendo molte membra, e tutte le membra del corpo, nonostante siano molte, formano un solo corpo, così anche Cristo… Dio ha composto il corpo perché non vi fosse divisione nel corpo, anzi le varie membra avessero cura le une delle altre. Quindi, se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme e, se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono insieme» (1 Cor 12, 12.25-26).
Proprio in virtù di questo grande mistero vissuto quotidianamente come esigenza assoluta, noi cattolici soffriamo a causa delle tensioni, delle contraddizioni vissute a volte dalle diverse Chiese, compresa quella cattolica, e ora soffriamo in modo speciale per l’interruzione della comunione eucaristica decretata dal Sinodo del Patriarcato di Mosca nei confronti di quello di Costantinopoli, due Chiese sorelle con le quali la comunione che ci unisce è molto più forte di quello che ci separa.
Sì, vogliamo innanzitutto dire alle Chiese dell’ortodossia che facciamo nostra la loro sofferenza, perché è la carità di Cristo che ci spinge a questa partecipazione ai loro sentimenti. Pietro il Venerabile, abate di Cluny, grande monaco e spirituale medievale, scriveva in una lettera: «Non vegetatur Spiritu Christi qui non sentit vulnera corporis Christi! Non vive dello Spirito di Cristo chi non patisce le ferite del corpo di Cristo».
Questa sofferenza ci spinge innanzitutto alla preghiera, all’invocazione dello Spirito di comunione su tutte le Chiese e soprattutto sulle Chiese attualmente in tensione tra di loro: come nella litania che apre la Divina Liturgia di San Giovanni Crisostomo, noi innalziamo la nostra supplica: «Per la pace del mondo intero, per la prosperità delle sante Chiese di Dio e l’unione di tutti noi, imploriamo il Signore: Kyrie eleison!». La preghiera espressa nella condivisione della sofferenza e nell’accordo delle domande è il primo passo urgente e necessario perché le ferite siano guarite, le contrapposizioni siano trascese e le divisioni passate e presenti lascino il posto alla comunione, che è il dono per eccellenza del Signore alla sua Chiesa.
L’Ucraina è una terra di incontri, come indica il suo nome, e l’eredità che essa custodisce a partire dai santi fondatori del Monastero delle Grotte — Antonio e Teodosio — è un tesoro prezioso, un dono per tutte le Chiese. La contrapposizione intervenuta ferisce questa eredità e indebolisce l’annuncio del Vangelo di cui questa terra ha bisogno dopo decenni di persecuzione religiosa e di patimenti di tutto un popolo. Nessuno dimentica le sofferenze umane ed ecclesiali del popolo ucraino e ogni Chiesa cristiana confessa la testimonianza dei martiri ortodossi, cattolici di rito orientale o latino, protestanti il cui sangue versato per la fedeltà a Cristo Signore è seme di fede e nello stesso tempo vero ecumenismo vissuto nella carne, nel dare la vita per Dio e per i fratelli e le sorelle. Attorno all’Agnello immolato questi martiri e confessori unanimemente intercedono per le loro Chiese e per la Chiesa una, santa, cattolica e apostolica, affinché regni la santa koinonia donata dal Risorto attraverso lo Spirito Santo. Sono questi martiri che anche in Ucraina ci ricordano che i muri eretti sulla terra tra le Chiese non si alzano fino al cielo.
Con questa viva intercessione resistiamo dunque al Divisore, al Diavolo che sempre cerca di portare divisione tra i cristiani per distruggere l’integrità del corpo di Cristo: non permettiamo al Diavolo di separarci e non facciamo il suo gioco! Nell’autunno scorso a Bari tutte le Chiese ortodosse erano in preghiera e in dialogo insieme al Vescovo di Roma: evento primaverile dell’ecumenismo sul quale è scesa presto una brinata voluta certamente dal Divisore.
Ma, oltre alla condivisione della sofferenza e la preghiera, cosa possiamo fare noi cattolici? Innanzitutto non compiere il minimo gesto che possa sembrare un’intromissione nelle questioni interne dell’Ortodossia, né alimentare un desiderio o tanto meno una pretesa di arbitrato tra le Chiese ortodosse che vivono divisioni, non solo in Ucraina ma anche in Medioriente.
Nelle attuali divisioni e tensioni intra-ortodosse, dobbiamo ascoltarci, incontrarci e parlarci, manifestando la nostra sofferenza, abbandonando inimicizie e rifuggendo prese di posizione apodittiche. Il percorso è sempre quello dalla diffidenza alla fiducia reciproca, purificando e guarendo le memorie, fino a delineare insieme il cammino che ci attende misurandolo sul cammino verso il Regno, meta verso la quale tutte le Chiese sono in pellegrinaggio.
Infine, in quest’ora di sofferenza di uomini e donne a causa della guerra e della povertà patite dalle popolazioni di queste nostre Chiese sorelle, diventa necessario mettersi al servizio dei sofferenti, dei bisognosi, soprattutto dei bambini, prime vittime innocenti dei conflitti e della povertà. Sempre le parole dell’apostolo Paolo devono ispirarci: «Siate i servi gli uni degli altri attraverso la carità» (Gal 5,13). Al di là delle contrapposizioni, le Chiese ortodosse siano unite nel vivere la carità concreta verso tutti quelli che soffrono.
Noi diciamo dunque ai nostri fratelli ortodossi: «Abbiamo bisogno della vostra testimonianza evangelica e la vostra divisione ci ferisce tutti!». Papa Francesco nella celebrazione dei Vespri nella basilica di San Paolo fuori le Mura il 25 gennaio 2015 diceva: «L’unità dei cristiani — ne siamo convinti — non sarà il frutto di raffinate discussioni teoriche nelle quali ciascuno tenterà di convincere l’altro della fondatezza delle proprie opinioni. Verrà il Figlio dell’uomo e ci troverà ancora nelle discussioni. Dobbiamo riconoscere che per giungere alla profondità del mistero di Dio abbiamo bisogno gli uni degli altri, di incontrarci e di confrontarci sotto la guida dello Spirito Santo, che armonizza le diversità e supera i conflitti, riconcilia le diversità». È con questi sentimenti che diciamo ai Patriarchi delle Chiese ortodosse, ai loro Metropoliti e Vescovi, ai fratelli e alle sorelle ortodosse il nostro amore, la nostra sollecitudine, la nostra fervente intercessione!
Pubblicato su L’Osservatore Romano 27 maggio 2019