Non basta aver vissuto un incontro eccezionale, bisogna comunicarlo, raccontarlo, RIDIRLO, ma c’è una fatica nel riconoscere il Risorto e quindi la difficoltà a RIDIRE un evento che permette non solo di ricordarlo e custodirlo, fissandolo nella memoria del cuore, ma anche di riviverlo e consegnarlo ad altri che raccontandolo a loro volta, possano mantenerlo “vivo” nel tempo.
Non è facile per i discepoli, dopo l’esperienza traumatica della Passione e della morte di Gesù, accoglierlo risorto in mezzo a loro. Stupore, spavento e gioia sono sentimenti che ritornano continuamente nei vangeli della Pasqua.
Centrali sono le Scritture, è il Risorto che apre la mente ai discepoli a comprenderne il senso degli eventi. Il cuore pulsante di questa narrazione è il racconto della Pasqua di Cristo, un evento che si RIDICE, si racconta, si prolunga, e che diventa per i suoi discepoli l’annuncio urgente da comunicare al mondo per illuminarlo di senso, umanizzarlo e renderlo sensibile al dono della salvezza che in Gesù il Padre offre a ogni carne.
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Quello che i due di Emmaus narrano agli Undici e a quanti sono con loro è un racconto squisitamente pasquale, fatto da testimoni. Essi non raccontano di un fantasma ma di un vivente, ecco perché Gesù mostra loro le mani e i piedi che recano i segni indelebili della croce. Quello che è accaduto non è stato solo un episodio spiacevole da dimenticare, ma un sacrificio in cui è stato possibile riconoscere l’amore di Dio per l’umanità che, mediante l’atto umanissimo del lasciarsi nutrire, dà prova di avere «carne e ossa» e che offre loro la chiave per accedere alla “settima stanza” delle Scritture.
I testimoni descrivono un incontro ricco e trasformante, il racconto è talmente accorato e appassionato da attirare la presenza di Gesù in persona, un Gesù vivo e vivificante, che illumina i passi del cammino e scalda parole e decisioni. In questi racconti post pasquali c’è il kerygma, la memoria della comunità cristiana che nel raccontare soprattutto il gesto dello spezzare il pane sperimenta la concretezza e l’attualità della presenza del Risorto, si tratta della memoria dei «testimoni» che scorgono nella storia il filo rosso dell’agire del Dio artefice di tutto ciò che esiste, un agire che ha radici lontane, che parte dall’alleanza con i patriarchi, si manifesta con forza nell’alleanza con Mosè, attraversa gli scritti profetici e sapienziali e arriva fino a Cristo che, invece di essere accolto come l’apice dei doni del Padre, viene consegnato, rinnegato ed eliminato.
In Gesù abbiamo così la vera immagine del volto di Dio e chi ne ha fatto l’esperienza non può tacerla, questa notizia è così bella che va portata a tutti. Anzi, tutta la storia d’amore tra Israele e Dio era volta proprio a mostrare che il Padre ha un amore grande, che perdona i suoi figli, prima Israele e quindi tutti gli altri. La vicenda d’Israele è servita per mostrare concretamente al mondo che il rifiuto di Dio è vinto dall’amore del Creatore che non rifiuta e non rinnega le sue creature.
I “testimoni” non raccontano di un fantasma ma di un vivente che, mediante l’atto umanissimo del lasciarsi nutrire, dà prova di avere carne e ossa e che offre loro la chiave per accedere alla “settima stanza” delle Scritture: la passione e la risurrezione di Cristo che prende su di sé il dolore e il peccato dell’umanità per offrire a tutti una vita nuova, cioè redenta, salvata, giustificata.
Annunciare che Gesù è Risorto vuol dire RIDIRE la gioiosa notizia che trasfigura la storia, siamo sulla stessa strada dei due di Emmaus che lo avevano provato lungo la via, mentre Gesù spiegava loro le Scritture: il loro cuore, triste e disilluso, aveva cominciato ad ardere di un fuoco nuovo, di una speranza inaspettata. Ora Gesù permette a tutti i discepoli di fare la stessa esperienza, e anche noi, a distanza di duemila anni, siamo invitati a compiere lo stesso itinerario, a raccontare, custodire, RIDIRE e a farci condurre da Gesù per comprendere la sua e la nostra vita, a leggere le Scritture per ricevere quella luce che rischiara e permette di cogliere le strade di Dio.
Per gentile concessione di don Vincenzo Leonardo Manuli
Link all’articolo del suo blog
Don Vincenzo è nato il 7 giugno 1973 a Taurianova. Dopo la laurea in Economia Bancaria Finanziaria ed Assicurativa nell’Università Statale di Messina conseguita nel 1999, ha frequentato il Collegio Capranica a Roma dal 2001 al 2006. Ha studiato filosofia e teologia presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma dal 2001 al 2006 retta dai padri gesuiti della Compagnia di Gesù. […]