Giovedì della II settimana di Quaresima
Ger 17,5-10 Sal 1
Chi crede in Dio resta saldo nella prova
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Le parole del profeta Geremia richiamano subito alla mente il portale d’ingresso del Libro dei Salmi. Infatti, nel Salmo 1 viene dichiarato beato l’uomo che non segue i consigli dei malvagi e non si conforma all’atteggiamento dei superbi, ma si lascia guidare dalla parola di Dio che medita nel cuore in ogni momento. Geremia definisce giusto l’uomo che confida in Dio e che trova in Lui la forza di superare ogni ostacolo. I due testi sono accomunati dalle immagini tratte dall’ambiente tipicamente mediorientale in cui si alternano paesaggi stepposi e oasi verdeggianti. La differenza la fa la presenza dell’acqua. Geremia giunge alla conclusione che Dio è come l’acqua, essenziale per la vita dell’uomo. Se egli custodisce nel cuore, come una cisterna, la Sua parola o fa scorrere dentro di sé la misericordia, la sua vita fiorisce e porta frutto in qualsiasi condizione, anche nella prova. Al contrario, colui che è pieno di sé ma vuoto di Dio non supera il tempo della prova finendo miseramente i suoi giorni.
+ Dal Vangelo secondo Luca Lc 16,19-31
Nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti.
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L’inutile elemosina e la giusta misericordia
La parabola ha come soggetto principale un uomo ricco che conduceva una vita comoda e agiata. Un uomo che tutti avrebbero potuto dire fortunato o anche benedetto. Alla sua porta c’era un povero di nome Lazzaro, un misero mendicante, abbandonato da tutti, tranne dai cani che gli leccavano le ferite, che tutti avrebbero definito un uomo sfortunato. La morte accomuna i due uomini che la «sorte», così avrebbe potuto pensare qualcuno, aveva differenziato assegnando a uno i suoi beni e all’altro i suoi mali. Se la storia si fermasse qui sarebbe legittima la domanda: perché esiste l’ingiustizia, per cui c’è chi ha tanto e chi ha nulla, perché la vita è così iniqua che riserva la fortuna ad alcuni e la disgrazia ad altri?
In realtà la storia continua perché la morte ribalta la sorte per cui il povero Lazzaro entra ricco in cielo e il ricco si ritrova in mezzo ai tormenti degli inferi. Lì si ricorda di Lazzaro, che in vita aveva sempre ignorato, e gli chiede aiuto per alleviare le sue sofferenze. La risposta di Abramo rende esplicito il peccato del ricco. L’indifferenza crea un abisso incolmabile, facendo della differenza una distanza abissale. L’uomo ricco più che domandarsi come godere dei beni ricevuti, avrebbe dovuto interrogarsi su come impiegarli per il bene anche degli altri. La vita diventa ingiusta quando è goduta solo per sé stessi.
Se il ricco avesse rinunciato a qualche piacere avrebbe sentito un po’ della fame di Lazzaro e se avesse tolto qualcosa da sé avrebbe accorciato le distanze dal fratello. La morte ristabilisce la giustizia negata dagli uomini. Per cui il povero viene saziato dei beni che gli sono stati rifiutati e il ricco perde la vita che invece ha preteso di godere solo per sé.
Le briciole che cadono dalla tavola del ricco sono l’inutile elemosina di quelle persone che danno agli altri gli scarti, senza lasciarsi ferire dal dolore degli altri.
La carità è il compendio della Parola di Dio e della giustizia. Ascoltarla significa praticare la misericordia, ovvero rendere il cuore misero per fare proprio il dolore del fratello e condividerlo offrendo ciò che si ha e ciò che si è.
Leggi la preghiera del giorno.
Commento a cura di don Pasquale Giordano
Vicario episcopale per l’evangelizzazione e la catechesi e direttore del Centro di Spiritualità biblica a Matera
Fonte – il blog di don Pasquale “Tu hai Parole di vita eterna“