I pani e i pesci offerti alla folla
L’invito del profeta Isaia: «Ascoltatemi e mangerete cose buone e gusterete cibi succulenti» trova il suo compimento nel racconto dei pani.
Davanti alla folla Gesù «sentì compassione per loro e guarì i loro malati». Varie volte si ricorda questa compassione (9,36; 15,52) ma il sentimento è subito tradotto in azione: Gesù guarisce i malati.
Non basta compatire bisogna guarire! Bisogna rispondere ai bisogni di ogni uomo!
Davanti al problema del cibo necessario, come nell’Esodo (16,13), Gesù si preoccupa di sfamare la folla: «voi stessi date loro da mangiare».
Il discepolo non deve solo pensare al proprio pane; un cristiano non può cenare da solo, si ritrova sempre «con» gli altri, che attendono il cibo che loro manca. Il racconto ci fa uscire dai nostri isolamenti e paure per ritrovarci come «comunità umana». Il segno dei pani prepara l’agape fraterna che il Signore vuole.
Il «pane e i pesci» sono offerti dai discepoli ma sono «insufficienti» per la folla e qui si colloca il duplice significato del segno: da un lato il miracolo porta a compimento il ricordo dell’Esodo, il miracolo della manna, e manifesta Gesù come il liberatore definitivo, (non per caso il vangelo di Giovanni colloca l’evento nella festa di Pasqua). Dall’altro Gesù sottolinea che tocca ai discepoli condividere e al Messia rende sufficente il pane condiviso. Non si può usare la scusa: non sono in grado di risolvere il problema della fame nel mondo, quindi sono giustificato. Il segno dei pani sottolinea la necessita evangelica della condivisione, anche insufficiente, perche è il Messia a garantire che il poco condiviso basti per tutti.
L’evangelista inoltre utilizza alcuni verbi per un richiamo eucaristico: «prese», «alzati gli occhi al cielo», «li benedisse», «spezzò» e «diede». Nel racconto dell’istituzione dell’Eucarestia ritornano per mostrare che il vero pane necessario è Lui, quello che Giovanni sottoliea alla folla prima del discorso sul pane di vita: «voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà. Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!» (Gv.6, 26-27.35)
don Pietro Pratolongo, parroco di Pontremoli e preside della Scuola di formazione teologico-pastorale della diocesi di Massa Carrara Pontremoli.