Commento a cura di don Pasquale Giordano
La parrocchia Mater Ecclesiae è stata fondata il 2 luglio 1968 dall’Arcivescovo Mons. Giacomo Palombella, che morirà ad Acquaviva delle Fonti, suo paese natale, nel gennaio 1977, ormai dimissionario per superati limiti di età… [Continua sul sito]
Il dominio che libera, la ferita che sana
Al fiume Giordano Gesù, battezzato nell’acqua, riceve lo Spirito Santo e la Parola di Dio che lo consacra suo profeta. Nel battesimo si realizza quello che è detto nel libro del Deuteronomio che leggiamo come prima lettura (Dt 18, 15s). Mosè, colui che è stato salvato dalle acque, è scelto da Dio in mezzo ai suoi fratelli per portare loro il suo messaggio. Mosè è il profeta di Dio e come tale guida il popolo lungo il cammino dell’esodo, itinerario di fede attraverso il quale passare dalla schiavitù al servizio, dall’essere prigionieri del peccato ad essere liberi figli di Dio e fratelli tra loro. Mosè non è un profeta come quello degli altri popoli che preannunciavano il futuro o che, con riti magici, determinava la fortuna o la disgrazia. I gesti e le parole di Mosè sono suggeriti da Dio. Quando gli Israeliti ascoltano il loro profeta essi si fidano di Dio, ma quando mormorano contro di lui, si ribellano al Signore e rifiutano il suo aiuto. Gesù è il profeta promesso che, come Mosè, dice le parole di Dio. È una parola di amore, come quella che Gesù ascolta dal cielo: «Tu sei mio Figlio!». Si tratta di una dichiarazione d’amore con la quale Dio rivela la sua volontà di essere per noi Padre e il suo desiderio che noi siamo per Lui figli. Ogni qualvolta apriamo il nostro cuore ad ascoltare la parola di Dio, lo Spirito parla dentro di noi. La Parola di Gesù ci dona lo Spirito Santo. San Paolo dice che non abbiamo ricevuto «uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma … lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: «Abbà! Padre!». Lo Spirito stesso, insieme al nostro spirito, attesta che siamo figli di Dio» (Rm 8, 15-16).
Gesù, andando per le strade ad annunciare il Vangelo di Dio, rende vicino Dio che, attraverso del Figlio, si mostra a noi come Padre. Ecco da dove viene l’autorevolezza dell’insegnamento di Gesù percepita dalla gente, dai poveri soprattutto che si riuniscono attorno a lui per essere sanati. La parola di Gesù è autorevole perché possiede in sé la forza dello Spirito di Dio che combatte e sconfigge lo spirito del male.
Gesù non viene per combattere contro l’uomo, ma a suo favore contro il maligno che lo tiene intrappolato. Come quell’uomo nella sinagoga, anche noi, possiamo condurre una vita che appare tranquilla e normale, ma essere schiavi della mentalità propria del mondo dominato dalla logica del maligno. Indifferenza, diffidenza e supponenza sono le caratteristiche delle parole dello spirito impuro. L’indifferenza è ciò che crea distanze e zone di sicurezza per non essere «toccati» interiormente. L’indifferenza ci fa vivere in uno mondo tutto nostro che ci fa essere sensibili solo ai nostri interessi che quando vengono intaccati ci fanno scattare come molle. La diffidenza è il contrario della fiducia. Ci fa vedere nemici anche in chi ci vuole bene. La supponenza è la presunzione che il nostro modo di vedere e giudicare sia tutta e la sola verità.
Gesù ci propone un cammino di liberazione che, cambiandoci interiormente, possa farci diventare profeti dell’amore di Dio. Abitati dallo Spirito possiamo sconfiggere il male che ci blocca e fare un cammino educativo che non solo ci faccia uscire dai labirinti del peccato, ma che faccia uscire da noi la parte più bella, quella che più assomiglia a Dio.
La nostra preoccupazione non sia quella di compiacere gli altri per conquistarli e poter esercitare su di loro una certa influenza, ma siamo chiamati a occuparci della nostra interiorità affinché essa possa sempre più essere plasmata dallo Spirito. Non dobbiamo preoccuparci di apparire ma di essere, non dobbiamo preoccuparci del giudizio degli altri e neanche di quello di Dio, ma occuparci della nostra vita e delle cose del mondo per orientarle tutte verso Dio. Ogni cosa che facciamo, la facciamo per Dio, rispondendo con le parole e con i fatti alla sua chiamata: «Voglio essere tuo figlio, Abbà, Padre».