Se uno si pensa migliore degli altri
La parabola che oggi la liturgia ci fa ascoltare รจ collocata da Luca al capitolo 18, ancora in relazione alla preghiera. Quando pregare? Sempre e con intensitร , risponde la parabola del giudice iniquo e della vedova insistente (cf. Lc 18,1-8), ascoltata domenica scorsa. Come pregare? Come il pubblicano e non come il fariseo, risponde la parabola odierna. Ma in questo testo รจ in gioco qualcosa di piรน. O meglio, Gesรน tratta sรฌ di due atteggiamenti diversi nella preghiera, ma in realtร attraverso di essi allarga lโorizzonte: ci insegna che la preghiera rivela qualcosa che va oltre se stessa, riguarda il nostro modo di vivere, la nostra relazione con Dio, con noi stessi e con gli altri.
Tutto ciรฒ รจ giร contenuto nellโincipit: โDisse questa parabola ad alcuni che confidavano in se stessi perchรฉ erano giustiโ. Il peccato di questi uomini religiosi non รจ la presunzione di essere giusti ma il mettere fede-fiducia in se stessi e non in Dio. La loro osservanza delle leggi e la loro scrupolosa pratica religiosa li convincono di potersi fidare di sรฉ, senza piรน attendere nulla da Dio. Tale atteggiamento ha come ovvia conseguenza il ritenere gli altri nulla, il disprezzarli. Gesรน sa, proprio perchรฉ anchโegli รจ un credente e conosce bene i rischi della religione, che non basta essere figli di Abramo per essere dei veri credenti. Lo aveva giร detto il Battista: โNon cominciate a dire tra voi: โAbbiamo Abramo per padre!โ. Perchรฉ io vi dico che da queste pietre Dio puรฒ suscitare figli ad Abramoโ (Lc 3,8). Gesรน sa che ci sono barriere create dagli umani che non sono tali per Dio. Gesรน sa che ci sono dei credenti che in realtร sono increduli, abitati dallโidolatria, che ostentano la loro fede, ma poi non realizzano la volontร di Dioโฆ
Ecco allora il racconto della parabola: โDue uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e lโaltro pubblicanoโ. Il tempio รจ il luogo in cui si adora il Dio vivente, il luogo dellโincontro con lui, attraverso il culto stabilito dalla Torah. Entrambi sono nello spazio riservato ai figli di Israele, davanti al Santo, riservato ai sacerdoti. Entrambi invocano il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, il Dio rivelatosi come Signore a Mosรจ, il Dio che ha fissato la sua dimora nel tempio di Gerusalemme. Ma le somiglianze finiscono qui. Uno dei due รจ un militante del movimento dei farisei, lโaltro un esattore delle tasse, uno che esercita un mestiere disprezzato, appartenente a una categoria di corrotti. Di piรน, lโesattore รจ detto โpubblicanoโ in quanto โpubblicamente peccatoreโ, โcorrotto manifestoโ, perciรฒ maledetto da Dio e dagli uomini.
Il fariseo, ritenendosi conforme alle attese di Dio, sta in piedi, nella posizione consueta dellโorante ebreo, e fa nel suo cuore una preghiera che vorrebbe essere un ringraziamento a Dio. Ma in realtร รจ concentrato su di sรฉ e mentre vanta i suoi meriti si autocompiace, fa il paragone tra sรฉ e gli altri, giudicandoli. Nessun dubbio in lui, ma uno stare in piedi sicuro di stare davanti a Dio, a fronte alta, ignaro del fatto che puรฒ stare in piedi solo per grazia, perchรฉ reso figlio di Dio. Il suo monologo dichiara lontananza dagli altri uomini ma anche lontananza da Dio, non conoscenza di lui, dal quale aspetta solo un โamenโ alle sue parole. Annota con finezza Agostino: โEra salito per pregare; ma non volle pregare Dio, bensรฌ lodare se stessoโ. ร evidente che in una simile preghiera lโintero rapporto con Dio รจ pervertito: la chiamata alla fede รจ un privilegio, lโosservanza della Legge una garanzia, lโessere in una condizione morale retta un pretesto per sentirsi superiore agli altri.
