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Enzo Bianchi – Commento al Vangelo del 23 Febbraio 2025

Domenica 23 Febbraio 2025 - VII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO C
Commento al brano del Vangelo di: Lc 6,27-38

La differenza cristiana

Alla proclamazione delle beatitudini, nel vangelo secondo Luca come in quello secondo Matteo, segue da parte di Gesรน un discorso indirizzato a quella folla che era venuta ad ascoltarlo quando era disceso con i Dodici dalla montagna (cf. Lc 6,17). In Luca questo insegnamento รจ piรน breve e ha una tonalitร  diversa. In esso non รจ piรน registrato il confronto, anche polemico, con la tradizione degli scribi di Israele, ma emerge piuttosto la โ€œdifferenza cristianaโ€che i discepoli di Gesรน devono saper vivere e mostrare rispetto alle genti, ai pagani in mezzo ai quali si collocano le comunitร  alle quali รจ rivolto il vangelo.

โ€œA voi che ascoltate, io dicoโ€ฆโ€. Sono le prime parole di Gesรน, che introducono una domanda, un comando, unโ€™esigenza fondamentale: โ€œAmate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odianoโ€. Certo, queste parole sono collegate alla quarta beatitudine indirizzata ai discepoli perseguitati (cf. Lc 6,22-23), ma appaiono rivolte a ogni ascoltatore che vuole diventare discepolo di Gesรน. Lโ€™amore dei nemici non รจ dunque soltanto un invito a unโ€™estrema estensione del comandamento dellโ€™amore del prossimo (cf. Lv 19,18; Lc 10,27), ma รจ unโ€™esigenza prima, fondamentale, che appare paradossale e scandalosa. I primi commentatori del vangelo con ragione hanno giudicato questo comando di Gesรน una novitร  rispetto a ogni etica e sapienza umana, e gli stessi figli di Israele hanno sempre testimoniato che con tale esigenza Gesรน andava oltre la Torah.

Per questo dobbiamo chiederci: รจ possibile per noi umani amare il nemico, chi ci fa del male, chi ci odia e vuole ucciderci? Se anche Dio, secondo la testimonianza delle Scritture dellโ€™antica alleanza, odia i suoi nemici, i malvagi, si vendica contro di loro (cf. Dt 7,1-6; 25,19; Sal 5,5-6; 139,19-22; ecc.) e chiede ai credenti in lui di odiare i peccatori e di pregare contro di loro, potrร  forse un discepolo di Gesรน vivere un amore verso chi gli fa del male? Diamo troppo per scontato che questo sia possibile, mentre dovremmo interrogarci seriamente e discernere che un amore simile puรฒ solo essere โ€œgraziaโ€, dono del Signore Gesรน Cristo a chi lo segue.

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Anche nel nostro vivere quotidiano non รจ facile relazionarci con chi ci critica e ci calunnia, con chi ci fa soffrire pur senza perseguitarci a causa di Gesรน, con chi ci aggredisce e rende la nostra vita difficile, faticosa e triste. Ognuno di noi sa quale lotta deve condurre per non ripagare il male ricevuto e sa come sia quasi impossibile nutrire nel cuore sentimenti di amore per chi si mostra nemico, anche se non ci si vendica nei suoi confronti.

Con questo comando, che lui stesso ha vissuto fino alla fine sulla croce chiedendo a Dio di perdonare i suoi assassini (cf. Lc 23,34), Gesรน chiede ciรฒ che solo per grazia รจ possibile e, significativamente, รจ sempre Luca a testimoniare che con questo sentimento dellโ€™amore verso i nemici รจ morto il primo testimone di Gesรน, Stefano, il quale ha chiesto a Gesรน suo Signore di non imputare ai suoi persecutori la morte violenta che riceveva da loro (cf. Lc 7,60). Gesรน dunque qui rompe con la tradizione e innova nellโ€™indicare il comportamento del discepolo, della discepola: ecco la giustizia che va oltre quella di scribi e farisei (cf. Mt 5,20), ecco la fatica del Vangelo, ecco โ€“ direbbe Paolo โ€“ โ€œla parola della croceโ€ (1Cor 1,18).

Amare (verboย agapรกo) il nemico significa andare verso lโ€™altro con gratuitร  anche se ci osteggia, significa volere il bene dellโ€™altro anche se รจ colui che ci fa del male, significa fare il bene, avere cura dellโ€™altro amandolo come se stessi. E Gesรน fornisce degli esempi, indica anche dei comportamenti esteriori da assumere, espressi alla seconda persona singolare: non fare resistenza a chi ti colpisce e neppure a chi ti ruba il mantello; dona a chi tende la mano, chiunque sia, conosciuto o sconosciuto, buono o cattivo, e non sentirti mai creditore di ciรฒ che ti รจ stato sottratto. Ciรฒ non significa perรฒ assumere una passivitร , una resa di fronte a chi ci fa il male, e Gesรน stesso ce ne ha dato lโ€™esempio quando, percosso sulla guancia dalla guardia del sommo sacerdote, ha obiettato: โ€œSe ho parlato bene, perchรฉ mi percuoti?โ€ (Gv 18,23).

