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don Pasquale Giordano – Commento al Vangelo del giorno – 12 Giugno 2024

Commento al brano del Vangelo di: Mt 5, 17-19

Dio insegna ad amare e l’uomo impara l’arte del vivere – Mercoledì della X settimana del Tempo Ordinario (Anno pari)

Dal primo libro dei Re 1Re 18,20-39

Questo popolo sappia che tu, o Signore, sei Dio e che converti il loro cuore!

In quei giorni, [il re] Acab convocò tutti gli Israeliti e radunò i profeti [di Baal] sul monte Carmelo. Elìa si accostò a tutto il popolo e disse: «Fino a quando salterete da una parte all’altra? Se il Signore è Dio, seguitelo! Se invece lo è Baal, seguite lui!». Il popolo non gli rispose nulla.

Elìa disse ancora al popolo: «Io sono rimasto solo, come profeta del Signore, mentre i profeti di Baal sono quattrocentocinquanta. Ci vengano dati due giovenchi; essi se ne scelgano uno, lo squartino e lo pongano sulla legna senza appiccarvi il fuoco. Io preparerò l’altro giovenco e lo porrò sulla legna senza appiccarvi il fuoco. Invocherete il nome del vostro dio e io invocherò il nome del Signore. Il dio che risponderà col fuoco è Dio!». Tutto il popolo rispose: «La proposta è buona!».

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Elìa disse ai profeti di Baal: «Sceglietevi il giovenco e fate voi per primi, perché voi siete più numerosi. Invocate il nome del vostro dio, ma senza appiccare il fuoco». Quelli presero il giovenco che spettava loro, lo prepararono e invocarono il nome di Baal dal mattino fino a mezzogiorno, gridando: «Baal, rispondici!». Ma non vi fu voce, né chi rispondesse. Quelli continuavano a saltellare da una parte all’altra intorno all’altare che avevano eretto.

Venuto mezzogiorno, Elìa cominciò a beffarsi di loro dicendo: «Gridate a gran voce, perché è un dio! È occupato, è in affari o è in viaggio; forse dorme, ma si sveglierà». Gridarono a gran voce e si fecero incisioni, secondo il loro costume, con spade e lance, fino a bagnarsi tutti di sangue. Passato il mezzogiorno, quelli ancora agirono da profeti fino al momento dell’offerta del sacrificio, ma non vi fu né voce né risposta né un segno d’attenzione.

Elìa disse a tutto il popolo: «Avvicinatevi a me!». Tutto il popolo si avvicinò a lui e riparò l’altare del Signore che era stato demolito. Elìa prese dodici pietre, secondo il numero delle tribù dei figli di Giacobbe, al quale era stata rivolta questa parola del Signore: «Israele sarà il tuo nome». Con le pietre eresse un altare nel nome del Signore; scavò intorno all’altare un canaletto, della capacità di circa due sea di seme. Dispose la legna, squartò il giovenco e lo pose sulla legna. Quindi disse: «Riempite quattro anfore d’acqua e versatele sull’olocausto e sulla legna!». Ed essi lo fecero. Egli disse: «Fatelo di nuovo!». Ed essi ripeterono il gesto. Disse ancora: «Fatelo per la terza volta!». Lo fecero per la terza volta. L’acqua scorreva intorno all’altare; anche il canaletto si riempì d’acqua.

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Al momento dell’offerta del sacrificio si avvicinò il profeta Elìa e disse: «Signore, Dio di Abramo, di Isacco e d’Israele, oggi si sappia che tu sei Dio in Israele e che io sono tuo servo e che ho fatto tutte queste cose sulla tua parola. Rispondimi, Signore, rispondimi, e questo popolo sappia che tu, o Signore, sei Dio e che converti il loro cuore!».

Cadde il fuoco del Signore e consumò l’olocausto, la legna, le pietre e la cenere, prosciugando l’acqua del canaletto. A tal vista, tutto il popolo cadde con la faccia a terra e disse: «Il Signore è Dio! Il Signore è Dio!».

