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don Pasquale Giordano – Commento al Vangelo del giorno – 7 Giugno 2024

Commento al brano del Vangelo di: Gv 19,31-37

Il costato aperto del Crocifisso finestra aperta sul Cielo – SACRATISSIMO CUORE DI GESU’ (ANNO B)

Dal libro del profeta Osèa Os 11,1.3-4.8-9

Il mio cuore si commuove dentro di me.

Quando Israele era fanciullo,

io l’ho amato

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e dall’Egitto ho chiamato mio figlio.

A Èfraim io insegnavo a camminare

tenendolo per mano,

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ma essi non compresero

che avevo cura di loro.

Io li traevo con legami di bontà,

con vincoli d’amore,

ero per loro

come chi solleva un bimbo alla sua guancia,

mi chinavo su di lui

per dargli da mangiare.

Il mio cuore si commuove dentro di me,

il mio intimo freme di compassione.

Non darò sfogo all’ardore della mia ira,

non tornerò a distruggere Èfraim,

perché sono Dio e non uomo;

sono il Santo in mezzo a te

e non verrò da te nella mia ira.

Con cuore di Padre

Osea è il profeta che, più di ogni altro, lascia parlare Dio attraverso la sua esperienza di sposo e di padre. L’impiego delle immagini familiari suggerisce l’idea che egli è il portavoce di un Dio che ha un cuore che pulsa d’amore per il suo popolo col quale vuole instaurare non un rapporto formale, ma una relazione calda e profonda, come quella che dovrebbe caratterizzare i legami affettivi domestici.

Dio parla e agisce da sposo e da padre, non da padrone, come invece si comportano gli dei falsi. Quello di Dio è un accorato appello a Israele perché riconosca chi lo ama veramente, distinguendolo da chi lo sfrutta. L’amore di Dio lo si riconosce dal servizio umile e fedele che non viene meno neanche davanti all’ingratitudine dell’uomo. Dio, infatti, non si arrende davanti all’ingratitudine perché la sua fedeltà non è vincolata a nulla se non alla sua scelta di amare sempre e comunque.

In tal modo, l’amore di Dio è una sorgente inesauribile che attende solo di essere fruita perché chiunque se ne giova sia trasformato in essa. Quello di Dio è amore che si traduce nel prendersi cura, accompagnare, far crescere e poi permettere che l’amato maturi al punto di ripresentare in sé l’amore che promuove, fa vivere e fruttificare nel bene.

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Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesìni Ef 3,8-12.14-19

Conoscere l’amore di Cristo che supera ogni conoscenza.

Fratelli, a me, che sono l’ultimo fra tutti i santi, è stata concessa questa grazia: annunciare alle genti le impenetrabili ricchezze di Cristo e illuminare tutti sulla attuazione del mistero nascosto da secoli in Dio, creatore dell’universo, affinché, per mezzo della Chiesa, sia ora manifestata ai Principati e alle Potenze dei cieli la multiforme sapienza di Dio, secondo il progetto eterno che egli ha attuato in Cristo Gesù nostro Signore, nel quale abbiamo la libertà di accedere a Dio in piena fiducia mediante la fede in lui.

Per questo io piego le ginocchia davanti al Padre, dal quale ha origine ogni discendenza in cielo e sulla terra, perché vi conceda, secondo la ricchezza della sua gloria, di essere potentemente rafforzati nell’uomo interiore mediante il suo Spirito.

Che il Cristo abiti per mezzo della fede nei vostri cuori, e così, radicati e fondati nella carità, siate in grado di comprendere con tutti i santi quale sia l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità, e di conoscere l’amore di Cristo che supera ogni conoscenza, perché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio.

Un amore senza limiti e una Chiesa senza confini

Concludendo la parte più teologica della lettera, l’apostolo Paolo condivide con i cristiani di Efeso la sua meraviglia nel contemplare l’opera di Dio che si attua anche attraverso il suo ministero. Lo stupore nasce dalla consapevolezza che la volontà di Dio supera di gran lunga le umane aspettative. Il ministero dell’apostolo è innanzitutto a servizio del mistero di Dio, ovvero del suo progetto d’amore che non è riservato ad un’èlite ma è per tutti i popoli. L’amore di Dio, infatti, proprio perché universale è necessariamente anche includente. Paolo ne ha fatto esperienza diretta. Lui, pur essendo un ebreo, nei fatti viveva come un pagano, mettendo il proprio io prima di Dio. La rivelazione di cui è stato destinatario sulla via di Damasco gli ha aperto un mondo nuovo. Non solamente ha scoperto di essere amato, anche se il suo comportamento era quello di un bestemmiatore, ma è stato lui stesso coinvolto nel progetto di Dio affinché anche i pagani potessero prendere parte della stessa promessa fatta al popolo ebraico.