A questo punto Gesรน formula la โ€œregola dโ€™oroโ€, che riporta il discorso alla seconda persona plurale: โ€œCome volete che gli uomini facciano a voi, cosรฌ anche voi fate a loroโ€. Regola formalizzata in positivo, nella quale la reciprocitร  non รจ invocata come diritto e tanto meno come pretesa, ma come dovere verso lโ€™altro misurato sul proprio desiderio: โ€œfare agli altri ciรฒ che desidero sia fatto a meโ€. Pochi anni prima del ministero di Gesรน rabbi Hillel affermava: โ€œCiรฒ che non vuoi sia fatto a te, non farlo al tuo prossimoโ€. Ma Gesรน conferisce a tale istanza una forma positiva, chiedendo di fare tutto il bene possibile al prossimo, fino al nemico.

Solo cosรฌ, amando gli altri senza reciprocitร , facendo del bene senza calcolare un vantaggio e donando con disinteresse senza aspettare la restituzione, si vive la โ€œdifferenza cristianaโ€. In questo comportamento cโ€™รจ il conformarsi del discepolo al Dio di Gesรน Cristo, quel Dio che Gesรน ha narrato come amoroso, capace di prendersi cura dei giusti e dei peccatori, dei credenti e degli ingrati. Se Dio non condiziona il suo amore alla reciprocitร , al ricevere una risposta, ma dona, ama, ha cura di ogni creatura, anche il cristiano dovrebbe comportarsi in questo modo nel suo cammino verso il Regno, in mezzo allโ€™umanitร  di cui fa parte.

Dopo aver ribadito il comandamento dellโ€™amore dei nemici, Gesรน fa una promessa: ci sarร  โ€œuna ricompensa (misthรณs) grandeโ€ nei cieli ma giร  ora in terra, qui, i discepoli diventano figli di Dio perchรฉ si adempie in loro il principio โ€œtale Padre, tale figlioโ€. Imitare Dio, fino a essere suoi figli e figlie: sembra una follia, una possibilitร  incredibile, eppure questa รจ la promessa di Gesรน, il Figlio di Dio che ci chiama a diventare figli di Dio. Se nella Torah il Signore chiedeva ai figli di Israele in alleanza con lui: โ€œSiate santi, perchรฉ io sono Santoโ€ (Lv 19,2), e questo significava essere distinti, differenti rispetto alla mondanitร , in Gesรน questo monito diventa: โ€œSiate misericordiosi, come il Padre vostro รจ misericordiosoโ€.

Nella tradizione delle parole di Gesรน secondo Matteo il comando risuona: โ€œSiate perfetti (tรฉleioi) come รจ perfetto il Padre vostro che รจ nei cieliโ€ (Mt 5,48). Qui invece ciรฒ che viene messo in evidenza รจ la misericordia di Dio; dโ€™altronde, giร  secondo i profeti, la santitร  di Dio era misericordia, si mostrava nella misericordia (cf. Os 6,6; 11,8-9). La misericordia, lโ€™amore viscerale e gratuito del Signore che รจ โ€œcompassionevole e misericordiosoโ€ (Es 34,6), deve diventare anche lโ€™amore concreto e quotidiano del discepolo di Gesรน verso gli altri, amore illustrato da due sentenze negative e due positive.

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Innanzitutto: โ€œNon giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannatiโ€, perchรฉ nessuno puรฒ prendere il posto di Dio quale giudice delle azioni umane e di quanti ne sono responsabili. Si faccia attenzione e si comprenda: Gesรน non ci chiede di non discernere le azioni, i fatti e i comportamenti, perchรฉ senza questo giudizio (verboย krรญno) non si potrebbe distinguere il bene dal male, ma ci chiede di non giudicare le persone.

Una persona, infatti, รจ piรน grande delle azioni malvagie che compie, perchรฉ non possiamo mai conoscere lโ€™altro pienamente, non possiamo misurare fino in fondo la sua responsabilitร . Il cristiano esamina e giudica tutto con le sue facoltร  umane illuminate dalla luce dello Spirito santo, ma si arresta di fronte al mistero dellโ€™altro e non pretende di poterlo giudicare: a Dio solo spetta il giudizio, che va rimesso a lui con timore e tremore, riconoscendo sempre che ciascuno di noi รจ peccatore, รจ debitore verso gli altri, solidale con i peccatori, bisognoso come tutti della misericordia di Dio.

Al discepolo spetta dunque โ€“ ecco le affermazioni in positivo โ€“ di perdonare e donare: per-donare รจ fare il dono per eccellenza, essendo il perdono il dono dei doni. Ancora una volta le parole di Gesรน negano ogni possibile reciprocitร  tra noi umani: solo da Dio possiamo aspettarci la reciprocitร ! Il dono รจ lโ€™azione di Dio e deve essere lโ€™azione dei cristiani verso gli altri uomini e donne.

Allora, nel giorno del giudizio, quel giudizio che compete solo a Dio, chi ha donato con abbondanza riceverร  dal Signore un dono abbondante, come una misura di grano che รจ pigiata, colma e traboccante. Lโ€™abbondanza del donare oggi misura lโ€™abbondanza del dono di Dio domani. La โ€œdifferenza cristianaโ€ รจ a caro prezzo ma, per grazia del Signore, รจ possibile.

Per gentile concessione dal blog di Enzo Bianchi.