L’attesa gioiosa dello sposo – Sabato della XIII settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)
Dal libro del profeta Amos Am 9,11-15
Muterò le sorti del mio popolo, li pianterò nella loro terra.
Così dice il Signore:
«In quel giorno rialzerò la capanna di Davide,
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che è cadente;
ne riparerò le brecce, ne rialzerò le rovine,
la ricostruirò come ai tempi antichi,
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perché conquistino il resto di Edom
e tutte le nazioni
sulle quali è stato invocato il mio nome.
Oracolo del Signore, che farà tutto questo.
Ecco, verranno giorni
– oracolo del Signore –
in cui chi ara s’incontrerà con chi miete
e chi pigia l’uva con chi getta il seme;
i monti stilleranno il vino nuovo
e le colline si scioglieranno.
Muterò le sorti del mio popolo Israele,
ricostruiranno le città devastate
e vi abiteranno,
pianteranno vigne e ne berranno il vino,
coltiveranno giardini e ne mangeranno il frutto.
Li pianterò nella loro terra
e non saranno mai divelti da quel suolo
che io ho dato loro».
La «conversione» di Dio e la restaurazione dell’alleanza
La conclusione del Libro del profeta Amos è affidato ad un oracolo di salvezza che se da una parte chiarisce che non appartiene a Dio la vendetta, dall’altra ricorda che la Sua prima e ultima parola è di amore per il suo popolo.
La fedeltà di Dio congiunge origine e fine della sua volontà orientata esclusivamente alla vita del popolo eletto perché amato. Come nella disgrazia Israele riconoscerà l’autenticità della parola del profeta che aveva invitato alla conversione per non patire le conseguenze della perseveranza nel male, così nella ricostruzione sperimenterà che l’amore di Dio è più forte del peccato.
L’amore edifica sempre, anche quello che il peccato distrugge. Dio rinuncia alla vendetta perché non vuole rinunciare alla relazione paterna con coloro che ha scelto come suoi figli. Prima della conversione dell’uomo c’è quella di Dio che non coltiva il risentimento e non conserva il rancore ma nutre continuamente la speranza e crede fermamente che l’uomo può lasciarsi cambiare il cuore dall’amore e rispondere con la giustizia alla misericordia di Dio.
Ascolta “don Pasquale Giordano – Commento al Vangelo del giorno – 6 Luglio 2024” su Spreaker.+ Dal Vangelo secondo Matteo Mt 9,14-17
Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro?
In quel tempo, si avvicinarono a Gesù i discepoli di Giovanni e gli dissero: «Perché noi e i farisei digiuniamo molte volte, mentre i tuoi discepoli non digiunano?».
E Gesù disse loro: «Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno. Nessuno mette un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio, perché il rattoppo porta via qualcosa dal vestito e lo strappo diventa peggiore. Né si versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti si spaccano gli otri e il vino si spande e gli otri vanno perduti. Ma si versa vino nuovo in otri nuovi, e così l’uno e gli altri si conservano».
I dubbi sull’operato e l’insegnamento di Gesù vengono anche da persone a lui vicine, come per esempio, i seguaci di Giovanni Battista. S’intuisce che tra gli aderenti alle frange più tradizionaliste della religione israelitica si gareggiava nell’applicare nel modo più rigoroso possibile le norme della legge in modo da accreditarsi come campioni della fedeltà alla tradizione dei padri.
La domanda dei seguaci del Battista rivela la loro mentalità per la quale essi, insieme con i farisei, hanno la consapevolezza di essere modelli di religiosità da imitare. Il digiuno era una delle forme di pietà che strutturavano la prassi penitenziale insieme all’elemosina e alla preghiera.
Gesù replica con un’altra domanda che mette in luce lo stile del discepolo di Cristo che non è triste e ansioso, ma è entusiasta e pieno di speranza. L’errore dei discepoli di Giovanni e dei farisei non è nella pratica del digiuno, ma nell’idea di fondo che la sosteneva.
I discepoli di Cristo digiuneranno non perché sono in lutto e attendono la manifestazione ultima di Dio che giudicherà con inflessibilità gli uomini. Essi attenderanno il ritorno dello sposo come vivono la sua presenza in mezzo a loro, cioè come una festa. I cristiani sono coloro che partecipano alla gioia di Dio che è grandissima per ogni peccatore che si converte e che quindi si salva.
La relazione che si instaura tra Gesù e i suoi discepoli non è basata sulla tensione e la paura, ma sulla condivisione gioiosa e piena di fiducia di quello che si ha nel cuore. Digiuno non significa sottrarre ma condividere anche se si è nel dolore.
Quando viene sottratto loro lo sposo e il motivo della gioia essi, attraverso il digiuno inteso come condivisione fraterna, continuano ad essere nella festa e a rimanere uniti al loro Signore.
Commento a cura di don Pasquale Giordano
Vicario episcopale per l’evangelizzazione e la catechesi e direttore del Centro di Spiritualità biblica a Matera
Fonte – il blog di don Pasquale “Tu hai Parole di vita eterna“