Essere gettati, cadere, morire per rinascere
Secondo il quarto vangelo Gesù, con il segno della resurrezione di Lazzaro, scatena l’opposizione dei sacerdoti del tempio e dei farisei, i quali decidono che deve morire (cf. Gv 11,1-54). Proprio Caifa, sommo sacerdote in carica, afferma che la morte di Gesù è cosa buona: “È conveniente che un solo uomo muoia per tutto il popolo” (Gv 11,50). Parola soggettivamente omicida, questa di Caifa, ma oggettivamente profetica, perché la morte di Gesù è un dare la vita per gli altri, per l’intera umanità.
Gesù, dunque, all’avvicinarsi della festa di Pasqua, entra in Gerusalemme tra grida che lo proclamano Veniente nel nome del Signore e Re d’Israele (cf. Gv 12,12-14), ma questo suo successo presso il popolo desta la constatazione dei farisei: “Tutto il mondo (ho kósmos) gli è andato dietro, lo segue!” (Gv 12,19). Ormai la decisione di condannare a morte Gesù è stata presa, ed egli sente che il cerchio dei nemici si stringe intorno a lui e che quella Pasqua sarà la sua “ora” tante volte annunciata. D’altronde, l’affermazione dei farisei trova una chiara illustrazione nella richiesta di alcuni presenti a Gerusalemme per la festa: alcuni greci, appartenenti cioè alle genti, non circoncisi e dunque pagani. Vogliono incontrare Gesù perché hanno sentito parlare di lui quale maestro autorevole e profeta capace di operare segni.
Si avvicinano pertanto a uno dei suoi discepoli, Filippo (proveniente da Betsaida di Galilea, città abitata da molti greci, così come greco è il suo nome), e gli chiedono: “Vogliamo vedere Gesù”. Questo però non era cosa facile, perché incontrare dei pagani, impuri, da parte di un rabbi, non era conforme alla Legge e non rispettava le regole di purità. Filippo, titubante, va a riferirlo ad Andrea, il primo chiamato alla sequela (cf. Gv 1,37-40); poi, insieme, i due decidono di presentare la domanda a Gesù. Ed egli come risponde? Il quarto vangelo non lo dice, ma testimonia alcune parole decisive, una vera e propria profezia che Gesù fa riguardo a quell’ora, l’ora della sua passione e morte, svelata come glorificazione.
Innanzitutto Gesù dice che la richiesta di vederlo da parte dei pagani è segno e annuncio dell’ora finalmente giunta, l’ora in cui il Figlio dell’uomo è glorificato da Dio. All’inizio del vangelo, a Cana, Gesù aveva detto a sua madre: “Non è ancora giunta la mia ora” (Gv 2,4), e in seguito numerose altre volte quest’ora privilegiata viene evocata come ora prossima ma non ancora venuta (cf. Gv 4,21-23; 5,25; 7,30; 8,20). Adesso, di fronte a questa richiesta, Gesù comprende e dunque annuncia che la sua morte sarà feconda, fonte di vita inaudita: la sua gloria sarà gloria di Dio. Per esprimere ciò, Gesù ricorre alla vicenda del chicco di grano che, per moltiplicarsi e dare frutto, deve cadere a terra e quindi marcire, morire, altrimenti resta sterile e solo. Accettando di marcire e morire, il chicco moltiplica la sua vita e dunque attraversa la morte e giunge alla resurrezione. […]
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