“Se uno vuole essere il primoโฆ”
Se cโรจ qualcuno che pensa di poter giungere al primo posto della comunitร , allora si faccia ultimo, servo di tutti, e si troverร a essere al primo posto della comunitร . Non ci sono qui dei primi designati ai quali Gesรน chiede di farsi ultimi, servi, ma egli traccia il cammino opposto: chi si fa ultimo e servo di tutti si troverร ad avere il primo posto, a essere il primo dei fratelli e delle sorelle.
La confessione di Pietro che proclamava Gesรน quale Messia (cf. Mc 8,29) rappresenta nel vangelo secondo Marco una svolta nella vita e nella predicazione di Gesรน. A partire da quellโevento, Gesรน cerca di raggiungere Gerusalemme discendendo dalle pendici dellโHermon e passando per Cafarnao in Galilea.
Questa รจ lโunica salita di Gesรน verso la cittร santa testimoniata da Marco, e quindi dagli altri sinottici, una salita durante la quale Gesรน intensifica lโinsegnamento rivolto ai suoi discepoli, alla sua comunitร itinerante, continuando ad annunciare loro la necessitas della sua passione e morte. Come giร aveva detto allโinizio del viaggio, a Cesarea di Filippo (cf. Mc 8,31), qui ribadisce: โIl Figlio dellโuomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerร โ; e lo farร ancora poco dopo per la terza volta (cf. Mc 10,33-34). Gesรน sta per essere consegnato (paradรญdomi), verbo forte che indica un essere dato in balรฌa, in potere di qualcuno. Cosรฌ avverrร , e Gesรน sarร sempre un soggetto passivo di tale azione: consegnato da Giuda ai sacerdoti (cf. Mc 14,10), dai sacerdoti a Pilato (cf. Mc 15,1), consegnato da Pilato perchรฉ fosse crocifisso (cf. Mc 15,15).
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Il passivo usato negli annunci della passione e la medesima necessitas espressa in tutti e tre i casi indica tuttavia che, sebbene questa consegna avvenga per mano di uomini responsabili delle loro azioni, essa perรฒ non accade come un semplice accidente (โa Gesรน รจ andata maleโฆโ) o come frutto di un cieco destino, bensรฌ secondo ciรฒ che รจ conforme alla volontร di Dio. Ovvero, che un giusto non si vendichi, non si sottragga a ciรฒ che gli uomini vogliono e possono fare nella loro malvagitร : rigettare, odiare, perseguitare, mettere a morte chi รจ giusto, perchรฉ gli ingiusti non lo sopportano.
Ne abbiamo giร parlato, ma vale la pena tornarci ancora una volta, piรน in breve, perchรฉ siamo davvero al cuore della vita di Gesรน, dunque del Vangelo: di quale necessitas si tratta? Necessitas umana innanzitutto: in un mondo di ingiusti, il giusto non puรฒ che patire ed essere condannato. ร stato sempre cosรฌ, in ogni tempo e luogo, e ancora oggi รจ cosรฌโฆ Dio non vuole la morte di Gesรน, ma la sua volontร รจ che il giusto resti tale, fino a essere consegnato alla morte, continuando ad โamare fino alla fineโ (cf. Gv 13,1). Il giusto mai e poi mai consegna un altro alla morte ma, piuttosto di compiere il male, si lascia consegnare: ecco la necessitas divina della passione di Gesรน. ร il continuare ad โamare fino alla fineโ (cf. Gv 13,1), anche i nemici, in risposta alla volontร del Padre, che mette nel cuore umano per grazia la possibilitร di questo amore che puรฒ sgorgare solo da lui.
E che questo amore sia difficile, a caro prezzo, lo dimostra la reazione della comunitร di Gesรน, di quanti hanno condiviso la vita con lui, dunque dovrebbero essere in sintonia con il suo insegnamento. Come Pietro al primo annuncio (cf. Mc 8,32-33), qui tutti i discepoli si rifiutano di comprendere le parole di Gesรน e, chiusi nella loro cecitร , neppure osano interrogarlo. Ma ecco che, giunti nella loro casa di Cafarnao, Gesรน e i suoi sostano per riposarsi. In quellโintimitร Gesรน domanda loro: โDi che cosa stavate discutendo per la strada?โ. La risposta รจ un silenzio pieno di imbarazzo e vergogna.
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I discepoli, infatti, sanno di che cosa hanno parlato, sanno che in quella discussione si era manifestato in loro un desiderio e un atteggiamento in contraddizione con lโinsegnamento di Gesรน: ognuno era stato tentato โ e forse lo aveva anche espresso a parole โ di aspirare e di pensarsi al primo posto nella comunitร . Avevano rivaleggiato gli uni con gli altri, avanzando pretese di riconoscimento e di amore. In risposta alla rivelazione del Messia servo e alla prospettiva della sua andata verso la morte ignominiosa, i discepoli non hanno saputo fare di meglio โ magari pensando al โdopo Gesรนโ โ che discutere su chi tra di loro fosse il piรน grande.
