La prima lettura descrive la celebrazione di una Liturgia della Parola. Il popolo si raduna in assemblea. La Parola viene proclamata pubblicamente. Esdra solennemente apre il testo. Gli uditori stanno in piedi. La Scrittura viene spiegata per parti. Il popolo risponde commosso. La celebrazione si conclude con un invito alla condivisione della gioia.
Pregare la Parola
Il testo di Neemia, è occasione per riconsiderare il rapporto che abbiamo con la Scrittura, quale base della nostra preghiera quotidiana, e per riflettere sul metodo della Lectio Divina che è strettamente legato alla lettura liturgica della Parola.
Il metodo della Lectio Divina ci è consegnato dalla tradizione monastica. È un metodo che nel Medio Evo ha ricevuto la sua strutturazione, diventata canonica, in cinque tappe: lettura, meditazione, contemplazione, collazione e azione. Seguendo queste cinque tappe si passa dalla preghiera alla vita e la vita viene così illuminata dalla preghiera.
La ricchezza della Lectio Divina consiste nel fatto che coinvolge il credente in tutte le sue dimensioni. Coinvolge la sua corporeità, perché richiede che si ponga attenzione al luogo, al gesto, ai tempi della preghiera. Coinvolge la sua dimensione intellettuale, la sua affettività, la sua memoria e la sua immaginazione. Infine coinvolge la sua responsabilità, in quanto egli è portato a rispondere con la vita a quanto ha letto e meditato.
La Lectio ha un suo grande valore nel consentire il superamento della superficialità dell’ascolto, un’insidia sempre pericolosa per tutti, ma in modo particolare per coloro che più sovente frequentano la Scrittura. Infine la Lectio ha il suo grande valore nel fatto che non si tratta di una lettura qualsiasi della Scrittura, bensì di una lettura nella fede, animati dallo Spirito Santo, e che suscita e nutre la fede.
Attualizzazione o attualità
Proprio il testo del vangelo ci porta in questa direzione. Una delle grandi ambiguità riguardo alla Scrittura è quella che si riveste del termine nobile di «attualizzazione». Con questo termine si vuole affermare che si deve accostare il testo sacro conferendogli senso e valore in consonanza ai problemi del presente. Il che significa, implicitamente, che la Scrittura, e la Parola in essa contenuta, sono piegate alle esigenze del presente. È un nobile intento, far collimare Parola e presente, ma parte da un presupposto errato: la priorità del presente.
La Parola non è da attualizzare. La Parola è attuale. Ciò significa riconoscere un’efficacia alla Parola per potenza della Parola stessa, che non viene dalla sua adattabilità al presente ma dall’essere giudizio sul presente e rivelazione di Dio.
La liturgia della parola di Gesù
Quando Gesù, nella sinagoga di Nazaret, legge il passo del profeta Isaia celebra anch’egli una Liturgia della Parola. Quindi, in un succedersi di azioni sapientemente descritte da Luca, che in tal modo sposta l’attenzione dal testo letto alla persona di Gesù, facendone il centro di tutto il suo discorso, egli commenta semplicemente dicendo: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato» (Lc 4,21).
L’«oggi» è certamente l’oggi del presente storico di Gesù. Cioè la persona di Gesù che compie le promesse di Dio scritte dal profeta Isaia. Ma anche l’oggi della perenne efficacia di quel compimento. L’oggi che si realizza ancora oggi, nel nostro oggi e in ogni oggi.
Il commento di Gesù è l’annuncio di una salvezza che si compie in lui e che continua nella storia. È la rivelazione del volto di Dio che si rivolge ai credenti che accolgono quella Parola. Non si tratta dunque solo di un oggi puntale nella storia, ma di un oggi salvifico che ci porta dalla meditazione alla contemplazione del volto di Dio.
Da questa contemplazione deriva una conversione. Il messaggio annunciato è un messaggio di speranza, che muove alla speranza come orientamento e prassi della fede. Come disse Jürgen Moltmann, quando aderì al programma teologico di Johann Baptist Metz, si tratta di passare dalla teologia della speranza a concrete azioni di speranza.
Per gentile concessione di ElleDiCi