Impuro! Impuro!
Impuro! Impuro! Doveva gridare al suo passaggio il povero lebbroso, coperto di stracci. Impuro! Impuro! Ad alta voce affinché tutti si accorgessero della sua presenza e avessero il tempo di scappare ed evitare qualsiasi tipo di vicinanza con il malato. Il lebbroso, per la legge, era obbligato alla SOLITUDINE e ad abitare FUORI dalla comunità e a GRIDARE IMPURO, IMPURO. In tempi più “vicini” a noi il lebbroso aveva un campanello addosso in modo tale da avvertire in anticipo del suo passaggio, così che le persone avevano il tempo per mettersi al riparo.
C’era una grande paura attorno la malattia della lebbra. Il possibile contagio così poteva essere scongiurato e quando parlo di contagio, non si tratta di un fatto strettamente e solo fisico. La malattia aveva, infatti, ripercussione sia fisiche che spirituali, secondo la Tradizione. Ecco perché il grido: Impuro. L’impurità è un termine specificatamente spirituale.
Davanti a un malato di lebbra c’erano due conseguenze o reazioni:
- Fisiche: si stava ben lontani da un malato di lebbra, per paura di ammalarsi; la legge che prevedeva l’allontanamento da un ammalato in realtà manifestava un’autentica preoccupazione igienico-sanitario, per scongiurare il peggio.
- Spirituali: si riteneva, infatti, che la malattia, qualsiasi tipo di malattia, ma soprattutto quella della lebbra, era causata da una situazione di peccato scelto dal soggetto infetto: “Se sei lebbroso è perché hai peccato contro Dio!”. Tutto questo per la Legge della retribuzione che ritroviamo nella Bibbia e soprattutto nel Primo Testamento. Di conseguenza, chi veniva in contatto con un lebbroso, toccandolo, non solo rischiava di contrarre la lebbra, ma certamente diventava spiritualmente un impuro e, a un impuro, non era permessa l’esercizio della vita religiosa e comunitaria, toccava l’esclusione dalla comunità, si era messi fuori dalla comunione, impossibilitati a creare legami.
Oggi, proviamo, a portarci addosso questo grido: IMPURO! IMPURO!. Cerchiamo di immaginare il campanello che suona sopra la nostra testa, gli sguardi di giudizio che abbiamo attorno, il sospetto, la paura, la distanza che altri potrebbero tenere da noi.
Forse, questa situazione narrata dalla parola di Dio, è di una attualità disarmante e illuminate insieme: il guardarci con sospetto, la paura di un contagio, il distanziamento, la mascherina, il giudizio, l’impossibilità di toccarci, il puntare il dito e in tempi peggiori il gridarci addosso cattiverie perché “fuori legge” rispetto i vari DPCM. Tanti poliziotti, tanti giudici, tanti boia… Impuro! Impuro!
Venne da Gesù un lebbroso e lo toccò
Ma poi c’è Gesù, il grande trasgressore della legge. E un lebbroso che anche lui trasgredisce la legge perchè si avvicina a Lui, pur rimanendo a una certa distanza, entra in relazione con lui- sebbene non fosse permesso – e non lo fa gridando “impuro, impuro” ma supplicando attenzione, chiedendo una guarigione, pregando uno sguardo amorevole.
E Gesù che non solo non scappa, non solo si ferma ad ascoltarlo – e già questo è un gesto di comunione – ma fa di peggio: lo TOCCA!
Credo che mai, il verbo toccare abbia assunto un significato così intimo e bello e una potenza così grande. Gesù trasgredisce la legge, si avvicina al lebbroso, entra in relazione con lui, e da escluso lo crea vicino, da intoccabile lo fa toccabile e da malato lo rende sano.
In questa guarigione c’è molto di più di una semplice liberazione della malattia. Gesù ridona la vita all’uomo e ritorna a essere PERSONA, perché nuovamente reso capace di comunicare, di ascoltare, di parlare, di pensare di creare legami di comunione e prossimità con gli altri, mentre Gesù, il trasgressore, per la legge è diventato un impuro, si è messo nella condizione di essere un escluso. Gesù il figlio di Dio, si va fuori (ma rimaneva fuori – dice il vangelo), affinché altri siano portati dentro, siano reintegrati nella comunità.
Lo voglio sii purificato
Credo che questo sia un grande compito della nostra chiesa e di ciascuno di noi: ammettendo di essere noi per primi i bisognosi di guarigione, cercare gli esclusi, i “buttati fuori” per offrire loro la grazia di ascoltare le potenti parole di Gesù: Lo voglio sii purificato e, così, farsi toccare da lui, anche ATTRAVERSO DI NOI.
Siamo chiamati a essere questa mano che tocca, che abbraccia, per ridurre le distanze e non per crearle.
Commento alla Parola della domenica a cura di don Vanio Garbujo. Visita il suo sito www.igiornidelrischio.com