“Rendetelo a Cesare”
L’indicazione di rendere a Cesare quello che è di Cesare, non va soltanto riferita all’ambito politico o economico del rapporto tra Chiesa e Stato. Sebbene il contesto in cui Gesù proferisce questa espressione riguardi il pagamento di una tassa, tuttavia la parola di Dio riserva un’estensione sempre più ampia rispetto alla situazione storica in cui si è verificata. Spesso infatti si confonde il fine per cui si agisce e non si ha presente se si agisce per Cesare o per Dio. Spesso infatti si agisce o per ragioni economiche, sociali o pratiche in termini di tempo e di convenienza, dimenticando che le azioni che si compiono hanno anche un valore spirituale. Il pagamento della tassa è un atto di giustizia prim’ancora che un’azione economica. Così guardando al valore spirituale delle azioni che si compiono si può giungere ad esempio anche ad accettare un’offesa, una situazione di mancanza di rispetto come esercizio di mitezza, di magnanimità. Riconoscere il valore spirituale delle nostre azioni ci aiuta a riconoscere quello che è di Cesare e quello che è di Dio, a dare un peso ben diverso alle situazioni rispetto a quello che il senso sociale o le misure economiche richiederebbero.
In breve
Se hai presente soprattutto il valore spirituale delle tue azioni riesci a dare a Cesare e a Dio ciò che è loro proprio, e a dare un peso diverso alle situazioni rispetto a quanto richiede solo il contesto economico o sociale.
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Commento a cura di don Vincenzo Marinelli
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