Si faccia perรฒ attenzione: ciรฒ che Gesรน stigmatizza nel fariseo non รจ il suo compiere opere buone, ma il fatto che egli, nella sua fiducia in sรฉ, non attende nulla da Dio. Il problema รจ che si sente sano e non ha bisogno di un medico, si sente giusto e non ha bisogno della santitร di Dio (cf. Lc 5,31-32): ha dimenticato che la Scrittura afferma che il giusto pecca sette volte al giorno (cf. Pr 24,16), cioรจ infinite volte! Sรฌ, quanti, essendo osservanti e dunque giusti, confidano in sรฉ, ringraziano Dio per ciรฒ che sono e non pensano di dover chiedere a Dio misericordia, di dover mutare qualcosa nella propria vita, ma sono trascinati dallโautocompiacimento a disprezzare gli altri! Per questo il fariseo nel suo ringraziamento enumera i peccati altrui, dai quali si sente esente: โSono ladri, ingiusti, adulteriโ, per non parlare del pubblicano che รจ insieme a lui nel tempioโฆ
Ma ecco, di fronte a questa preghiera, quella del peccatore pubblico. Allโinizio del vangelo Gesรน aveva chiamato a essere suo discepolo proprio un pubblicano, Levi, e si era recato a un banchetto nella sua casa, scandalizzando scribi e farisei (cf. Lc 5,27-32); alla fine, subito prima del suo ingresso a Gerusalemme, sarร un altro pubblicano, Zaccheo, ad accogliere Gesรน nella sua casa, suscitando ancora la riprovazione degli uomini religiosi (cf. Lc 19,1-10). In tal modo lโannuncio del Battista secondo cui โDio puรฒ suscitare figli ad Abramo dalle pietreโ (Lc 3,8) si fa evento in Gesรน; non chi dice di avere Abramo per padre รจ suo figlio (cf. ibid.), ma uno come Zaccheo, pubblicano, รจ dichiarato da Gesรน โfiglio di Abramoโ, raggiunto nella propria casa dalla salvezza (cf. Lc 19,9).
Ma perchรฉ Gesรน sceglieva di preferenza la compagnia dei peccatori pubblici, fino a dire agli uomini religiosi: โI pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dioโ (Mt 21,31)? Non per stupire o scandalizzare ma per mostrare, in modo paradossale, che queste persone emarginate e condannate sono il segno manifesto della condizione di ogni essere umano. Tutti siamo peccatori โ e pecchiamo, finchรฉ ci รจ possibile, in modo nascosto! โ, ma Gesรน aveva compreso una cosa semplice: i peccatori pubblici sono esposti al biasimo altrui, e perciรฒ sono piรน facilmente indotti al desiderio di cambiare la loro condizione; essi possono cioรจ vivere lโumiltร quale frutto delle umiliazioni patite, e di conseguenza possono avere in sรฉ quel โcuore contrito e spezzatoโ (Sal 51,19) in grado di spingerli a cambiare viti.
Il pubblicano รจ un uomo non garantito da ciรฒ che fa, anzi i suoi peccati manifesti lo rendono oggetto di disprezzo da parte di tutti. Egli sale al tempio nella consapevolezza, sempre rinnovata a causa del giudizio altrui, di essere un peccatore, mendicante del perdono di Dio. Per questo Luca descrive accuratamente il suo comportamento, opposto a quello del fariseo. โSi ferma a distanzaโ, non osa avvicinarsi al Santo dei santi, dove dimora la presenza di Dio; โnon osa nemmeno alzare gli occhi al cieloโ, ma li tiene bassi, vergognandosi della propria condizione; โsi batte il pettoโ, gesto tipico di chi vuole manifestare il suo pentimento, come le folle di fronte allo โspettacoloโ (Lc 23,48) della morte in croce di Gesรน.
