Chi rifiuta il Bene cede al male, chi accoglie il Bene resiste al male – Giovedì della VII settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)
Dalla lettera di san Giacomo apostolo Giac 5,1-6
Il salario dei lavoratori che voi non avete pagato, grida, e le loro proteste sono giunte alle orecchie del Signore onnipotente.
Ora a voi, ricchi: piangete e gridate per le sciagure che cadranno su di voi! Le vostre ricchezze sono marce, i vostri vestiti sono mangiati dalle tarme. Il vostro oro e il vostro argento sono consumati dalla ruggine, la loro ruggine si alzerà ad accusarvi e divorerà le vostre carni come un fuoco. Avete accumulato tesori per gli ultimi giorni!
Ecco, il salario dei lavoratori che hanno mietuto sulle vostre terre, e che voi non avete pagato, grida, e le proteste dei mietitori sono giunte agli orecchi del Signore onnipotente.
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Sulla terra avete vissuto in mezzo a piaceri e delizie, e vi siete ingrassati per il giorno della strage. Avete condannato e ucciso il giusto ed egli non vi ha opposto resistenza.
L’illusione della ricchezza
Con toni che ricordano le forti invettive profetiche contro le gravi ingiustizie sociali, l’apostolo Giacomo redarguisce i ricchi proprietari terrieri che pensano di aver costruito la loro fortuna economica a scapito della povera gente, sfruttata e mal pagata, mentre in realtà non hanno fatto altro che scavarsi la fossa nella quale rimarranno per sempre se non si convertono dalla loro condotta malvagia.
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L’avidità e l’attaccamento al denaro sono causa dei peggiori delitti. Giacomo fa un lamento funebre su coloro che attaccano il loro cuore alle realtà mondane che sono destinate alla corruzione; in tal modo, essi si condannano a passare miseramente insieme alle ricchezze nelle quali hanno confidato e in cui si sono identificati.
L’intento dell’apostolo è quello di scuotere le coscienze anestetizzate dei suoi interlocutori, drogati dalla sete del guadagno e dell’agio. Il fine della denuncia non è l’accusa per la condanna ma per esortare e convincere alla conversione che è l’unica via della salvezza. Le ricchezze consentono una vita comoda ma non possono garantire una vita felice soprattutto se esse non sono condivise e non servono a promuovere l’umanità più bisognosa di aiuto.
+ Dal Vangelo secondo Marco (Mc 9,41-50)
È meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella Geènna.
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Chiunque vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa.
Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare.
Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala: è meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella Geènna, nel fuoco inestinguibile. E se il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo: è meglio per te entrare nella vita con un piede solo, anziché con i due piedi essere gettato nella Geènna. E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, gettalo via: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, anziché con due occhi essere gettato nella Geènna, dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue.
Ognuno infatti sarà salato con il fuoco. Buona cosa è il sale; ma se il sale diventa insipido, con che cosa gli darete sapore? Abbiate sale in voi stessi e siate in pace gli uni con gli altri».
Chi rifiuta il Bene cede al male, chi accoglie il Bene resiste al male
Nel piccolo gesto del dare un bicchiere d’acqua è contenuta la grandezza della sapienza di Dio che agisce attraverso segni semplici. I gesti quotidiani di amore sono gocce nell’oceano di Misericordia, frammenti di luce dell’unico Sole, briciole del Pane di Vita spezzato; in essi risiede la sapienza che, come sale, ferma il processo di corruzione a cui è sottoposta ogni realtà umana, comprese le relazioni tra le persone.
La Parola di Dio è come il sale nella sua funzione di conservare integro ciò che viene salato. Gesù apre gli occhi ai suoi discepoli circa il valore dell’integrità della persona. Integro non è la persona tutta di un pezzo, che non sbaglia mai, ma quella che dagli errori impara. Integro non è colui che non cade mai, ma colui che trova in Dio la forza di rialzarsi e il motivo per farlo risiede nel bene che è possibile donare.
La Parola di Dio aiuta l’intelligenza a comprendere le cause interiori della caduta e illumina sui modi con i quali risollevarsi ed evitare di cadere nuovamente. Il dramma sarebbe rimanere a terra dopo essere caduti rifiutando ogni aiuto e per altro non trovando neanche in sé stessi una motivazione valida per risollevarsi. Chi si lascia vincere dal male diventa lui stesso motivo d’inciampo per gli altri, particolarmente per i più piccoli.
Colui che peccando, non coglie l’occasione per rivedere se stesso e la sua doppiezza di cuore, sprofonda sempre di più negandosi l’opportunità di risalita, come un uomo che sceglie di morire legandosi al collo una grande pietra e gettandosi nel mare. Accogliendo i piccoli segni quotidiani di amore possiamo avere sale in noi stessi e così acquisire la necessaria incisività nel rinunciare a ciò che ci fa male e fa perire tutto il corpo.
Il vero pericolo è quello di rifiutare la grazia di Dio che ci salva e non avere invece l’intelligenza di rinunciare al male che ci corrompe. Gesù mette in correlazione il coraggio di rinnegare se stessi con l’umile sapienza di farsi aiutare dall’amore di Dio che sperimentiamo nei fatti della vita che spesso sono archiviati velocemente come cose normali o gesti dovuti.
La riconoscenza e la gratitudine sono due medicamenti delle ferite dell’egoismo e dell’orgoglio, indispensabili per curare i traumi che la vita ci riserva.
Commento a cura di don Pasquale Giordano
Vicario episcopale per l’evangelizzazione e la catechesi e direttore del Centro di Spiritualità biblica a Matera
Fonte – il blog di don Pasquale “Tu hai Parole di vita eterna“