Per questa fine è il nostro Signore e Salvatore
Durante tutta la sua missione, l’identità di Gesù quale Figlio di Dio era stata occultata e non pubblicamente proclamata, per volontà di Gesù stesso, ma nella passione avviene la sua piena rivelazione: Gesù è il Figlio di Dio, il Messia manifestato al popolo di Israele e confessato da un pagano sotto la croce.
Il racconto della passione di Gesù, che la liturgia oggi ci propone accanto a quello dell’entrata festosa di Gesù in Gerusalemme (Mc 11,1-10), occupa un quinto dell’intero vangelo secondo Marco. È il racconto più antico contenuto nei vangeli, una lunga narrazione nella quale troviamo l’eco dei testimoni, innanzitutto di Pietro, il cui nome torna sovente, e poi degli altri discepoli. Tutti, però, al momento dell’arresto si danno alla fuga… Il racconto è composto di due parti: la prima, che narra gli eventi vissuti da Gesù insieme alla sua comunità fino alla cattura (cf. Mc 14,1-42), e la seconda che presenta il processo nelle sue fasi, l’esecuzione della condanna in croce e il seppellimento del corpo di Gesù in una tomba (cf. Mc 14,43-15,47). Data l’ampiezza di questo brano, non possiamo farne un commento puntuale, dunque ci limiteremo a uno sguardo d’insieme che evidenzi la buona notizia, il Vangelo contenuto nel racconto della passione.
Questa narrazione mette alla prova il nostro sguardo di fede su Gesù: siamo quasi costretti a patire lo scandalo e la follia della croce (cf. 1Cor 1,23), siamo posti di fronte all’esito fallimentare della vita di Gesù. Colui che è passato in mezzo alla sua gente facendo il bene (cf. At 10,38), curando i malati e talvolta guarendoli, e costringendo il demonio a obbedirgli (cf. Mc 1,27) e ad arretrare; colui che, quale profeta potente in opere e in parole, “tutti cercavano” (cf. Mc 1,37); colui che ha attirato a sé le folle, le quali lo hanno acclamato benedetto e veniente nel nome del Signore (cf. Mc 11,9); colui che è riuscito a radunare intorno a sé una comunità itinerante di uomini e donne che lo riconosceva quale Profeta e Messia; quest’uomo, Gesù di Nazaret, conosce una fine impensabile e approda a una morte fallimentare. Ogni lettore attento del vangelo, ogni discepolo che ha seguito Gesù dal suo battesimo fino alla fine non può non essere profondamente scosso, turbato da tale esito…
Dov’è finita – viene da chiedersi – la forza di Gesù, la potenza con cui egli liberava dalla malattia e dalla morte quanti ne erano segnati? “Ha salvato altri, non può salvare se stesso!” (Mc 15,31) – lo scherniscono i suoi avversari… Dov’è finito quel carisma profetico con cui egli annunciava ormai vicinissimo, anzi presente, il Regno di Dio (cf. Mc 1,15)? Perché nella passione Gesù è ridotto al silenzio e si lascia umiliare senza aprire la bocca (cf. Is 53,7)? Dov’è quell’autorevolezza riconosciutagli tante volte da chi lo chiamava maestro, lo acclamava profeta, lo invocava come Messia e Salvatore? Tutti coloro che sembravano suoi seguaci e simpatizzanti sono scomparsi, e Gesù è solo, abbandonato da tutti, inerme e senza alcuna difesa.
Ma l’enigma è ancora più radicale: dov’è Dio durante la passione di Gesù? Quel Dio che sembrava essergli così vicino e che egli chiamava confidenzialmente “Abba”, cioè “Papà caro”; quel Dio che lo aveva dichiarato “Figlio amato” al battesimo (cf. Mc 1,11) e alla trasfigurazione (cf. Mc 9,7); quel Dio per il quale Gesù aveva messo in gioco e consumato tutta la propria vita, dov’è ora? Non lo si dimentichi: la morte di croce – come ha compreso l’Apostolo Paolo – è la morte del maledetto da Dio (cf. Dt 21,23; Gal 3,13), giudicato tale dalla legittima autorità religiosa di Israele, e, nel contempo, è il supplizio estremo inflitto a chi è ritenuto nocivo alla società umana. Gesù è veramente morto come un impostore, nell’ignominia, appeso tra cielo e terra perché rigettato da Dio e dagli uomini…
È assai difficile rispondere a queste domande. Si può cominciare col notare che Gesù ha percorso questo cammino – giustamente definito via crucis, via della croce – pregando il Padre affinché lo sostenesse in quell’ora tenebrosa, “supplicando Dio con forti grida e lacrime” (cf. Eb 5,7); in tutto questo, però, ha sempre lottato per abbandonarsi in Dio e cercare di compiere la sua volontà, non la propria (cf. Mc 14,36). Sì, Gesù ha vissuto la passione mantenendo la sua piena fiducia nel Padre, ha creduto che Dio non lo avrebbe abbandonato, che sarebbe rimasto con lui, dalla sua parte, nonostante le apparenze di segno opposto e il reale fallimento umano della sua vita e della sua missione. […]
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