Accogliete!
Luminarie, alberi, presepi, doni… Tutto bello se tutto è uno stimolo a generare Gesù in noi.
Il vangelo dell’ultima domenica di Avvento si apre come l’incipit di una notizia di cronaca: «Così fu generato Gesù Cristo». Per capire il racconto che segue, però, è necessario conoscere ciò che è accaduto prima. Il “prima” è una lunghissima vicenda di “sì a Dio”, che inizia con quello di Abramo che accoglie il misterioso richiamo ad abbandonare la sua terra, le sue greggi, le sue sicurezze per avventurarsi verso una terra sconosciuta. Dopo Abramo, la storia continua con le vicende di uomini e donne, che, superando negazioni e deviazioni, proseguono nel “sì a Dio”, anche quando da loro non ce lo si sarebbe aspettato, fino a Giuseppe. Questi, chiamato a credere a un segno che aveva spaventato il re Acaz: «La vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele», dice il suo sì, prendendo con sé Maria, anche se già incinta. Ecco come «fu generato Gesù Cristo».
Gesù fu generato da una sequenza di sì, che i no, pur numerosi e decisi, come quello di Acaz – incrollabile nonostante il profeta Isaia fosse pronto a certificarlo con un segno straordinario «dal profondo degli inferi oppure dall’alto» – non erano riusciti a fermare. Gesù è stato generato, è venuto su questa terra, è entrato nella nostra storia, perché è stato accolto da uomini e donne, da Abramo a Maria e Giuseppe, che hanno detto sì a Dio. Grande mistero! Dio, per il quale nulla è impossibile, per donarci suo Figlio si è affidato alle libere scelte delle sue creature.
E adesso? Questa storia straordinaria, umanamente impensabile, non si interrompe e non si ferma, perché Gesù che “fu generato” a Betlemme continua a essere generato oggi per mezzo di coloro che lo accolgono, dicendo “sì” alle sue richieste che invitano a uscire dalla propria terra, da ciò che sembra abituale e normale, come hanno fatto gli uomini e le donne da Abramo fino a Maria e Giuseppe.
Il percorso dell’Avvento che ci ha invitato a “vegliare” per essere capaci di aprire gli occhi su ciò che umanamente non appare, a “raddrizzare” le deviazioni verso ciò che è facile e promettente, a “preparare” pensieri, sentimenti, comportamenti adeguati, si conclude con l’invito ad “accogliere” Gesù, facendolo nascere nella nostra vita, e nella nostra piccola storia senza “temere”, anche se ci sembra al di fuori della nostra portata, come fu per Acaz, e come può apparire a noi. Quest’ultimo verbo dell’Avvento è quello che rende vero il Natale, questo Natale.
Dal punto di vista umano e sociale, questa domenica è già Natale. Le città brillano di luminarie, gli alberi e i presepi sono accesi nelle piazze, nelle vetrine, nelle case, i doni sono pronti. Tutte cose belle che aumenteranno di intensità fino al culmine della Messa di Mezzanotte che vedrà la presenza anche di coloro che entrano in chiesa soltanto in questa occasione. Tutte cose belle che a molti danno fastidio perché: non sono “niente altro che esteriorità che nascondono o annullano il valore autenticamente religioso della festa, a favore di una manifestazione folcloristica e consumistica, e che trasformano la gioia spirituale in allegria scomposta”. È vero. Questo può succedere. Ma niente impedisce di prendere da questi segni lo stimolo a ricordare “come fu generato Gesù Cristo” e come oggi chiede di essere generato.
Non è detto che i “sì” di coloro che umilmente e generosamente sono impegnati ad accogliere il Signore per continuate a “essere generato” nel nostro oggi sarebbero più numerosi, se questa festa passasse senza luminarie, senza alberi, senza doni, senza gioia.
Ma poi… Quando fu generato Gesù a Betlemme, il Cielo non si risparmiò: una stella speciale guida i Magi, c’è “la gloria del Signore” che avvolge di luce i pastori e “una moltitudine dell’esercito celeste” che riempie il cielo di lodi e di canti a Dio. Se non è festa questa…
E, allora, se il cielo fece festa, perché non dovremmo farla noi?
Fonte: Paoline