Veramente l’amore di Dio è senza confini e limiti. Da qui il compito di favorire l’annuncio del vangelo e la diffusione della Parola affinché tutti gli uomini possano formare un’unica famiglia.

+ Dal Vangelo secondo Giovanni Gv 19,31-37

Uno dei soldati gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua.

Era il giorno della Parascève e i Giudei, perché i corpi non rimanessero sulla croce durante il sabato – era infatti un giorno solenne quel sabato –, chiesero a Pilato che fossero spezzate loro le gambe e fossero portati via.

Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe all’uno e all’altro che erano stati crocifissi insieme con lui. Venuti però da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua.

Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera; egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate. Questo infatti avvenne perché si compisse la Scrittura: «Non gli sarà spezzato alcun osso». E un altro passo della Scrittura dice ancora: «Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto».

Il costato aperto del Crocifisso finestra aperta sul Cielo

Come l’agnello pasquale, al quale era prescritto dalla legge che non gli venisse spezzato alcun osso ma che doveva essere cotto tutto intero, anche a Gesù, che Giovanni Battista aveva chiamato l’«Agnello di Dio», non vengono spezzate le gambe perché non era necessario in quanto già morto.

Questo dettaglio, che distingue la fine di Gesù da quella degli altri due condannati crocifissi insieme con lui, non è un semplice dato di cronaca ma è letto alla luce della Scrittura. La festa che si sta celebrando diventa la Pasqua di Gesù nella quale il Padre provvede all’«agnello». Sulla croce le parole e i gesti di Gesù ci aiutano a leggere nel dramma il compimento della promessa di Dio. Quando sembra che la situazione sia sfuggita di mano, Gesù conferma invece che tutto si sta compiendo secondo il progetto di Dio.

Morente Gesù aveva affidato alla cura materna di Maria la Chiesa e al discepolo la madre che da quel momento accolse con sé. Compiendo fino alla fine la volontà del Padre, Gesù muore donando lo Spirito. Il gesto del soldato, ultimo oltraggio ad un corpo già profondamente segnato dalla sofferenza, tuttavia rivela che esso è ancora vivo e capace di far uscire sangue e acqua.

Nel giorno in cui celebriamo la solennità del Sacro Cuore di Gesù il racconto che fa l’evangelista Giovanni, testimone dell’evento della croce, ci permette di fissare il nostro sguardo al centro del mistero dell’amore di Dio. L’acqua e il sangue che discendono dal fianco aperto di Gesù sono il segno dello Spirito Santo, amore divino effuso su di noi.

I sacramenti, in particolare il battesimo e l’eucaristia, sono l’esperienza di essere pienamente immersi nel cuore misericordioso di Dio lì dove, cadute tutte le strutture mentali che ci appartengono come uomini, non fraintendiamo più il suo amore ma gradualmente ne comprendiamo l’infinita grandezza. Il fianco aperto del Crocifisso è la soglia che dischiude innanzi a noi gli infiniti orizzonti della speranza.

L’amore di Dio è necessariamente scandaloso perché con l’onda d’urto della grazia abbatte le impalcature e le sovrastrutture che cercano di «proteggere» o «difendere» la verità che sono più congetture umane che Parola di Dio. Come Maria e il Discepolo amato che sono sotto la croce anche noi, celebrando i sacramenti, raccogliamo l’eredità di Gesù e ci accogliamo come fratelli da custodire.

Il cuore di Dio continua a ricevere la nostra vita intossicata dal peccato per poter immettere nelle vene del suo corpo che è la Chiesa e far circolare nel mondo intero la vita ossigenata dall’amore, la vita eterna.

Commento a cura di don Pasquale Giordano
Vicario episcopale per l’evangelizzazione e la catechesi e direttore del Centro di Spiritualità biblica a Matera

Fonte – il blog di don Pasquale “Tu hai Parole di vita eterna

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