Ma Gesù non gli diede risposta. Gli disse allora Pilato: «Non mi parli? Non sai che ho il potere di metterti in libertà e il potere di metterti in croce?».
Di fronte alle accuse, all’ingiustizia e alla meschinità di quegli uomini, decise che era giunto il momento di mettere a tacere le parole e rimanere in silenzio. Mentre Pilato lo interrogava e le folle gridavano sempre più forte, mentre si alzava la voce dei capi del suo stesso popolo che volevano a tutti i costi ottenere quella condanna, la più ingiusta che la storia dell’umanità abbia mai conosciuto, non disse più alcuna parola.
Quanto pesa questo silenzio, quanto ci scandalizza il silenzio di un Dio che non strepita né urla di fronte al male, che non si scaglia con violenza contro l’ingiustizia, che sembra non combattere per opporsi alla crudeltà e pare scegliere invece di deporre le armi. Ancora oggi il silenzio di Dio di fronte al grido di dolore di un’umanità oppressa dal male, sfinita, confusa e disorientata, ci lascia attoniti o forse ci fa rabbia.
Eppure quello di Gesù è davvero un silenzio pesante. Non è vuoto, né privo di consistenza. Non è il tacere di chi è incapace di dare una risposta o di trovare un perché. Non è certo il mutismo di chi si accorge di non avere più argomentazioni valide.
Quel silenzio, al contrario, diventa possibilità di udire voci altre, del tutto differenti, inedite. Sonorità delicate che sarebbero sommerse dalle urla violente, e che invece si possono udire proprio in un silenzio che si rivela carico di senso. Anche quando ci può essere la tentazione di gridare di fronte al dramma della solitudine e della sofferenza, della malattia e della morte, il silenzio e la mitezza restano la sola risposta possibile, l’unica che può spezzare il giogo del male. E Gesù sceglie proprio questa via.
In effetti, come avrebbe potuto far valere ragioni diverse, come sarebbe riuscito a scardinare le logiche di violenza, di oppressione e di odio dei suoi persecutori se li avesse combattuti con le loro stesse armi?
Quando attorno a te migliaia di persone, o forse più, parlano senza mai dire veramente qualcosa e sentono senza mai ascoltare davvero, a che cosa serve alzare la voce?
Quel silenzio è la sua parola più eloquente, perché dice una differenza e in quella differenza c’è una strada nuova, una strada di vita e di pienezza che anche noi siamo chiamati a percorrere. E allora nessuno osi disturbare il suono del silenzio.
“La parola è una delle forme fondamentali della vita umana; l’altra forma è il silenzio, ed è un mistero altrettanto grande. Silenzio vuoi dire non soltanto che non si dice una parola e non si estrinseca un suono. Questo soltanto non è silenzio; anche l’animale è capace di tanto, e più ancora lo è un sasso. Silenzio è invece ciò che si verifica quando l’uomo, dopo aver parlato, ritorna in se stesso e tace. Oppure quando egli, potendo parlare, rimane zitto. Tacere può soltanto chi può parlare. Nel fatto che colui che parlando sarebbe «uscito fuori», resta nel proprio riserbo interiore, in ciò consiste il silenzio: un silenzio che sa, che sente, che vibra di vita in se stesso. Le due cose ne fanno una sola. Parlare significativamente può soltanto colui che può anche tacere, altrimenti sono chiacchiere; tacere significativamente può soltanto colui che può anche parlare, altrimenti è un muto. In tutti e due questi misteri vive l’uomo; la loro unità esprime la sua essenza”.
ROMANO GUARDINI
The sound of silence
Simon & Garfunkel
AUTORE: don Umberto Guerriero
FONTE: #Vangeloasquarciagola (canale Telegram) – Sito