La venuta del Figlio dell’uomo nella gloria
Se il credente sa leggere la storia, aderendo alla realtร quotidiana della vita umana e ascoltando la parola di Dio che sempre risuona nel suo oggi, allora sarร pronto per lโora della venuta temibile e misericordiosa del Signore: unโora che solo il Padre conosce, unโora in cui i figli di Dio dispersi saranno finalmente una comunione, che non conoscerร piรน nรฉ morte, nรฉ male, nรฉ peccato.
Con questa domenica termina la lettura cursiva del vangelo secondo Marco, che abbiamo ascoltato nellโassemblea domenicale lungo tutta lโannata liturgica B.
Le parole di Gesรน su cui oggi meditiamo sono quelle da lui pronunciate negli ultimi giorni della sua vita, prima della passione e morte; parole da lui rivolte sul monte degli Ulivi ai quattro discepoli della prima ora (cf. Mc 1,16-20), quelli a lui piรน vicini: Pietro, Giacomo, Giovanni e Andrea (cf. Mc 13,3). Il cosiddetto โdiscorso escatologicoโ รจ molto lungo โ occupa tutto il capitolo 13 โ e vuole essere una risposta alla domanda circa il tempo successivo alla vicenda terrena di Gesรน: cosa accadrร ?
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Servendosi di idee e immagini tratte dai libri profetici, Gesรน annuncia che il tempio di Gerusalemme, che si ergeva maestoso davanti a lui e ai discepoli, andrร in rovina (cf. Mc 13,2), che ci saranno eventi che causeranno grande sofferenza agli umani (cf. Mc 13,5-23) e che alla fine โ รจ il tema del nostro brano โ il Figlio dellโuomo verrร nella sua gloria per compiere il giudizio ultimo e definitivo (cf. Mt 25,31-46). Questo discorso di Gesรน รจ un messaggio in un linguaggio codificato, secondo il genere apocalittico, un linguaggio che vuole essere rivelativo, profetico, pur risultando a volte oscuro, di difficile interpretazione.
Noi ne leggiamo per lโappunto solo la parte finale, lโannuncio della venuta gloriosa del Messia, quando si sarร verificata la distruzione del tempio e sarร passato il tempo della storia, nella quale guerre, calamitร e persecuzioni si faranno dolorosamente presenti nella vita di uomini e donne (come vediamo da che mondo รจ mondoโฆ). Dopo la terribile prova che investirร lโintera umanitร , il popolo di Israele e la chiesa del Signore, ci sarร uno sconvolgimento di tutto lโassetto dellโuniverso creato.
Non lasciamoci spaventare dalle parole di Gesรน, ma intimorire sรฌ, perchรฉ essere rivelano la โveritร โ di questo mondo che Dio ha creato, voluto e sostenuto, ma che avrร un termine, una fine: come cโรจ una fine personale, la morte, cosรฌ ci sarร una fine di questo mondo. Gesรน vuole parlare di questi eventi, per rivelare una realtร dai tratti indescrivibili. La creazione subirร un processo di de-creazione, potremmo dire un ritorno allโin-principio (cf. Gen 1,1-2), ma in vista di una nuova creazione, di un mondo nuovo, con cieli e terra nuovi (cf. Is 65,17; 66,22; 2Pt 3,13; Ap 21,1). Queste immagini non vogliono significare distruzione, decomposizione, scomparsa della materia, ma la fine degli attuali assetti della creazione, in preda alla sofferenza, al male e alla morte, per una ri-creazione, una trasfigurazione che non riusciamo neppure a immaginare.
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Ecco allora le immagini apocalittiche, ispirate da fenomeni che lโuomo contempla, ma che sono transitori, dunque non distruttori della vita: il sole che si eclissa definitivamente, la luna che perde la sua luce, le stelle che cadono dal cieloโฆ Immagini evocatrici della fragilitร dellโassetto del nostro universo, che non รจ eterno, che โ come ci assicurano anche le scienze โ ha avuto un inizio e avrร una fine. E tuttavia questo universo, che agli occhi dei credenti nel Signore Gesรน โgeme e soffre le doglie del partoโ (Rm 8,22), รจ un universo voluto da Dio e che Dio salverร , trasfigurandolo in dimora del suo Regno.
