Due temi sono evidenti nel Vangelo di oggi, uno è quello della preghiera, l’altro è quello della fede.
Gesù sale sul monte a pregare. Noi sentiamo spesso frasi come pregare è fare del bene, esercitare la carità, in modo concreto, impegnarsi per gli altri.
Gesù annuncia il Regno di Dio, guarisce, accoglie, si impegna per gli altri, li ha sfamati, ha moltiplicato i pani e i pesci, eppure sente di ritirarsi sul monte a pregare. Evidente non gli basta, anche se la sua vita è una vita di completa donazione, ma occorre qualcosa di più: questo colloquio intimo di amore con il Padre. Qualcuno potrebbe obbiettare, ma non siamo mica dei monaci, la vita è complessa: famiglia, lavoro e tanto altro. Vero non siamo monaci o monache che hanno avuto la chiamata alla vita contemplativa e di preghiera, ma è doveroso adorare e ringraziare Colui che ci ha donato la vita e ci salvati e redenti.
Un equivoco in cui corrono il rischio di cadere anche tanti cristiani, impegnati è quello di ritenere sufficiente che qualsiasi cosa io faccia pensi a Dio e così tutta la mia vita diventa preghiera. Oggi Gesù, con il suo esempio, ci dice che non è così.
Come in una coppia, fra marito e moglie occorrono darsi spazi di intimità per conoscersi sempre più a fondo è lo stesso nel nostro rapporto con Dio.
La preghiera sia comunitaria che personale. Quella comunitaria che è l’ espressione di tutta la Chiesa, ma arricchita da una vita personale di preghiera espressione di un rapporto unico e profondo con Dio come centro della nostra stessa vita.
«Uomo di poca fede, perché hai dubitato?».
Sul finire della notte egli andò verso di loro camminando sul mare.
Per il cristiano la fede può richiedere una folle audacia, come quella di camminare sul mare. Spesso gli accadimenti fanno sembrare la nostra vita una traversata su un mare tumultuoso dove soffiano venti contrari che si oppongono alle nostre aspirazioni e ai nostri desideri, ma anche alle nostre fatiche per avere quanto ci è necessario. Nella fede vi è sempre una componente di rischio, essa è fiducia, audacia è procedere avendo lo sguardo fisso su Gesù.
Pietro chiede a Gesù di potere anche lui camminare sul mare, e riesce finché tiene lo sguardo fisso su Gesù, ma quando il suo sguardo, il suo animo si volge al vento contrario e prende paura affonda. Questo può accadere a ciascuno di noi, ecco, quindi il valore e l’importanza della preghiera che ci fa tenere lo sguardo fisso su Gesù e ci permette, con il Signore che stende la mano di non affondare, di non essere sopraffatti dalla sfiducia, dalla paura di non farcela.
Se questo vale per la nostra esperienza personale vale anche per la comunità cristiana, la Chiesa che deve attraversare le acque tumultuose di questo mondo non di rado contrario al Cristo e al Vangelo. Quante norme, leggi la società cosiddetta civile vara in nome di una falsa libertà contro la Parola e la legge di Dio. Pensiamo solo alla proposta di legge che si sta discutendo contro sulla trans omofobia che avalla una visione distorta della sessualità umana e del suo fine a partire dalla scuola.
Noi cristiani, come adulti, come genitori che vogliono educare i giovani ai valori della fede abbiamo il dovere di vigilare affinché i nostri giovani non vengano ingannati.
La Chiesa, guardando al suo Signore, continua a camminare fra le acque tumultuose di un mondo agitato che ha ancora bisogno di redenzione e di salvezza. A noi il Signore dice vieni e il credere in Lui la condurrà lo Chiesa e ciascuno di noi a camminare con fiducia e superare le acque del dubbio, dello smarrimento, del male e del peccato.
Non dubitiamo e facciamo anche noi la nostra professione di fede: «Davvero tu sei Figlio di Dio!».
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