La verità del Vangelo è rivelata ai «piccoli»
Una lode al Padre ricorda la reazione di Gesù davanti al rifiuto delle città dove ha predicato e che «non si sono convertite», mentre i «piccoli» lo hanno accolto. Anche l’apostolo vivrà questa esperienza e, alludendo al profeta Isaia (29,14), affermerà che Dio distruggerà la sapienza dei sapienti e annullerà l’intelligenza degli intelligenti. (cfr. 1 Cor.1,19)
Sia Gesù come San Paolo non intendono condannare il dono dell’intelligenza, e non propongono il fideismo, ma mettono in guardia dalla presunzione di capire solo con l’intelligenza annullando la fede.
Nel testo di Matteo ai termini «sapienti» e «intelligenti» manca l’articolo e questo indica che l’evangelista si riferisce all’atteggiamento presuntuoso e non a singole persone. È l’atteggiamento di Erode e di Gerusalemme davanti alle richieste dei Magi (2,1-12), dei farisei e sadducei davanti al Battista (3,7-12), dei farisei davanti ai peccatori (9,9-13).
Tale comportamento esprime il rifiuto dei dotti a Gesù e al suo messaggio, mentre poveri, piccoli e peccatori lo accolgono.
Gesù stesso si definisce piccolo e umile eppure portatore del grande disegno di Dio: la Sapienza di Dio.
Non dimentichiamo che San Francesco di Assisi stesso si firmava sempre con l’aggiunta «piccolino» accanto al suo nome.
Gesù precisa che non ha preso abbagli in questo suo annuncio del Regno perché la sua conoscenza del Padre è eccezionale, e unica.
In Lui mente e cuore sono in piena comunione di Padre e Figlio.
«Conoscere» nella Bibbia è spesso sinonimo di «amare» e traduce l’ebraico jada che significa «rapporto vitale». Non si tratta di una conoscenza teorica, la comprensione dell’uno e dell’altro ma della profonda «comunione» tra l’uno e l’altro. Ora, in Gesù, tale comunione è destinata ad essere offerta e ricevuta da tutti mediante il Vangelo.
Gesù è un maestro, il suo discorso è rivolto ad «affaticati e oppressi», alle «pecore stanche e abbattute», a quanti il peso della legge farisaica non apportava consolazione e salvezza, ma solo norme su norme; prescrizioni ritualistiche senza sollievo, paura e castighi, minacce e severe visioni di Dio ( anche in certe predicazioni ecclesiastiche si corre questo rischio).
La legge di Dio si era trasformata in «tormento», mentre era stata data per liberare e indicare la via della vita. Il «giogo di Gesù» libera e salva.
Seguirlo significa incontrare il volto benevolo e amoroso di Dio, che offre salvezza e non lascia nulla di intentato nel soccorrere le debolezze e fragilità dell’uomo, è il «Dio mite» di cui tutti abbiamo bisogno.
Per Matteo la mitezza è una beatitudine(5,5), è la qualità di Gesù, servo obbediente, mite e misericordioso, verso i deboli e feriti dalla vita.
Infatti, nell’ingresso solenne a Gerusalemme, citando il profeta Zaccaria, egli viene proclamato: il «re mite»(21,5).
don Pietro Pratolongo, parroco di Pontremoli e preside della Scuola di formazione teologico-pastorale della diocesi di Massa Carrara Pontremoli.