Prima della fine non chiamare nessuno beato (Sir 11,28)
Martedì della XVII settimana del Tempo Ordinario(Anno dispari)
La parabola del seme buono e della zizzania verte sul dialogo tra il padrone del campo e i servi che, contrariamente a quello che pensavano di fare d’istinto, sono invitati ad intervenire dopo aver atteso il momento nel quale il bene e il male si rivelano per quello che sono. Solo allora si può fare una cernita. È dai frutti che si vede il se la pianta è buona o cattiva e il tempo della maturazione rivela la propria natura.
I frutti buoni sono generati da coloro che, pur trovandosi in contesti difficili, riescono a realizzare il bene che è in loro. Le opere cattive sono quelle che impediscono di realizzare il bene. Nella spiegazione richiesta dagli apostoli l’attenzione è posta proprio sui due tipi di seme cioè i figli del Regno e i figli del Maligno.
Nella parabola era sottesa la domanda di coloro che avevano abbracciato la fede e per questo soffrivano persecuzione: come mai siamo perseguitati e dobbiamo soffrire? La zizzania rappresenta ogni forma di ostacolo a vivere la fede. Nella spiegazione cambia il punto di vista di chi pone la domanda e di chi dà la risposta. Dal punto di vista di Dio tutto il mondo è il suo regno, cioè tutto è governato dal suo amore.
Tuttavia l’uomo non è schiacciato tra le due forze del bene e del male, ma è chiamato in ogni momento a scegliere di quale padre essere figlio, figlio di Dio o figlio del Maligno. Tale scelta si compie nei momenti del dolore che non sono una punizione di Dio, ma sono le situazioni che la vita stessa pone davanti a ciascuno.
La fede è l’esperienza nella quale ci si fa generare e rigenerare da Dio nella prova così da essere anche figli del “regno”, cioè della Chiesa. Come tali affrontano ogni problema con la pace interiore e con speranza e amorevolmente si prendono cura del campo loro affidato, sia esso la famiglia, la comunità, l’ambiente lavorativo, perché fruttifichi in comunione e fraternità.
Il figlio del Maligno invece è colui che vive il dolore come una colpa o come un’aggressione a cui reagisce con livore innescando dinamiche di lotte e contrapposizioni. Gli scandali, a cui accenna la spiegazione della parabola, sono gli atteggiamenti che ostacolano l’armonia e la carità fraterna, alimentando disaffezione e pregiudizi nei confronti della Chiesa.
Auguro a tutti una serena giornata e vi benedico di cuore!
Commento a cura di don Pasquale Giordano
La parrocchia Mater Ecclesiae è stata fondata il 2 luglio 1968 dall’Arcivescovo Mons. Giacomo Palombella, che morirà ad Acquaviva delle Fonti, suo paese natale, nel gennaio 1977, ormai dimissionario per superati limiti di età… [Continua sul sito]
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Come si raccoglie la zizzania e la si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo.
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 13, 36-43
In quel tempo, Gesù congedò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si avvicinarono per dirgli: «Spiegaci la parabola della zizzania nel campo».
Ed egli rispose: «Colui che semina il buon seme è il Figlio dell’uomo. Il campo è il mondo e il seme buono sono i figli del Regno. La zizzania sono i figli del Maligno e il nemico che l’ha seminata è il diavolo. La mietitura è la fine del mondo e i mietitori sono gli angeli. Come dunque si raccoglie la zizzania e la si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. Il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti quelli che commettono iniquità e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, ascolti!».
Parola del Signore.