Discepoli del Crocifisso
Nella festa liturgica di Santa Brigida di Svezia la Chiesa ci fa meditare sulle parole di Gesù tratte dal suo ultimo discorso ai discepoli nel cenacolo. Gesù sta congedandosi dalla sua comunità che sta per vivere con lui la pasqua.
Con la morte di Gesù non termina il discepolato dei coloro che sono stati chiamati, ma con la pasqua inizia una fase nuova della loro vita. Anche se i discepoli non vedranno più il loro Signore, tuttavia sono chiamati a rimanere uniti a lui custodendo la sua parola per metterla in pratica.
L’immagine della vite e dei tralci spiega bene la necessità per i discepoli di rimanere uniti a Gesù per dare senso alla loro vita. Il tralcio non serve ad altro che a permettere alla vite di produrre l’uva. Così il discepolo di Gesù non è l’artefice del bene che compie, ma un mezzo e tuttavia uno strumento necessario.
Il bene in parole e in opere non nasce dalla buona volontà del buon cristiano, ma dall’unione con la sorgente del bene. Attraverso immagini molto evocative si porta all’attenzione del cristiano la necessità di intrattenere un rapporto intimo e forte con il Signore Gesù per realizzare veramente se stesso. Non di rado ci dimentichiamo che tutto ciò che facciamo è portare un frutto di cui non necessariamente ne gustiamo il sapore.
Questo per indicare il fatto che ogni opera buona ha come fine il bene dell’altro, non il proprio. Solo in quest’ottica potremo dare un senso anche ai fallimenti nella missione che svolgiamo. Il Padre – dice Gesù – è sapiente agricoltore che purifica (pota) i tralci che portano frutto perché possano continuare a portarne e anche più buoni e abbondanti.
Quando soffriamo a causa del bene che facciamo invece di scoraggiarci dobbiamo far risuonare le parole di Gesù e con lui salire sull’albero della croce. Proprio lì, con la consapevolezza di condividere la sua gloria e uniti alla vite santa, ci ritroveremo nudi e spogliati forse anche dell’onore e della dignità; ma è proprio quella l’ora nella quale con Gesù portiamo un frutto che non si corrompe, ma che rimane per sempre. In ogni momento, soprattutto sulla croce, chiediamo al Padre il dono dello Spirito Santo per essere nel mondo fecondi di amore e di speranza.
Auguro a tutti una serena giornata e vi benedico di cuore!
Commento a cura di don Pasquale Giordano
La parrocchia Mater Ecclesiae è stata fondata il 2 luglio 1968 dall’Arcivescovo Mons. Giacomo Palombella, che morirà ad Acquaviva delle Fonti, suo paese natale, nel gennaio 1977, ormai dimissionario per superati limiti di età… [Continua sul sito]
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Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto.
Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 15, 1-8
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato.
Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete fare nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano.
Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.
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