«La comunità cristiana non ha bisogno di personalità brillanti ma di fedeli servitori di Gesù e dei fratelli». Dietrich Bonhoeffer
Siamo vicini alla conclusione di questo anno liturgico e dell’ascolto del vangelo di Matteo nelle domeniche, l’interrogativo cruciale è: quanto siamo maturati come discepoli di Gesù? Quanto siamo cresciuti in capacità di cura e di servizio verso gli altri e nei confronti della comunità? I nostri rapporti sono cambiati o proseguono come nulla fosse come prima? Sono deteriorati in termini di dominio e di superiorità?
Se abbiamo pensato che la chiesa sia un trampolino di lancio per ricevere stima o un palcoscenico per ottenere appalusi o per meglio essere più precisi la chiesa è un luogo per poter esercitare il potere sugli altri, abbiamo sbagliato di grosso, a questo punto meglio frequentare altri posti più gratificanti. Quando la tenerezza e la compassione delle relazioni umane non sono improntate al rispetto verso l’altro, le parole che Gesù rivolge agli ipocriti (teatranti del religioso) del suo tempo, sono rivolti anche a noi, oggi, una tentazione pericolosa che si insinua spesso.
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Fate come dicono
C’è un detto che sovente si applica alle guide religiose, “predicano bene e razzolano male”, ma forse siamo anche noi di quelli che diciamo e non facciamo? Gesù mette in guardia da quelle “guide” e dalle “autorità” deformate. Il rischio è di occuparsi più della forma piuttosto che della sostanza, una contraddizione delle autorità religiose, e non solo, che possono abusare e approfittare.
Gesù denuncia l’incoerenza. Gesù non è rigido ma rigoroso, ci sono anche parole piene di affetto, mette in guardia i discepoli e ammonisce le guide: non fate così! Sia però chiaro che queste sue parole vanno a colpire vizi religiosi non solo giudaici ma anche cristiani! “Guai a noi, miserabili, che abbiamo ereditato i vizi degli uomini religiosi!” commentava San Girolamo. Gesù non fa di tutta l’erba un fascio, non si scaglia contro i tutti i farisei, tutti i sacerdoti, tutti i maestri, ma contro coloro che in quel preciso tempo dominavano ed erano al comando
Formalismo religioso e ipocrisia
Chi di noi non desidera essere amato, stimato, apprezzato? Diverso è lottare per essere ammirati, la tentazione è di scivolare verso l’esteriorità. Il formalismo religioso perverte il discepolo che si serve del ruolo per spadroneggiare e ricevere consenso dagli altri con l’obiettivo di fare adepti, creando élite e circoli chiusi per autocompiacersi. Predicavano ai fedeli ma in realtà non osservavano quanto dicevano erano persone divise, che con le labbra dicevano una cosa ma con il cuore ne pensavano altre: “Questo è il vizio di chi pensa di avere un potere sugli altri e vuole dunque mostrarlo, per essere riconosciuto dalla gente. (…) Quante volte questi atteggiamenti coprono intenzioni squallide e menzognere! L’immagine della chiesa e l’esperienza che a volte si fa all’interno, non è esente da scandali e abusi di coscienza da parte delle gerarchie, una bestemmia davanti al cospetto di Dio!
Siamo tutti fratelli
Dove è la fraternità? Dove sei Adamo? Scrive Ermes Ronchi: La fraternità ha fatto naufragio nella storia umana, è trauma e sogno, sempre ferita, sempre minacciata, sempre a rischio. Gesù poi evidenzia un altro errore che sgretola e avvelena dal di dentro la vita: l’amore del potere. Non fatevi chiamare maestro, o dottore, o padre, come se foste superiori agli altri. Voi siete tutti fratelli. un mondo fondato sul concetto di potere e di nemico, non è una civiltà, ma una barbarie. Ma noi siamo sempre impreparati ad essere fratelli e sorelle.
Nella liturgia risuonano ogni giorno parole come fratelli e sorelle, una famiglia (sic!), dove si ha cura l’uno dell’altro, ma nella realtà appaiono svuotate di significato quando nella comunità cristiana si cercano ruoli, prestigi, invece di prestare attenzione all’altro, al più fragile, invece di servire anziché servirsi: “Sappiamo che sotto vestiti ricercati e orpelli sontuosi si nascondono ecclesiastici umilissimi o poveri” (E. B.).
Uno solo è il Maestro
Nella chiesa non dovrebbero esistere gerarchie, titoli come eccellenza, eminenza, monsignore, questo esibizionismo religioso purtroppo è tanto presente, ancora oggi, nelle nostre chiese! (E. Bianchi), nella chiesa dovremmo sentirci liberi fratelli e libere sorelle alla ricerca dell’unico Padre, servi gli uni della felicità degli altri. Nella chiesa piuttosto che occupare spazi, ruoli, posizioni di potere, occorre fare spazio a Gesù. La peggiore sventura che possa capitare quando si entra in chiesa e si partecipa ai momenti di preghiera è non accorgersi del Padrone di casa.
Domande
- Cerco riconoscimenti nella chiesa e nella comunità che frequento?
- Ammirazione, titoli, contare, potere, in cosa mi riconosco?
Preghiera
Signore, il vangelo di oggi è anche per me, mi ricorda che al centro non ci sono io, al centro occorre fare spazio a Gesù che è venuto per rendere più bella la mia vita se mi conformo alla buona notizia.
Per gentile concessione di don Vincenzo Leonardo Manuli
Link all’articolo del suo blog
Don Vincenzo è nato il 7 giugno 1973 a Taurianova. Dopo la laurea in Economia Bancaria Finanziaria ed Assicurativa nell’Università Statale di Messina conseguita nel 1999, ha frequentato il Collegio Capranica a Roma dal 2001 al 2006. Ha studiato filosofia e teologia presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma dal 2001 al 2006 retta dai padri gesuiti della Compagnia di Gesù. […]