La fede vera è l’ago della bilancia tra salvezza o condanna
Mercoledì della IV settimana di Pasqua
«Non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo». Nel vangelo di Giovanni Gesù spesso parla di sé non per vantarsi o giustificarsi, ma per ribadire che egli è inviato dal Padre per rivelare agli uomini che il nome di Dio è Amore. A Nicodemo aveva ricordato che l’amore di Dio per il mondo è talmente grande che manda suo Figlio. Gesù è l’«ultima parola» di Dio all’uomo, non certamente nel senso di «ultimatum», ma è quella che attesta la sua promessa di fedeltà. Gesù è tutta la parola di Dio all’uomo; non ha da dire più nulla perché tutto quello che conta è stato detto e dato in Gesù. Tutto ciò che serve all’uomo per vivere è racchiuso nel dono che Dio fa all’uomo in Gesù, «il bene, tutto il bene, il sommo bene» (s. Francesco).
Dio non s’impone con la forza della coercizione ma si propone con la delicatezza di chi ama. L’evangelista Giovanni nella sua catechesi ama giocare con immagini tra loro contrastanti. Tra esse le più frequenti sono il binomio luce-tenebre e salvezza-condanna. L’uomo si trova nel mezzo tra i due poli e a lui spetta la libertà di decidere la direzione da dare alla propria vita. In questa scelta non siamo lasciati soli; Dio non è uno spettatore imparziale. Egli, che sempre ha cercato di attirare a sé gli uomini, alla fine ha mandato suo Figlio perché attraverso di lui potessimo sceglierlo come Dio e amarlo come nostro Padre.
Credere in Gesù non significa né aderire ad un’ideologia, né ispirare il proprio comportamento ad un codice di leggi e di norme. Piuttosto comporta una relazione personale con Dio che coinvolge la razionalità, l’affettività e il corpo stesso dell’uomo. Credere in Gesù significa prestare attenzione alle sue parole, osservare i suoi gesti per arrivare ad ascoltare la voce del Padre e contemplare il suo volto. Gesù è nel mondo luce perché illumina la via della nostra vita verso il Padre. La scelta di credere in Gesù comporta una crescita interiore che permette all’uomo di fidarsi del Padre al punto da lasciarsi amare da Lui facendosi nutrire, guarire, educare e guidare.
Rifiutare Gesù non significa non credere alla sua esistenza e neanche bestemmiare il suo nome, ma lasciar cadere tutte quelle occasioni che Dio ci offre per dare un senso vero alla vita e farne un capolavoro. Senza Gesù siamo una casa incompiuta e abbandonata che, aggredita dal tempo che passa, all’ultimo giorno crolla e sparisce. Credere in Gesù e non avere il coraggio di testimoniarlo con la vita, anche se questo spesso comporta andare controcorrente, non basta per salvare la propria vita. Vivere una fede “intimistica” o basata solo su vaghi principi, equivale a non credere.
Chi crede rimane con Gesù alla scuola dell’amore che è l’unica via alla vita. Grazie a Gesù, e uniti a Lui, possiamo vivere il comandamento dell’amore fraterno anticipando già nel presente la salvezza.
Essa è una realtà concreta e reale. Come avviene quando ci si avvicina ad una fonte di luce o ci si lascia avvicinare da un corpo illuminante tanto da essere avvolti dalla luce e diventare luminosi e visibili, così andando verso la Gesù, e permettendo che Gesù si faccia prossimo a noi, diventiamo luminosi della sua stessa luce e portatori di una fede visibile e concreta. La fede vissuta nella comunione vera ed intima con il Signore ci rende segni tangibili dell’amore di Dio che anima il mondo col calore dell’amicizia e la luce della fraterna solidarietà.
Auguro a tutti una serena giornata e vi benedico di cuore!
Commento a cura di don Pasquale Giordano
La parrocchia Mater Ecclesiae è stata fondata il 2 luglio 1968 dall’Arcivescovo Mons. Giacomo Palombella, che morirà ad Acquaviva delle Fonti, suo paese natale, nel gennaio 1977, ormai dimissionario per superati limiti di età… [Continua sul sito]