“Maestro, non t’importa che siamo perduti?”
Difficile dimenticare come il Papa abbia fatto riferimento a questo brano del vangelo nel pieno della Pandemia per affermare che Gesù è sulla nostra stessa barca agitata e in tempesta. Questo ci consola e ci dà speranza. Ma se da un lato vorremmo sempre che gli altri si mettano nei nostri panni, condividano o comprendano le nostre difficoltà, cosa succede invece quando è chiesto a noi di metterci nella stessa barca in cui navigano gli altri? Forse a volte ci capita di vedere il disagio in cui si trovano e non ci importa nulla che siano perduti.
A volte al freddo ed esplicito disinteresse, può sostituirsi una più formale e meno esplicita indifferenza, che non cambia le cose. Anche dire “prego per te” può diventare una formula stereotipata che non corrisponde ad un reale farsi carico della situazione in cui si trova l’altro. Se a volte non ci spinge la pietà e la compassione umana ad entrare in empatia con gli altri e a compiere gesti di solidarietà, dovrebbe almeno motivarci la fede di essere tutti figli di Dio, di appartenere indistintamente al suo popolo, e, ancor di più, il senso di riconoscenza verso la misericordia che Gesù ha usato verso di noi, donandoci la sua stessa vita.
In breve
Il Signore ama rimanere sulla tua stessa barca, anche se il mare è agitato e in tempesta. Ma tu accetti di restare accanto agli altri, di farti compagno di viaggio, anche quando la loro barca è agitata dalle onde e dal vento?
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