Tutta la vita del Figlio
Queste parole di Gesรน nel quarto vangelo ci danno le vertigini se le accogliamo con fede, mentre ci scandalizzano se non sentiamo una profonda e segreta attrazione verso Gesรน, destata da Dio. Dio non ci costringe, neppure si impone, porgendoci il dono del Figlio nel suo grande amore per Dio e per il mondo, ma ci fa unโofferta affinchรฉ sappiamo rispondergli nella libertร e per amore.
Siamo sempre impegnati nella lectio delle parole pronunciate da Gesรน nella sinagoga di Cafarnao: parole suscitate da reazioni e domande di quegli ascoltatori definiti nel quarto vangelo come โi giudeiโ, cioรจ quei credenti nel Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe nutriti dellโideologia giudaica dominante, forgiata dai capi religiosi del popolo, ostili a Gesรน e poi responsabili, insieme ai capi politici romani, della sua condanna.
Nella porzione di discorso proposta dallโordo liturgico per questa domenica, viene innanzitutto testimoniata una mormorazione. Gesรน aveva parlato di un pane, donato dal Padre suo, venuto dal cielo, un pane capace di dare la vita al mondo (cf. Gv 6,32-33). In seguito si era identificato egli stesso con questo pane: โIo sono il pane della vita; chi viene a me non avrร piรน fame e chi crede in me non avrร piรน seteโ (Gv 6,35), ma queste sue affermazioni risultano agli orecchi dei suoi ascoltatori una pretesa folle, scandalosa, inaudita. Per questo si domandano lโun lโaltro: come puรฒ questโuomo, Gesรน di Nazaret, che appare ed รจ realmente un uomo, rivelarsi come disceso dal cielo, dunque venuto da Dio, inviato da lui? Come puรฒ dirsi pane, dirsi cibo capace di togliere la fame? La sua pretesa risulta inammissibile, dunque irricevibile, perchรฉ attenta alla signoria di Dio (cf. Gv 5,18; 10,33).
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Proprio lโumanitร di Gesรน scandalizza, la sua carne e il suo sangue: il suo corpo fragile di creatura lo dichiara terrestre, non disceso dal cielo. Inoltre quei giudei hanno una conoscenza precisa di Gesรน, dovuta alla realtร dei fatti: รจ il figlio del falegname di Nazaret, anche sua madre รจ ben conosciuta, dunque egli viene semplicemente da questo piccolo borgo della Galilea, non dal cielo.
Di fronte a queste contestazioni e a questo disprezzo, Gesรน reagisce chiedendo in primo luogo di astenersi dal mormorare, poi dichiarando: โNessuno puรฒ venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandatoโ. Ecco il mistero della fede: non basta lโintelligenza umana, non sono sufficienti le facoltร umane per discernere chi รจ veramente Gesรน, ma occorre unโazione di Dio, colui che Gesรน stesso definisce suo Padre. Solo attraverso lโaccoglienza di questo dono gratuito si puรฒ accedere a Gesรน, attirati da questa forza divina. Aderire a Gesรน, essere coinvolti nella sua vita รจ essenzialmente grazia che accompagna, con unโassoluta preminenza sullโimpegno personale del discepolo. Certo, a questa attrazione del Padre si puรฒ rispondere con consapevolezza, convinzione, nella libertร e accedendo allโamore per Gesรน, ma le si puรฒ anche opporre un rifiuto, una chiusura.
Quando perรฒ avviene questo accesso convinto a Gesรน, allora la comunione con la sua vita รจ tale che neppure lโostacolo definitivo, la morte, puรฒ vincerla. Infatti Gesรน stesso, lui, il Risorto, farร risorgere nellโultimo giorno chi si รจ affidato a lui condividendo con lui la sua stessa vita. Siamo ormai nel tempo del compimento della profezia e se i profeti avevano annunciato che Dio stesso avrebbe istruito il suo popolo, ecco che questa azione di Dio nellโoggi si compie attraverso la presenza del Figlio sulla terra, non come istruzione per lโosservanza della Legge, ma come istruzione finalizzata allโaderire allโuomo Gesรน (cf. Is 54,13; Ger 31,33-34).