Il culto gradito a Dio

Il monte Carmelo, scelto dal re Acab per il grande e spettacolare sacrificio da offrire agli dei cananei, e in particolare a Baal che era considerato il capo di tutte le divinità, diventa il luogo della manifestazione dell’unico vero Dio. Il profeta Elia in questa circostanza veste anche i panni del sacerdote perché con il culto a Yahvè erano scomparsi anche i suoi sacerdoti, probabilmente passati a servire Baal. Così si spiega il numero spropositato dei profeti-sacerdoti di Baal nelle cui schiere c’erano gli apostati del culto di Yahvé per essere al soldo del re Acab.

Elia propone di preparare tutto l’occorrente per il sacrificio, senza appiccare il fuoco dell’olocausto, ma di elevare preghiere affinché Dio mostrasse con un segno quale fosse il culto a lui gradito. L’intento di Elia è quello di mostrare la falsità e la inutilità del culto a Baal semplicemente perché egli non esiste. Al contempo smaschera la strategia del re che, nascondendosi dietro misteriosi dei, pretende di essere il vero destinatario del culto, sostituendosi a Yahvè.

Infatti, come alla richiesta delle preghiere rituali non c’è alcuna risposta dal cielo, così nessuna autorità umana ha il potere di soddisfare il desiderio di vita che alberga nel cuore di ciascun uomo. I falsi dei, o coloro che si ergono a dei, ingannano le persone facendo credere che la pace sia garantita dal possesso dei beni che vengono concessi da loro. L’unico Dio, vero padre, sa che il bene essenziale è l’amore che intesse relazioni reciproche di rispetto e di cura.

L’amore nasce dal cuore che accoglie con umiltà la parola di Dio e la fa germogliare e crescere perché porti frutti di giustizia. Il culto gradito a Dio, quello che apre l’accesso al suo cuore per ricevere da Lui ogni bene, non è celebrato con gesti e parole formali ma con azioni dalle quali traspare l’umiltà e la docilità a lasciarsi amare dal Signore. Il fuoco dal cielo è il segno di approvazione che attesta la sua fattiva volontà a renderci suoi figli e, quindi, eredi della sua vita divina.

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+ Dal Vangelo secondo Matteo Mt 5,17-19

Non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento.

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:

«Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento.

In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto.

Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli».

Dio insegna ad amare e l’uomo impara l’arte del vivere

Il primo insegnamento di Gesù inizia, come il salterio, con la parola «Beato». Il salmista dichiara felice colui che «nella legge del Signore trova la sua gioia e la sua legge medita giorno e notte». Gesù s’identifica con il giusto descritto dal Salmo 1 perché lui osserva pienamente la Torah e insegna a fare altrettanto affinché la Parola di Dio non sia solamente conosciuta ma anche assimilata e messa in pratica.

Il Vangelo di Gesù diventa la chiave di lettura di tutta la Scrittura perché aiuta ad interpretare le intenzioni dell’Autore divino della Bibbia che ha parlato insieme e per mezzo degli autori umani. Dio ha donato la Legge con l’intento d’insegnarci ad amare, ovvero l’arte del vivere. La legge è strettamente legata alla libertà perché essa non può esserci senza regole.

I comandamenti sono un esercizio di attivazione per potenziare la libertà, ovvero la capacità di fare della nostra vita un dono. Senza questo esercizio non si allena la coscienza e il senso di responsabilità personale grazie al quale facciamo discernimento riguardo al bene e al male e possiamo determinare la direzione della nostra vita.

Obbedire alla volontà di Dio non significa rinunciare alla libertà, al contrario comporta la sua piena valorizzazione. Solo chi ama è veramente libero e non c’è forma più alta di libertà che amare i propri fratelli fino al dono totale di sé. Sulla croce la Legge e i Profeti trovano il loro pieno compimento e da lì scaturisce, come un tempo dal Monte Sinai, la legge, non scritta più su tavole di pietra, ma nei nostri cuori.

Commento a cura di don Pasquale Giordano
Vicario episcopale per l’evangelizzazione e la catechesi e direttore del Centro di Spiritualità biblica a Matera

Fonte – il blog di don Pasquale “Tu hai Parole di vita eterna

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