Lโamore di Dio non va tenuto per sรฉ ma diffuso
La parabola dei talenti proposta dalla liturgia odierna รจ una parabola che, secondo il mio povero parere, oggi รจ pericolosa: pericolosa, perchรฉ piรน volte lโho sentita commentare in un modo che, anzichรฉ spingere i cristiani a conversione, pare confermarli nel loro attuale comportamento tra gli altri uomini e donne, nel mondo e nella chiesa. Dunque forse sarebbe meglio non leggere questo testo, piuttosto che leggerlo maleโฆ
In veritร questa parabola non รจ unโesaltazione, un applauso allโefficienza, non รจ unโapologia di chi sa guadagnare profitti, non รจ un inno alla meritocrazia, ma รจ una vera e propria contestazione verso il cristiano che sovente รจ tiepido, senza iniziativa, contento di quello che fa e opera, pauroso di fronte al cambiamento richiesto da nuove sfide o dalle mutate condizioni culturali della societร .
La parabola non conferma neppure โlโattivismo pastoraleโ di cui sono preda molte comunitร cristiane, molti โoperatori pastoraliโ che non sanno leggere la sterilitร di tutto il loro darsi da fare, ma chiede alla comunitร cristiana consapevolezza, responsabilitร , laboriositร , audacia e soprattutto creativitร . Non la quantitร del fare, delle opere, nรฉ il guadagnare proseliti rendono cristiana una comunitร , ma la sua obbedienza alla parola del Signore che la spinge verso nuove frontiere, verso nuovi lidi, su strade non percorse, lungo le quali la bussola che orienta il cammino รจ solo il Vangelo, unito al grido degli uomini e delle donne di oggi quando balbettano: โVogliamo vedere Gesรน!โ (Gv 12,21).
Leggiamo allora con intelligenza questa parabola la cui prospettiva โ lo ripeto โ non รจ economica nรฉ finanziaria; essa non รจ un invito allโattivismo ma alla vigilanza che resta in attesa, non contenta del presente ma tutta protesa verso la venuta del Signore. Egli non รจ piรน tra di noi, sulla terra, รจ come partito per un viaggio e ha affidato ai suoi servi, ai suoi discepoli un compito: moltiplicare i doni da lui fatti a ciascuno. Nella parabola, a due servi il Signore ha lasciato molto, una somma cospicua โ cinque lingotti di argento a uno, due a un altro โ, affinchรฉ la facciano fruttificare; a un terzo servo ha lasciato un solo lingotto, che comunque non รจ poco. In tutti egli ha messo la sua fiducia senza limiti, confidando loro i suoi beni. Spetta dunque ai servi non tradire la grande fiducia del padrone e operare una sapiente gestione dei beni, non di loro proprietร ma del padrone, il quale al suo ritorno darร loro la ricompensa. A ciascuno il padrone da in funzione della sua capacitร , e il suo dono รจ anche un compito: custodire e far fruttificare.
Al di lร dellโimmagine dei talenti, che cosโรจ questo dono, in definitiva? Secondo Ireneo di Lione รจ la vita accordata da Dio a ogni persona. La vita รจ un dono che non va assolutamente sprecato, ignorato o dissipato. Purtroppo โ dobbiamo constatarlo โ per alcuni la vita non ha alcun valore: non la vivono, anzi la sprecano e la sciupano โfino a farne una stucchevole estraneaโ (Konstantinos Kavafis), e cosรฌ si lasciano vivere.
Eppure si vive una volta sola e il farlo con consapevolezza e responsabilitร รจ decisivo al fine di salvare una vita o perderla! Secondo altri padri orientali, i talenti sono le parole del Signore affidate ai discepoli perchรฉ le custodiscano, certo, ma soprattutto le rendano fruttuose nella loro vita, le mettano in pratica fino a seminarle copiosamente nella terra che รจ il mondo. Di nuovo, รจ questione di vita, di โscegliere la vitaโ (cf. Dt 30,19).
