Vieni, Signore Gesรน, vieni presto!
Noi cristiani aspettiamo davvero lโevento della venuta nella gloria del Signore Gesรน oppure non ci crediamo, lo consideriamo un mito? Ma รจ su questa venuta che si decide la nostra fede cristiana, la quale non รจ solo unโetica nello stare al mondo, non รจ solo lโadesione a una storia di salvezza, ma รจ speranza certa della venuta del Signore: colui che รจ venuto nella debolezza della carne umana a Betlemme, verrร gloriosamente nella pienezza di Dio e Signore, per fare cielo e terra nuovi.
La prima domenica di Avvento segna anche lโinizio di un nuovo anno liturgico, in cui domenica dopo domenica la chiesa celebra e fa rivivere il mistero di Cristo morto e risorto, dinamica di salvezza sempre presente in ogni evento della vita di Gesรน, dalla sua nascita alla sua venuta gloriosa alla fine dei tempi. Questโanno il vangelo che verrร letto cursivamente รจ quello secondo Luca, che ci presenta Gesรน soprattutto come profeta che annuncia la venuta di Dio in mezzo a noi nellโumiltร , nella debolezza, nella misericordia infinita ispiratagli dal Padre suo, un Padre con viscere dโamore materne.
Avevamo concluso la lettura liturgica di Marco con lโannuncio della venuta gloriosa del Figlio dellโuomo (cf. Mc 13,26-27), e oggi lo stesso evento รจ posto davanti ai nostri occhi nella versione lucana. Sรฌ, questo evento finale e definitivo, dopo il quale cโรจ solo il regno di Dio che si instaura su tutta la creazione e su tutta lโumanitร di ogni tempo e di ogni terra, รจ lโAvvento (adventus), che significa โvenutaโ. Ecco allora il discorso escatologico di Gesรน: โVi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di genti in ansia per i maremoti e le tempesteโ (cf. Is 65,8). Gesรน si serve del linguaggio apocalittico, quello proprio di una corrente spirituale che cercava di far rinascere nei credenti la speranza, soprattutto in tempi di prova, di persecuzione e di tenebra. Nella pressura, quando sembra addirittura che la storia sfugga dalle mani di Dio, vi รจ piรน che mai una rivelazione, un alzare il velo (questo il senso letterale di apokรกlypsis, apocalisse) da parte di Dio, il quale agisce, รจ Kรฝrios, Signore, e porta a compimento il suo disegno di salvezza. Alla fine della storia i tre spazi in cui viviamo โ terra, cielo e mare โ subiranno un processo di rinnovamento che potrร sembrare un ritorno al caos primordiale: sarร invece un parto, una nuova creazione in cui il cosmo verrร trasfigurato, per diventare dimora del Regno.
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Le immagini di questa fine possono spaventarci, ma cerchiamo di decodificarle con intelligenza. Il sole, la luna e le stelle per le genti erano idoli, dรจi, ed erano adorati โ come potenze divine โ; in quel giorno della venuta del Figlio dellโuomo queste creature celesti saranno dunque demitizzate e detronizzate per sempre, perchรฉ solo il Signore nostro Dio sarร Dio e Re dellโuniverso. Di questo potere di Dio sul cosmo e sulla storia vi รจ giร stato un segno nellโora della morte in croce di Gesรน, quando โverso mezzogiorno si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio, perchรฉ il sole si era eclissatoโ (Lc 23,44-45): ovvero, tutte le creature furono turbate da quellโevento della morte del โgiustoโ (Lc 23,47), perchรฉ erano testimoni della morte del loro Signore. In quel giorno (il giorno del Signore) lโumanitร vivrร questo dramma cosmico, storico ed esistenziale: proverร angoscia (synochรฉ), sperimenterร una situazione senza via di scampo, una situazione di smarrimento e confusione (aporรญa). Ma questi sono i dolori del parto della nuova creazione che, anzichรฉ moltiplicare la paura, devono ammonirci e destabilizzare le nostre certezze mondane sugli assetti del cosmo e della storia.
Gesรน dunque qui annuncia questa epifania di Dio alla fine della storia e dei tempi, una fine che arriverร allโimprovviso. Non si tratta di un domani lontano, di un evento che riguarderร lโora nella quale, per cause intrinseche allโuniverso, esso avrร una fine cosรฌ come ha avuto un inizio: no, รจ un evento vicino, che ci puรฒ cogliere in modo da sorprenderci. Improvvisamente, senza che nessuno di noi possa prevederlo, โapparirร il Figlio dellโuomo su una nube con grande potenza e gloriaโ (cf. Dn 7,13) e la sua presenza si imporrร su tutto lโuniverso. Nessuno potrร sottrarsi a questa visione che rivelerร la piena identitร di Gesรน. Quellโuomo, Gesรน di Nazaret, che โpassรฒ facendo il beneโ (At 10,38), che fu condannato a una morte violenta e ignominiosa, lui che era innocente e giusto, capace di amare e di perdonare fino alla fine (cf. Lc 23,34), ebbene quellโuomo, che ormai รจ in Dio in pienezza e nella gloria, si rivelerร quale Kรฝrios, Signore e Salvatore dellโumanitร , Giudice del male e del bene compiuti nella storia.