Proprio in questa โcrisiโ cosmica si manifesterร il Figlio dellโuomo, farร la sua parusia in modo glorioso, venendo dai cieli, nella luce definitiva che vincerร per sempre le tenebre: โAllora vedranno il Figlio dellโuomo venire sulle nubi con grande potenza e gloriaโ (cf. Dn 7,13-14). Lo ripeto: la venuta finale del Signore non nega la storia, ma vuole trasfigurare il nostro mondo. Ma in veritร anche questo evento chi puรฒ descriverlo? I cristiani hanno dipinto o rappresentato in mosaici nelle absidi delle chiese il Veniente nella gloria, seduto sullโarcobaleno, giudice di tutto lโuniverso, Pantokrรกtor (2Cor 6,18; Ap 1,8; 4,8, ecc.), cioรจ colui che tiene insieme tutte le cose; ma nel farlo hanno dovuto ispirarsi alla parusia, allโingresso glorioso dei re e degli imperatori, rivestendo il Figlio di Dio e Figlio dellโuomo dei tratti di una gloria umana.
In realtร , non sappiamo in che forma contempleremo il Signore veniente; possiamo solo dire che allora lo riconosceremo tutti, anche quelli che durante la loro vita non lโhanno mai riconosciuto nellโaffamato, nellโassetato, nel malato, nello straniero, nel carcerato, nellโignudo (cf. Mt 25,31-46). Anche quelli che hanno trafitto Gesรน o hanno trafitto il povero, la vittima, allora lo riconosceranno, si batteranno il petto (cf. Ap 1,7) e capiranno che le trafitture inferte allโaltro, al fratello o alla sorella, erano trafitture che raggiungevano il Signore, il quale ora si mostra giudice misericordioso ma temibile. Sarร quella anche lโora del raduno di tutti gli eletti, i giusti, quelli che hanno vissuto esercitando fiducia nellโaltro, sperando insieme agli altri, amando chi avevano accanto e, con il loro comportamento, rendevano prossimo, vicino. I figli di Dio dispersi saranno finalmente una comunione, che non conoscerร piรน nรฉ morte, nรฉ male, nรฉ peccato (cf. Is 35,10; Ap 21,4).
Quando questo accadrร (cf. Mc 13,4)? In un giorno che nessuno conosce, eppure รจ un giorno certo, รจ una promessa di Dio che si realizzerร . Non รจ il โquandoโ che conta, bensรฌ la fiduciosa certezza di un futuro orientato dalla promessa del Signore: โIo vengo presto!โ (Ap 22,20). I discepoli di Gesรน non devono dunque chiedere โquando?โ, ma devono piuttosto chiedersi se loro stessi saranno pronti ad accogliere quellโevento della parusia come salvezza, se saranno capaci di gioire davanti alla venuta del Figlio dellโuomo, se avranno saputo sperare con perseveranza in quellโora: unโora che รจ un segreto, perchรฉ neanche lโuomo Gesรน la conosceva, e neppure gli angeli, ma solo il Padre.
Per questo i credenti imparino a osservare la storia con spirito di discernimento, leggendo i โsegni dei tempiโ. Gesรน, del resto, lo aveva constatato, con un certo stupore che รจ anche unโesortazione: โSapete interpretare lโaspetto del cielo e non siete capaci di interpretare i segni dei tempi?โ (Mt 16,3). Domanda che sempre ci intriga e accende la nostra responsabilitร , chiamando in causa il nostro discernimentoโฆ
La venuta del Figlio dellโuomo sarร come lโestate che i contadini sanno prevedere, guardando soprattutto la pianta di fico: quando il fico, per il risalire della linfa, intenerisce i suoi rami e si aprono le gemme rimaste chiuse per tutto lโinverno, allora sta per scoppiare lโestate. Cosรฌ, se il credente sa leggere la storia, aderendo alla realtร quotidiana della vita umana e ascoltando la parola di Dio che sempre risuona nel suo โoggiโ (cf. Sal 95,7), allora sarร pronto per lโora della venuta temibile e misericordiosa del Signore. Si tratta โ come si legge nella conclusione del discorso (cf. Mc 13,33-37), quella con cui abbiamo aperto lโanno liturgico, nella I domenica dโAvvento โ di vegliare, di restare vigilanti, desti, capaci di esercitare lโintelligenza per discernere e non essere trovati addormentati o spiritualmente intontitiโฆ
Sarร la fine? Sรฌ, ma quella fine porta un nome: รจ il Signore Gesรน Cristo, Figlio dellโuomo e Figlio di Dio, uomo e Dio che รจ venuto nel mondo, da Dio qual era (cf. Fil 2,6), per farsi uomo, e verrร nella gloria perchรฉ lโuomo diventi Dio. Allora, finalmente, Dio sarร tutto in tutti (cf. 1Cor 15,28): tutta lโumanitร sarร in Dio e ognuno di noi sarร il Figlio di Dio.
Per gentile concessione dal blog di Enzo Bianchi.