don Quirino Prampolini – Commento al Vangelo del 15 Novembre 2020

Anche oggi il Signore si rivolge a noi attraverso una parabola. Una persona facoltosa dovendo assentarsi per un certo periodo di tempo non vuole che il patrimonio resti infruttifero. Lo affida ai sui servi perché lo facciano fruttificare. La distribuzione avviene in parti ineguali, il padrone conosce bene i suoi servi e non vuole correre rischi. I doni sono divisi in base alle capacità dei servi.

Applichiamo a noi la parabola:

Dio distribuisce i suoi doni come vuole, ma ci conosce profondamente. Sa che ognuno di noi è un caso a parte, ciascuno di noi ha povertà e ricchezze pregi e difetti, ogni paragone è inutile e ogni giudizio è improprio.

Altro aspetto: tutto è dono! Tutto quello che siamo e tutto quanto ci è stato dato: la nostra intelligenza, il carattere, le nostre capacità, e si potrebbe fare un lungo elenco, insomma la nostra personalità è dono di Dio.

Non ha, però, importanza l’entità e il numero di regali che ho avuto da Dio, ma l’impegno che abbiamo messo per farli fruttificare a gloria di Dio e per il bene del prossimo.

L’ impegno diventa, quindi discriminante. Spesso, anche da parte di tanti cristiani si sente dire “non ho fatto niente di male”. In questa frase vi è una insidia estremamente pericolosa. Ci si crede a posto con la propria coscienza davanti a Dio e ci si dimentica di un peccato che è molto grave: il peccato di omissione, che non ci rimorde, poi, più di tanto. Il Signore, però, non ci chiederà solo se abbiamo evitato il male, quando ci presenteremo davanti a Lui, ma quanto abbiamo fatto di bene. Quel bene che opera attraverso la carità, cioè quell’amore disinteressato e gratuito con cui ci ha amato Gesù che ha dato la sua vita per noi.

Molti vivono come se non dovessero rendere conto a nessuno di quello che fanno. La parabola ci ricorda che non sarà così. Alla fine il padrone torna e i servi sono chiamati a rendere conto dei talenti che sono stati a loro affidati.
Mi vengono in mente le parole tuonanti di Giovanni Paolo II ai mafiosi “”Mafiosi convertitevi. Un giorno verrà il giudizio di Dio e dovrete rendere conto delle vostre malefatte”.
Tutti noi alla fine dovremo affrontare il giudizio e sarà sulla fede e sull’amore non tanto su quanto abbiamo accumulato in beni materiali.
Fede e amore non si possono custodire in cassaforte o sottoterra, sta a noi manifestarli nella vita con generosità, liberi da ogni paura e da ogni calcolo, ma anche da ogni pigrizia.

Scrive il cardinal Biffi: “Se lasciamo impallidire dentro di noi il pensiero di questo giudizio o lo lasciamo sottointeso e inoperante nella nostra coscienza, non siamo veri discepoli del Signore”

Chiediamo al Signore che ci conceda di vivere vigilanti in una carità attiva, una fede operosa e un amore a Dio e al prossimo come Lui ci ha insegnato per poi poterci sentir dire quando ci sarà la sua venuta alla fine della nostra vita terrena e definitiva alla fine dei tempi: “prendi parte alla gioia del tuo padrone”.

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