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Tutti gli umani, non solo i figli dellโantica alleanza ma tutti i figli di Adamo, tutta lโumanitร puรฒ ascoltare Dio, accogliere il suo insegnamento e quindi venire a Gesรน. Non vi รจ certo ancora la possibilitร di vedere Dio faccia a faccia, perchรฉ questo non รจ mai stato possibile nel regime della fede: solo il Figlio, che รจ da Dio, lo ha visto faccia a faccia (cf. Gv 1,18) e ne รจ la narrazione, lโinterpretazione unica e veritiera, perchรฉ chi vede il Figlio vede il Padre (cf. Gv 14,9).
Anche queste parole possono suscitare scandalo, ma qui siamo al cuore della fede cristiana: andare a Gesรน significa incontrare un uomo, con unโumanitร piena, con una carne fragile, significa incontrare un uomo che vive tra gli altri, ha sentimenti umani, parla una lingua umana, incontra gli esseri umani, si mette al loro servizio, li istruisce, li cura e li guarisce. ร in questa sua umanitร che possiamo vedere Dio e quindi compiere il cammino che ci porta ad aderire a lui. Sรฌ, perchรฉ, come Gesรน ha detto: โNessuno viene al Padre se non per mezzo di meโ (Gv 14,6). Ritorna quindi sulla bocca di Gesรน per la terza volta lโaffermazione solenne: โIo sono (Egรณ eimi) il pane della vita, il pane vivoโ. Chi parla รจ Egรณ eimi, il Nome santo di Dio rivelato a Mosรจ (cf. Es 3,14), e definisce la sua identitร quale pane, cibo per la vita.
Qui perรฒ dobbiamo fare molta attenzione e soprattutto non finire per dividere โil pane della vitaโ da Gesรน, lโuomo Gesรน, il Figlio di Dio fatto carne. Mai si deve disgiungere il Cristo, il Figlio, dalle sue parole e dal pane che egli ha donato al mondo: sarebbe un attentato alla pienezza dellโidentitร di Gesรน! E non ci si lasci ingannare dal parallelismo che egli instaura tra il pane che discende dal cielo e la manna, perchรฉ solo il movimento dal cielo alla terra lo giustifica.
La manna che Dio aveva dato ai padri nel deserto dopo lโuscita dallโEgitto era sรฌ un dono, ma per saziare la fame; non era un cibo che poteva procurare loro salvezza, tantโรจ vero che i destinatari di quel dono sono poi morti senza entrare nella terra promessa. โIl pane disceso dal cieloโ, invece, quello che il Padre dona, รจ Gesรน Cristo stesso, ed รจ decisivo per la vita eterna. Chi partecipa al banchetto di questo pane โ che lโinno liturgico per la festa del Corpo del Signore definisceย panis vivus et vitalisย โ vive la vita eterna. Assimilare questo pane che รจ Gesรน Cristo significa ricevere lโantidoto alla morte, iniziando a vivere una vita altra da quella mortale, la vita stessa del Figlio di Dio
Certo, dobbiamo ammetterlo: queste parole di Gesรน nel quarto vangelo ci danno le vertigini se le accogliamo con fede, mentre ci scandalizzano se non sentiamo una profonda e segreta attrazione verso Gesรน, destata da Dio. Dio non ci costringe, neppure si impone, porgendoci il dono del Figlio nel suo grande amore per Dio e per il mondo (cf. Gv 3,16), ma ci fa unโofferta affinchรฉ sappiamo rispondergli nella libertร e per amore. E proprio in virtรน di questa accoglienza del dono di colui che รจ disceso dal cielo โper noi e per la nostra salvezzaโ e che ha dato la sua intera vita, il suo corpo, la sua carne, il suo sangue, e il suo spirito, come dono gratuito e per tutti, vigiliamo per essere sempre capaci di credere, adorare e confessare Gesรน come lโunico nostro Signore. In questโottica, siamo chiamati a non scindere mai lโeucaristia dalla cristologia, con il rischio di cosificare il sacramento e di impoverirlo dellโimmensitร del mistero.
Questo capitolo sesto del vangelo secondo Giovanni, nellโinsistere sullโunica identitร di colui che รจ il Figlio del Padre disceso dal cielo, di colui che รจ parola di Dio ed รจ pane, cibo di vita eterna per i credenti, ci rende saldi nella fede cristiana, alla quale รจ immanente la fede eucaristica.
Per gentile concessione dal blog di Enzo Bianchi.