Parole, immagini, sentenze, parabole, riguardano la vita del discepolo e della Chiesa e il vangelo è lo specchio per vagliare la nostra fede. Gesù mette in guardia, soprattutto la vita dei credenti: Può forse un cieco guidare un altro cieco? Si può vedere con la trave nell’occhio? Il discepolo è più grande del Maestro? La retorica è fatta anche di domande. Gesù afferma mettendo i guardia discepoli e pastori: “Attenzione, voi che avere la missione di guidare, di accompagnare, di correggere, e poi non avete un’autocritica su sé stessi.
La strada
Chi non sa la strada, chi non ci vede, non può fare da maestro o guidare gli altri. Il Maestro è lui, noi siamo dei guariti, e noi possiamo guidare gli altri ciechi se il Signore non ci guarisce, senza pretendere di superarlo. L’occhio di trave storpia la realtà: ”I miei occhi, accecati dalle schegge del rancore o della rabbia, oppure appannati dalla malinconia e dalla angoscia, distorcono la realtà, la trasfigurano, proiettano sull’altro i miei fantasmi: e allora le mancanze e gli errori degli altri mi sembrano un’onda minacciosa pronta a farmi affogare, un masso in bilico messo là apposta per schiacciarmi”(L.V.). Il fratello cristiano, nella vita quotidiana della comunità, può essere chiamato a correggere il fratello perché questa è una necessità della vita comune, ma senza superiorità, per camminare insieme comporta l’aiutarsi a vicenda, fino a correggersi. È tutta questione di occhi.
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Correggere il tiro
Non solo questione di occhi, ma anche di parole. C’è la trave del pregiudizio, c’è Gesù riprende questa osservazione quando afferma: «La bocca esprime ciò che dal cuore sovrabbonda». Quando uno abitualmente dice malignità e cattiverie è segno che il suo cuore è pieno di cattiveria: si vede il male, perché c’è dentro il cuore. Quando invece il cuore è buono, emerge il bene (G.C.). Gesù interviene anche a proposito della correzione, “questa non può essere mai denuncia delle debolezze dell’altro; non può essere pretesa manifestazione di una verità che lo umilia; non può mai anche solo sembrare un giudizio né l’anticamera di una condanna già pronunciata nel cuore.
Purtroppo nella vita ecclesiale spesso la correzione, anziché causare conversione, perdono, e riconciliazione, produce divisione e inimicizia, finendo per separare invece che per favorire la comunione. Il peccato degli altri ci scandalizza, ci turba, ci invita alla denuncia e anche questo ci impedisce di avere uno sguardo autentico e reale su noi stessi. Ciò che vediamo negli altri come “trave”, lo sentiamo in noi come pagliuzza; ciò che condanniamo negli altri, lo scusiamo in noi stessi. Allora meritiamo il giudizio di Gesù: “Ipocrita!”, perché ipocrita è chi è abitato da uno spirito di falsità, chi non sa riconoscere ciò che è vero e anzi è diviso tra ciò che appare e ciò che è nascosto, tra l’interiore e l’esteriore” (E.B.).
Il discepolo e il maestro
Mettiamoci alla scuola di Gesù, è lui il Maestro, seguiamo i suoi passi, non sentiamoci salvatori (sic!) ma peccatori bisognosi di perdono. Gesù non ha mai disprezzato nessuno. Lasciamoci illuminare da Cristo, se abbiamo, per suo dono e per sua grazia, la capacità di guardare il mondo con i suoi occhi. Comportamenti, parole, rispecchiano quello che c’è dentro il cuore, se il cuore è buono, perché hai aderito a Gesù, dal tuo cuore cristiano nascono parole buone.
Il Signore guarisca il nostro cuore cattivo perché possa esserci un buon tesoro dentro di noi: il Vangelo. E sulle nostre labbra sempre fiorisca una parola proporzionata a Cristo, una bella parola di bene! (G.C.).
Per gentile concessione di don Vincenzo Leonardo Manuli
Link all’articolo del suo blog
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Don Vincenzo è nato il 7 giugno 1973 a Taurianova. Dopo la laurea in Economia Bancaria Finanziaria ed Assicurativa nell’Università Statale di Messina conseguita nel 1999, ha frequentato il Collegio Capranica a Roma dal 2001 al 2006. Ha studiato filosofia e teologia presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma dal 2001 al 2006 retta dai padri gesuiti della Compagnia di Gesù. […]