Figlio maggiore erede di Dio e fratello minore a servizio degli altri
SAN FRANCESCO D`ASSISI
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Gàlati Gal 6,14-18
l mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo.
Fratelli, quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo.
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Non è infatti la circoncisione che conta, né la non circoncisione, ma l’essere nuova creatura. E su quanti seguiranno questa norma sia pace e misericordia, come su tutto l’Israele di Dio.
D’ora innanzi nessuno mi procuri fastidi: io porto le stigmate di Gesù sul mio corpo.
La grazia del Signore nostro Gesù Cristo sia con il vostro spirito, fratelli. Amen.
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Conformato al Crocifisso risorto
L’apostolo Paolo conclude la lettera ai Galati ribadendo il fatto che egli, come ogni battezzato, nell’evento della croce di Cristo è morto al peccato ed è diventato una creatura nuova in cui opera non più lo spirito mondano dell’egoismo ma lo Spirito di Dio. È lui, infatti, il principio di quella vita nuova che fiorisce da un corpo che, libero dalla legge della carne, è conformato a quello di Cristo, il Crocifisso Risorto. Come le piaghe del corpo del Risorto sono il segno dell’amore di Dio, così le umiliazioni e le mortificazioni fisiche e spirituali dell’apostolo sono per Paolo il linguaggio attraverso il quale esprime il suo amore incondizionato a quella Chiesa che ancora genera alla fede nel dolore delle doglie del parto.
Egli, dunque, non si vanta ostentando i suoi meriti, ma glorifica Dio attraverso il sacrificio doloroso della sua vita sull’altare delle calunnie e dei tradimenti di cui soffre. Che sia una sofferenza educativa e generativa lo dimostra il fatto che il suo amore per i Galati non si trasforma in avversione e condanna ma si esprime in un accorato appello a custodire il Vangelo della grazia di Dio, così come lo hanno ricevuto anche mediante il suo insegnamento e la sua condotta di vita.
+ Dal Vangelo secondo ✝ Mt 11,25-30
Hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli.
In quel tempo Gesù disse: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.
Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».
Figlio maggiore erede di Dio e fratello minore a servizio degli altri
Ciò che contraddistingue la spiritualità di Francesco d’Assisi è la povertà intesa da una parte come consapevolezza di essere figlio maggiore di Dio, piccolo come un bambino eppure destinatario dell’eredità del Padre, e dall’altra come scelta di essere fratello minore per gli altri posto a loro servizio. Francesco ha colto nella povertà, così intesa e interpretata, l’essenza della identità di Gesù e il cuore pulsante del Vangelo.
La povertà è la via maestra attraverso cui lasciarsi conformare a Gesù, unirsi a Lui che è il Figlio maggiore di Dio a servizio degli altri uomini come fratello minore. Il cammino di fede porta gradualmente Francesco a conformarsi a Cristo, non solamente pregando ma facendosi egli stesso preghiera. Francesco ha imparato da Gesù a farsi povero per guarire dall’avidità e dall’ambizione che rendono schiavi del potere e della paura. La stanchezza e l’oppressione sorgono da un cuore che cede all’ingiustizia e si conforma alla mentalità mondana dell’apparire, del possedere e del controllare.
Chi ha il cuore affaticato dall’ambizione e oppresso da pensieri cattivi di risentimento, odio o rivalsa li sfoga accusando, sparlando, denigrando, insinuando, calunniando gli altri. Solo un uomo dal cuore povero può riconoscere l’opera di Dio e la sua benevolenza che riserva ai più piccoli e bisognosi. Gesù è per Francesco, e per ciascuno di noi, modello di preghiera perché prima di chiedere qualcosa per sé, loda la sua misericordia.
È una confessione di lode attraverso cui il cuore gioiosamente professa l’umile fiducia in Dio soprattutto quando sembra che tutto vada per il verso sbagliato e che i progetti non si realizzino. Anche se non si compie la nostra volontà, la fede ci fa essere certi che Dio sta portando a compimento quel progetto di felicità che da sempre e per sempre ha pensato e voluto per noi.
Ciò che per gli altri può apparire vergognoso o disdicevole, oppure indegno, per Gesù, come lo sarà anche per Francesco, la minorità è una scelta di vita in risposta alla vocazione cristiana di far conoscere Dio. Non si tratta di convincere ma di far gustare l’amore di Dio ed essere trasformati da Lui. La fraternità è la vocazione pensata da Dio e che può realizzarla solo chi si fa povero. I dotti e i sapienti sono affetti dalla sindrome dei figli unici, non perché non abbiano fratelli ma perché li considerano servi e sudditi, e come tali, essi si isolano nell’inferno triste della solitudine.
Commento a cura di don Pasquale Giordano
Vicario episcopale per l’evangelizzazione e la catechesi e direttore del Centro di Spiritualità biblica a Matera
Fonte – il blog di don Pasquale “Tu hai Parole di vita eterna“