โDopo molto tempoโ โ allusione al ritardo della parusia, della venuta gloriosa del Signore (cf. Mt 24,48; 25,5) โ il padrone ritorna e chiede conto della fiducia da lui riposta nei suoi servi, i quali devono mostrare la loro capacitร di essere responsabili, in grado cioรจ di rispondere della fiducia ricevuta. Eccoli dunque presentarsi tutti davanti a lui. Colui che aveva ricevuto cinque talenti si รจ mostrato operoso, intraprendente, capace di rischiare, si รจ impegnato affinchรฉ i doni ricevuti non fossero diminuiti, sprecati o inutilizzati; per questo, allโatto di consegnare al padrone dieci talenti, riceve da lui lโelogio: โBene, servo buono e fedele, โฆ entra nella gioia del tuo Signoreโ. Lo stesso avviene per il secondo servo, anche lui in grado di raddoppiare i talenti ricevuti. Per questi due servi la ricompensa รจ proporzionalmente uguale, anche se le somme affidate erano diverse, perchรฉ entrambi hanno agito secondo le loro capacitร .
Viene infine colui che aveva ricevuto un solo talento, il quale mette subito le mani avanti, manifestando il pensiero che lo ha paralizzato: โDa quando mi hai dato il talento, io sapevo che sei un uomo duro, esigente, arbitrario, che fa ciรฒ che vuole, raccogliendo anche dove non ha seminatoโ. Con queste sue parole (โdalle tue parole ti giudicoโ, si legge nel testo parallelo di Lc 19,22) il servo confessa di essersi fabbricato unโimmagine distorta del Signore, unโimmagine plasmata dalla sua paura e dalla sua incapacitร di avere fiducia nellโaltro: egli considera il padrone come qualcuno che gli fa paura, che chiede una scrupolosa osservanza di ciรฒ che ordina, che agisce in modo arbitrario. Avendo questa immagine in sรฉ, ha scelto di non correre rischi: ha messo al sicuro, sotto terra, il denaro ricevuto, e ora lo restituisce tale e quale. Cosรฌ rende al padrone ciรฒ che รจ suo e non ruba, non fa peccatoโฆ Ma ecco che il Signore va in collera e gli risponde: โSei un servo malvagio (ponerรณs) e pigro (oknerรณs). Malvagio perchรฉ hai obbedito allโimmagine perversa del Signore che ti sei fatta, e cosรฌ hai vissuto un rapporto di amore servile, di amore โcostrettoโ. Per questo sei stato pigro, inaffidabile, non hai avuto nรฉ il cuore nรฉ la capacitร di operare secondo la fiducia che ti avevo accordato. Non hai fatto neanche lo sforzo di mettere il talento in banca, dove sarebbe stato fruttuoso, dandomi interessi. Non hai avuto cura del mio bene affidato a teโ.
Sรฌ, lo sappiamo: รจ piรน facile seppellire i doni che Dio ci ha dato, piuttosto che condividerli; รจ piรน facile conservare le posizioni, i tesori del passato, che andarne a scoprire di nuovi; รจ piรน facile diffidare dellโaltro che ci ha fatto del bene, piuttosto che rispondere consapevolmente, nella libertร e per amore. Ecco dunque la lode per chi rischia e il biasimo per chi si accontenta di ciรฒ che ha, rinchiudendosi nel suo โio minimoโ. Questo servo non ha fatto il male; peggio ancora, non ha fatto niente! Dunque davanti a Dio nel giorno del giudizio compariranno due tipi di persone:
chi ha ricevuto e ha fatto fruttificare il dono,
chi lo ha ricevuto e non ha fatto niente.
I servi fedeli entreranno nella gioia del Signore; chi invece รจ stato โbuono a nullaโ (achreรฎos) sarร spogliato anche dei meriti che pensava di poter vantare!
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Ma a me piacerebbe che la parabola si concludesse altrimenti: cosรฌ sarebbe piรน chiaro il cuore del padrone, mentre il cuore del discepolo sarebbe quello che il padrone desidera. Oso dunque proporre questa conclusione โapocrifaโ:
Venne il terzo servo, al quale il padrone aveva confidato un solo talento, e gli disse: โSignore, io ho guadagnato un solo talento, raddoppiando ciรฒ che mi hai consegnato, ma durante il viaggio ho perso tutto il denaro. So perรฒ che tu sei buono e comprendi la mia disgrazia. Non ti porto nulla, ma so che sei misericordiosoโ. E il padrone, al quale piรน del denaro importava che quel servo avesse una vera immagine di lui, gli disse: โBene, servo buono e fedele, anche se non hai niente, entra pure tu nella gioia del tuo padrone, perchรฉ hai avuto fiducia in meโ.
Anche cosรฌ la parabola sarebbe buona notizia!
Per gentile concessione dal blog di Enzo Bianchi