Una giustizia che va oltre la legge
Il discorso della montagna non รจ una โnuova leggeโ, una โnuova moraleโ, ma รจ lโinsegnamento di Dio dato a Mosรจ, interpretato con autoritร , risalendo allโintenzione del Legislatore stesso. Solo Gesรน, il Figlio di Dio, poteva fare questo: in nome della sua autoritร messianica dร lโinterpretazione ultima e definitiva della Torah.
Brevi note sulla prima lettura
Siracide 15,15-20
Il sapiente, figlio di Sira, ci presente lโinsegnamento, la Torah di Dio, e i suoi comandi come un dono, non come un giogo. Lโessere umano รจ stato creato capace di libertร , capace di scegliere il bene o il male, la vita o la morte. Ogni persona dunque, proprio perchรฉ รจ a immagine e somiglianza di Dio (cf. Gen 1,26-27), รจ capax boni, รจ capace di etica, di fare il bene. Quando si pecca, si perde la somiglianza con il Creatore, ma non si perde mai lโimmagine, che resta sempre in ogni persona come sigillo. Lโuomo รจ responsabile del proprio peccato, anche se la sua fragilitร lo rende incline a commetterlo, a non vivere secondo la volontร di Dio. Per questo, anche nella preghiera insegnataci da Gesรน, diciamo: โPadre, non permettere che soccombiamo alla tentazioneโ (Mt 6,13). La nostra volontร e la grazia del Signore, in efficace sinergia, ci possono rendere obbedienti alla sua Parola.
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Dopo le beatitudini (cf. Mt 5,1-12) e la definizione di chi le vive come sale della terra e luce del mondo (cf. Mt 5,13-16), ecco il corpo del โdiscorso della montagnaโ: tre capitoli nei quali Matteo ha innanzitutto raccolto parole di Gesรน riguardanti la Legge data a Dio attraverso Mosรจ e il discepolo che vuole veramente viverla secondo lโintenzione del Legislatore, Dio. Nella parte restante del capitolo 5 Gesรน crea sei contrapposizioni tra lo โsta scrittoโ tramandato di generazione in generazione e ciรฒ che egli vuole annunciare, come unโinterpretazione della Torah piรน autorevole e autentica di quella fornita dalla tradizione dei maestri.
Gesรน comincia con lโassicurazione di non essere venuto ad abrogare la Torah, a toglierle autoritร , bensรฌ a โcompierlaโ, a svelarne il senso racchiuso, realizzandolo in primo luogo nella sua persona e rivelandone il pieno significato. Anche per Gesรน resta vero che โMosรจ ricevette la Torah sul Sinai, la trasmise a Giosuรจ, Giosuรจ la trasmise agli anziani e gli anziani ai profeti (Mishnah, Avot I,1); ma proprio in nome della sua autoritร messianica egli ne dร lโinterpretazione ultima e definitiva, dopo la quale non ce ne saranno altre. Matteo รจ stato molto intrigato dal rapporto fra tradizione e novitร del Vangelo, perchรฉ si indirizzava a comunitร cristiane di Siria e Palestina, nelle quali erano presenti numerosi giudeo-cristiani, che si interrogavano su cosa potesse essere tralasciato delle minuziose prescrizioni rabbiniche. Vi erano allora, come ancora oggi, conflitti fra tradizionalisti e innovatori, fra zelanti della Legge fino al legalismo e cristiani piรน sensibili al mutamento dei tempi e della cultura.
Secondo il primo vangelo, Gesรน resta fedele alla Torah, non la sostituisce con un insegnamento altro, ma con exousรญa, con autorevolezza, rivela, alza il velo sulla Legge e ne svela la giustizia profonda, perchรฉ sia possibile al discepolo una sua osservanza autentica. Per Gesรน non รจ sufficiente lโosservanza indicata dai teologi del tempo, interpreti ufficiali delle Scritture (gli scribi), nรฉ quella propria dei credenti impegnati e osservanti, associati nei movimenti (i farisei): vuole una giustizia superiore, piรน abbondante (verbo perisseรบo), che superi quella indicata dalle scuole rabbiniche e fissate nella casistica. Gesรน vuole inoltre che quella giustizia predicata sia osservata, vissuta da parte di chi la indica agli altri, perchรฉ proprio da questo vissuto dipendono lo stile e il contenuto di ciรฒ che si predica agli altri.
Ecco allora la prima delle quattro antitesi proposte dal brano liturgico: โAvete inteso che fu detto agli antichi: โNon uccideraiโ (Es 20,13; Dt 5,17) โฆ Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrร essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: โStupidoโ, dovrร essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: โPazzoโ, sarร destinato al fuoco della Geennaโ. Innanzitutto, cosa chiede veramente Dio al credente in alleanza con lui? Solo di non uccidere? Questo il detto tramandato, ma il non-detto รจ svelato da Gesรน: in tutte le relazioni umane occorre frenare lโaggressivitร , spegnere la collera prima che diventi violenza, fermare la lingua che puรฒ uccidere con la parola. Prima di diventare azione, la violenza cova nel cuore umano, e a questo istinto occorre fare resistenza. Lโastenersi dalla violenza รจ piรน decisivo di unโazione di culto fatta a Dio, il quale vuole la riconciliazione tra noi fratelli prima della riconciliazione con lui; anche perchรฉ la riconciliazione con lui che nessuno vede รจ possibile solo per chi sa riconciliarsi con il fratello che ciascuno vede (cf. 1Gv 4,20).