Scrive il veggente Giovanni, riprendendo le parole del profeta Zaccaria (cf. Zc 12,10): โEcco, viene sulle nubi e ogni occhio lo vedrร , anche quelli che lโhanno trafittoโ (Ap 1,7; cf. anche Gv 19,37). Si noti: tutti lo riconosceranno nelle trafitture delle mani, dei piedi e del costato, trafitture non scomparse nel corpo spirituale del Risorto, come appare dalle sue manifestazioni ai discepoli dopo la resurrezione (cf. Lc 24,40; Gv 20,20.27); trafitture che gli umani gli hanno inflitto ogni volta che hanno ferito e colpito lโaltro, il fratello, il povero, lโinnocente, lโultimo, il senza voce e senza dignitร riconosciuta. Questa la parusia, la presenza manifesta del Crocifisso risorto nella gloria di Dio. ร un evento che si impone, un evento a cui nessuno sfugge, un evento temibile ma anche misericordioso, perchรฉ chi appare รจ colui che ha giร portato il peccato del mondo, รจ colui che รจ venuto a sedersi alla tavola dei peccatori (cf. Lc 7,34), รจ colui che รจ venuto per cercare e salvare chi era perduto (cf. Lc 19,10).
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Che fare dunque in attesa di quel giorno? Vigilare, stare attenti, osservare la realtร nella quale si รจ immersi, abitare la vita concreta del nostro tempo. Il contadino che vive tra gli alberi di frutta, che li conosce, li osserva e li cura, dal fico comprende anche lโandamento delle stagioni. Quando la gemma di questa pianta, appena accennata nellโinverno, si gonfia, cresce e sembra pronta ad aprirsi, allora il contadino capisce che sta arrivando lโestate. Cosรฌ, quando noi leggiamo in profonditร eventi del nostro tempo e realtร dei nostri luoghi, possiamo discernerli come โsegniโ, cioรจ segnali capaci di indicare qualcosa: segni dei tempi (cf. Mt 16,3) e dei luoghi che i discepoli di Gesรน devono essere esercitati a interpretare, per comprendere come e dove va la storia guidata da Dio e come gli uomini si oppongono a questo cammino (cf. Lc 21,29-33).
I discepoli di Gesรน, i credenti in lui dovranno dunque non abbattersi ma โsollevare la testaโ, assumere la postura dellโuomo in cammino, in posizione eretta, sorretto dalla speranza. Immagine straordinaria: lโumano in piedi, con il capo levato nella parrhesรญa, nella franchezza e nella convinzione che ciรฒ che accade รจ per la sua salvezza; lโumano che non teme e quindi cammina sicuro verso il Signore veniente. ร la postura dellโumano in preghiera davanti a Dio, che desidera lโincontro con chi ama; รจ la postura della sentinella che in piedi, sveglia, attenta, scruta lโorizzonte per essere pronta a gridare alla cittร che il Signore viene, sta per giungere e per manifestarsi nella gloria (cf. Is 62,6-7).
E come i discepoli e le discepole di Gesรน devono vivere questa vigilia, questa attesa del โgiorno del Signoreโ? Con la veglia e la preghiera! La veglia significa stare svegli, attenti, senza essere preda dellโintontimento spirituale, esito di una vita distratta, di cuori appesantiti dalle preoccupazioni mondane e di una ricerca di piaceri che stordiscono. Senza questa vigilanza, รจ impossibile mantenere un orientamento nella vita e restare in attesa della venuta del Signore, perchรฉ altre cose diventano oggetto delle nostre attese: la veglia รจ una vera lotta spirituale! E insieme alla veglia, la preghiera, che รจ stare davanti a Dio, รจ discernimento della sua presenza in noi, รจ manifestazione dellโadesione a Cristo che si vive quotidianamente; ma รจ anche invocazione, carica di desiderio, della venuta del Signore e del suo Regno, quando โDio sarร tutto in tuttiโ (cf. 1Cor 15,28).
Noi cristiani aspettiamo davvero questo evento oppure non ci crediamo, lo consideriamo niente piรน che un mito? Ma รจ su questa venuta del Signore nella gloria che si decide la nostra fede cristiana, la quale non รจ solo unโetica nello stare al mondo, non รจ solo lโadesione a una storia di salvezza, ma รจ speranza certa della venuta del Signore: colui che รจ venuto nella debolezza della carne umana a Betlemme, verrร gloriosamente nella pienezza di Dio e Signore, per fare cielo e terra nuovi (cf. Is 65,17; 66,22; 2Pt 3,13; Ap 21,1). LโAvvento, dunque, ci invita a risvegliare lโattesa del Veniente, ci invita a invocare: โMarana tha (1Cor 16,22)! Vieni, Signore Gesรน (Ap 22,20), vieni presto!โ.
Per gentile concessione dal blog di Enzo Bianchi.