Nel Vangelo di Tommaso, al loghion 12, sta scritto: โI discepoli dissero a Gesรน: โSappiamo che presto ci lascerai: chi sarร allora il piรน grande tra di noi?โโ. Sรฌ, dobbiamo confessarlo: se la comunitร cristiana non fa propria la logica pasquale di Gesรน, finisce inevitabilmente per fomentare al proprio interno la mentalitร mondana della competizione e della rivalitร . Si scatenano allora logiche di potere e di forza nello spazio ecclesiale e, come accecati, si finisce per leggere il servizio come potere, come occasione di onore.
Gesรน allora chiama a sรฉ i discepoli, chiama soprattutto i Dodici, quelli che dovranno essere i primi responsabili della chiesa, e compie un gesto. Prende un piccolo (paidรญon), un povero, uno che vive la condizione di dipendenza e non conta nulla, lo mette al centro, e abbracciandolo teneramente, afferma: โChi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandatoโ. Un bambino, un piccolo, un povero, un escluso, uno scarto รจ posto in mezzo al cerchio di unโassemblea di primi, di uomini destinati ad avere il primo posto nella comunitร , per insegnare loro che se uno vuole il primo posto, quello di chi governa, deve farsi ultimo e servo di tutti.
Stiamo attenti alla radicalitร espressa da Gesรน nel vangelo secondo Marco. Se cโรจ qualcuno che pensa di poter giungere al primo posto della comunitร , allora per lui il cammino da seguire รจ semplice: si faccia ultimo, servo di tutti, e si troverร a essere al primo posto della comunitร . Non ci sono qui dei primi designati ai quali Gesรน chiede di farsi ultimi e servi di tutti, ma egli traccia il cammino opposto: chi si fa ultimo e servo di tutti si troverร ad avere il primo posto, a essere il primo dei fratelli. Sรฌ, un giorno nella chiesa si dovrร scegliere che deve stare al primo posto, chi deve governare: si tratterร solo di riconoscere come primo colui che serve tutti, colui che sa anche stare allโultimo posto. Gesรน confermerร e anzi amplierร questo stesso annuncio poco piรน avanti: โVoi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi perรฒ non รจ cosรฌ; ma chi vuole diventare grande tra voi sarร vostro servo, e chi vuole essere il primo tra voi sarร schiavo di tuttiโ (Mc 10,42-44).
E invece sappiamo cosa accadrร spesso nelle comunitร cristiane: si sceglierร il piรน brillante, il piรน visibile, quello che sโimpone da sรฉ, magari il piรน munito intellettualmente e il piรน forte, addirittura il prepotente, lo si acclamerร primo e poi gli si faranno gli auguri di essere ultimo e servo di tutti. Povera storia delle comunitร cristiane, chiese o monasteriโฆ Non a caso gli stessi vangeli successivi prenderanno atto che le cose stanno cosรฌ, e allora Luca dovrร esprimere in altro modo le parole di Gesรน: โChi tra voi รจ piรน grande diventi come il piรน giovane, e chi governa come colui che serveโ (Lc 22,26). Ma se la parola di Gesรน fosse realizzata secondo il tenore del vangelo piรน antico, allora saremmo piรน fedeli al pensiero e alla volontร di Gesรน!
Al termine di questo brano evangelico, soprattutto chi รจ pastore nella comunitร si domandi se, tenendo il primo posto, essendo chi presiede, il piรน grande, sa anche tenere lโultimo posto e sa essere servo dei fratelli e delle sorelle, senza sogni o tentativi di potere, senza ricerca di successo per sรฉ, senza organizzare il consenso attorno a sรฉ e senza essere prepotente con gli altri, magari sotto la forma della seduzione. Da questo dipende la veritร del suo servizio, che potrร svolgere piรน o meno bene, ma senza desiderio di potere sugli altri o, peggio ancora, di strumentalizzarli.
Nessuno puรฒ essere โpastore buonoโ come Gesรน (Gv 10,11.14), e le colpe dei pastori della chiesa possono essere molte: ma ciรฒ che minaccia in radice il servizio รจ il non sentirsi servi degli altri, il fare da padrone sugli altri. Dโaltronde questa deriva รจ visibile: lโautoritร che non sa stare accanto agli ultimi, non sa dar loro la sua presenza, non sa ascoltare quelli che apparentemente non contano nella comunitร cristiana รจ unโautoritร che ha cura di se stessa, impedita dal proprio narcisismo ad accorgersi di quelli che deboli, marginali e nascosti sono pur sempre membra del corpo di Cristo.
Per gentile concessione dal blog di Enzo Bianchi.