Eppure noi sentiamo il bisogno di scaricare il male che ci abita, dicendo poco o tanto male di qualcuno. Usiamo la parola come una pietra scagliata, dicendo: โQuello รจ uno stupido, uno scemo!โ, e cosรฌ autorizziamo chi ci ascolta a ritenere una persona da evitare colui che abbiamo definito tale. Del resto, giร i rabbini dicevano che โchi odia il suo prossimo รจ un omicidaโ. Ecco dunque svelata la profonditร del comandamento: โNon uccideraiโ, che significa anche โSii mite, dolce, e sarai beatoโ (cf. Mt 5,5).
Dopo la violenza viene la sessualitร , materia della seconda e della terza antitesi. Si comincia con: โNon commetterai adulterioโ (Es 20,14; Dt 5,18). Ma per Gesรน questo non รจ sufficiente. Occorre fare i conti con il desiderio che abita il cuore umano: se infatti uno desidera il possesso, se con il suo sguardo cerca di possedere lโaltro, se con la sua brama non vede piรน la persona, ma solo una cosa di cui impadronirsi, allora anche se non arriva a consumare il peccato รจ giร adultero nel suo cuore. Se si fa attenzione, qui Gesรน sposta la colpa dalla donna sedotta, giudicata sempre lei come peccatrice e causa di peccato, a chi seduce e non sa resistere al desiderio. Tutto il corpo, e soprattutto i sensi attraverso i quali viviamo le relazioni con gli altri, devono essere dominati, ordinati e anche accesi dalla potenza dellโamore, non dallโeccitazione delle passioni. Certamente non รจ facile questa vigilanza e questa disciplina del cuore, ma non รจ possibile scindere la mente, il cuore e i sensi dalla sessualitร . Proprio per questo Gesรน ribadisce (e lo farร piรน ampiamente in Mt 19,1-9) che Dio non vuole il ripudio, lโinfrazione dellโalleanza nuziale, non vuole la contraddizione alla storia dโamore sigillata nella pur faticosa avventura della vita.
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La quarta antitesi riguarda la veritร nei rapporti tra le persone. ร lโottavo comandamento dato al Sinai: โNon dirai falsa testimonianzaโ (Es 20,16; Dt 5,20). Gesรน conosce bene quello che gli esseri umani vivono: incapaci di vivere la fiducia nelle relazioni reciproche, giungono a giurare, a chiamare Dio come testimone (cf. Es 20,7; Lv 19,12; Dt 23,22). Cosรฌ avviene nel mondo, cosรฌ fan tutti, ma ecco la radicalitร di Gesรน: โIo vi dico di non giurare mai, nรฉ per il cielo, perchรฉ รจ il trono di Dio, nรฉ per la terra, perchรฉ รจ lo sgabello dei suoi piedi, nรฉ per Gerusalemme, perchรฉ รจ la cittร del grande Reโ. Alla casistica della tradizione Gesรน oppone la semplicitร del linguaggio, la veritร delle parole: Gesรน invita alla responsabilitร della parola. Il parlare di ciascuno devโessere talmente limpido da non aver bisogno di chiamare Dio o le realtร sante a testimone di ciรฒ che si esprime. Non sono necessari garanti della veritร che si esprime, e invocare il castigo, la sanzione di Dio per ciรฒ che si รจ detto come non vero o per ciรฒ che non si รจ realizzato, รจ temerario. Dio non รจ al nostro servizio e non interviene certo a punire le nostre menzogne, almeno durante la nostra vita.
E allora quando uno dice sia โsรฌโ, sia โsรฌโ, e quando dice โnoโ, sia โnoโ, perchรฉ il di piรน viene dal Malignoโ, che โรจ menzognero e padre della menzognaโ (Gv 8,44). Nessun โcuore doppioโ (Sal 12,3), nessuna possibilitร di simulazione per il discepolo di Gesรน, nessun tentativo di dire insieme โsรฌโ e โnoโ. Non รจ forse Gesรน stesso โlโAmen di Dioโ (cf. Ap 3,14), il โSรฌโ di Dio alle sue promesse, come predica Paolo (cf. 2Cor 1,19-20)? Lโessere umano rispetto agli animali ha il privilegio della parola, ma questo mezzo cosรฌ umanizzante per sรฉ e per gli altri รจ uno strumento fragileโฆ Il dominio della parola รจ davvero alla base della sapienza umana.
Quella di Gesรน non รจ dunque una โnuova leggeโ, una โnuova moraleโ, ma รจ lโinsegnamento di Dio dato a Mosรจ, interpretato con autoritร , risalendo allโintenzione del Legislatore stesso. Solo Gesรน, il Figlio di Dio, poteva fare questo.
Per gentile concessione dal blog di Enzo Bianchi