Fondamento della fede cristiana è la misericordia che sana – Venerdì della XIII settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)
Dal libro del profeta Amos Am 8,4-6.9-12
Manderò la fame nel paese; non fame di pane ma di ascoltare le parole del Signore.
«Ascoltate questo,
voi che calpestate il povero
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e sterminate gli umili del paese,
voi che dite: “Quando sarà passato il novilunio
e si potrà vendere il grano?
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E il sabato, perché si possa smerciare il frumento,
diminuendo l’efa e aumentando il siclo
e usando bilance false,
per comprare con denaro gli indigenti
e il povero per un paio di sandali?
Venderemo anche lo scarto del grano”».
«In quel giorno
– oracolo del Signore Dio –
farò tramontare il sole a mezzogiorno
e oscurerò la terra in pieno giorno!
Cambierò le vostre feste in lutto
e tutti i vostri canti in lamento:
farò vestire ad ogni fianco il sacco,
farò radere tutte le teste:
ne farò come un lutto per un figlio unico
e la sua fine sarà come un giorno d’amarezza.
Ecco, verranno giorni
– oracolo del Signore Dio –
in cui manderò la fame nel paese;
non fame di pane né sete di acqua,
ma di ascoltare le parole del Signore».
Allora andranno errando da un mare all’altro
e vagheranno da settentrione a oriente,
per cercare la parola del Signore,
ma non la troveranno.
Il castigo educativo
Amos è uno dei profeti dell’VIII secolo che svolge la sua missione in un contesto nel quale c’è l’ingiustizia sociale attraversa tutti i livelli della società. Israele, sfruttando la sua posizione strategica per gli scambi commerciali, viveva una situazione economica favorevole. Tuttavia, la ricchezza era in mano a pochi ricchi latifondisti, i quali fondavano la loro fortuna anche sulla speculazione.
Tutto questo era accompagnato anche dall’ostentazione di una religiosità rituale ma assolutamente vuota di valori autentici. Agli occhi degli uomini non appare ciò che invece vede Dio, perché Egli scruta i cuori e ascolta i ragionamenti nascosti degli empi. La parola del profeta parla di un giorno finale il cui destino dipende dalla condotta dell’uomo.
Chi persevera nell’ingiustizia va incontro alla catastrofe nella quale crolla tutto ciò che si è costruito basandolo sull’ingiustizia. Nelle parole del profeta è fissato un termine: il male ha una fine. Il castigo non è solo una punizione per la colpa commessa ma vi è contenuto soprattutto un messaggio di speranza.
Dio guida la storia verso un oltre che però passa necessariamente dalla fine delle strutture di peccato la cui forza distruttiva si ritorce contro sé stessa. Allora apparirà chiaro come erano fallaci le parole degli uomini iniqui e vera la parola di Dio. Il digiuno della Parola, imposto da Dio, serve per educare il cuore al desiderio del vero nutrimento che fa crescere in umanità.
Ascolta “don Pasquale Giordano – Commento al Vangelo del giorno – 5 Luglio 2024” su Spreaker.+ Dal Vangelo secondo Matteo Mt 9,9-13
Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Misericordia io voglio e non sacrifici.
In quel tempo, Gesù, vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì.
Mentre sedeva a tavola nella casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e se ne stavano a tavola con Gesù e con i suoi discepoli. Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: «Come mai il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?».
Udito questo, disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate a imparare che cosa vuol dire: “Misericordia io voglio e non sacrifici”. Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori».
Fondamento della fede cristiana è la misericordia che sana
L’invito a seguirlo Gesù, dopo ai quattro pescatori, lo rivolge ad un uomo di nome Matteo che incontra mentre è seduto al banco delle imposte a compiere il suo lavoro di pubblicano, ovvero esattore delle tasse. Non mancavano certo le riserve nei confronti degli esponenti di quella categoria considerati peccatori per l’attaccamento ai soldi e per la collaborazione al governo imperiale.
Gesù supera lo steccato del pregiudizio aprendo la sequela a tutti, senza escludere nessuno. Quello che poteva essere un problema per i primi discepoli, i pescatori provenienti dalla classe più povera della società, diventa un motivo di scandalo per i farisei, sedicenti custodi dell’ortodossia ebraica, i quali si vedono immischiati in mezzo a pubblicani e peccatori, senza alcuna distinzione.
I farisei – lo dice il nome stesso – si vantavano di essere i «separati», cioè i «distinti», per il fatto che si guardavano bene dal contaminarsi con «certa gente». Si meravigliano che Gesù lo faccia. Oggi potremmo identificare questi tali con coloro che confondono l’esperienza della fede con una sorta di «corso di lingua straniera» diviso per livelli.
Pur credendo di aver raggiunto quelli più alti della religiosità, essi hanno bisogno di riprenderne i contenuti basilari. Pretendono di esaminare i suoi discepoli per saggiarne la preparazione e invece essi stessi sono messi sotto esame da Gesù, che conosce l’intimo di ciascuno di loro, e li trova mancanti.
Perciò il Maestro li rimanda per imparare i fondamentali della fede: «Misericordia io voglio e non sacrifici». La vita, per certi versi, è una scuola continua di umanità i cui livelli più alti si raggiungono solamente mettendosi alla sequela di Cristo che chiama attorno a sé non i perfetti ma i perfettibili, non quelli che amano le discussioni, ma che si mettono in discussione e sono capaci, come Matteo il pubblicano, di ricalcolare l’itinerario della propria vita.
Commento a cura di don Pasquale Giordano
Vicario episcopale per l’evangelizzazione e la catechesi e direttore del Centro di Spiritualità biblica a Matera
Fonte – il blog di don Pasquale “Tu hai Parole di vita eterna“