Le sue parole sono brevissime: โO Dio, abbi pietร di me peccatoreโ. ร lโinvocazione che ritorna piรน volte nei salmi (cf. Sal 25,11; 51,13, ecc.). ร il chiedere a Dio che continui sempre ad avere tanta pietร di noi peccatori: quanto ne abbiamo bisogno! ร โla preghiera dellโumile che penetra le nubiโ (Sir 35,21), che non spreca parole, ma che vive della relazione con Dio, della relazione con se stesso, della relazione con gli altri: chiede perdono a Dio, confessa il proprio peccato e la solidarietร con gli altri uomini e donne. Il pubblicano si presenta a Dio senza maschere, i suoi peccati manifesti lo rendono oggetto di scherno: non ha nulla da vantare, ma sa che puรฒ solo implorare pietร da parte del Dio tre volte Santo. Egli prova lo stesso sentimento di Pietro, perdonato fin dal momento della sua vocazione quando, di fronte alla santitร di Gesรน, grida: โSignore, allontanati da me che sono un peccatore!โ (Lc 5,8; cf. Is 6,5). Lโumiltร di questโuomo non consiste nel fare uno sforzo per umiliarsi: la sua posizione morale รจ esattamente quella che confessa e dalla quale รจ umiliato! Non ha nulla da pretendere, per questo conta su Dio, non su se stesso. E ciรฒ vale anche per noi: il nostro nulla รจ lo spazio libero in cui Dio puรฒ operare, รจ il vuoto aperto alla sua azione; su chi รจ troppo โpieno di sรฉโ, invece, Dio รจ impossibilitato ad agireโฆ E si noti: Gesรน non elogia la vita del pubblicano, cosรฌ come non condanna le azioni giuste del fariseo, ma la sua condanna va al modo in cui il fariseo guarda alle sue azioni e, attraverso di esse, a Dio stesso.
Terminata la parabola, ecco il giudizio di Gesรน: โIo vi dico che il pubblicano, a differenza dellโaltro, tornรฒ a casa sua reso giusto (da Dio), perchรฉ chiunque si esalta sarร umiliato, chi invece si umilia sarร esaltatoโ. Questโultima sentenza proverbiale, giร presente al termine della parabola sulla scelta dei posti a tavola da parte degli invitati a un banchetto (cf. Lc 14,11), echeggia le parole del Magnificat: โIl Signore innalza gli umiliโ (Lc 1,52). Ma come intendere questo innalzamento e questo abbassamento? E soprattutto, come intendere lโumiltร , virtรน ambigua e sospetta? Lโumiltร non รจ falsa modestia, non equivale a un โio minimoโ: non chi si fa orgogliosamente umile รจ innalzato da Dio, perchรฉ questo equivarrebbe a replicare lโatteggiamento del fariseo, sarebbe orgoglio mascherato da falsa umiltร . No, รจ innalzato da Dio chi riconosce il proprio peccato, chi, aderendo alla propria realtร , riconosce il proprio peccato, accoglie dagli altri le umiliazioni quale medicina salutare e, patendo tutto questo, persevera nel riconoscimento della grazia e della compassione di Dio, ossia nella fiducia in Dio, nel contare sulla sua misericordia che puรฒ trasfigurare la nostra debolezza.
Attraverso la figura del pubblicano Gesรน ci esorta a umiliarci nel senso di lasciarci accogliere e perdonare da Dio, che con la sua forza puรฒ curarci e guarirci; a non perdere tempo a guardare fuori di noi, scrutando gli altri con occhio cattivo e spiando i loro peccati; ad accettare di riconoscere la nostra condizione di persone che โnon fanno il bene che vogliono, ma il male che non voglionoโ (cf. Rm 7,19). Il pubblicano non ha costruito nรฉ vantato una sua giustizia davanti a Dio e agli altri, ma ha lasciato a Dio la libertร di giudicare; a Dio si รจ affidato, invocando come unico dono di cui aveva veramente bisogno la sua misericordia. Con una preghiera cosรฌ breve e semplice รจ entrato in comunione con Dio senza separarsi dagli altri, e ora, perdonato, fa ritorno alla vita quotidiana nella compagnia degli uomini.
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La parola conclusiva di Gesรน, solennemente e autorevolmente introdotta da โIo vi dicoโ, fa di un giusto un peccatore e di un peccatore un giusto. Il giudizio di Dio, narrato da Gesรน, sovverte i giudizi umani: chi si credeva lontano e perduto รจ accolto e salvato, mentre chi si credeva approvato, accanto a Dio, รจ umiliato e risulta lontano. Questo puรฒ apparire scandaloso, puรฒ apparire un inciampo nella vita di fede per gli uomini religiosi, ma รจ buona notizia, รจ Vangelo per chi si riconosce peccatore e bisognoso della misericordia di Dio come dellโaria che respira.
Per gentile concessione dal blog di Enzo Bianchi