don Pasquale Giordano – Commento al Vangelo del 30 Agosto 2023

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L’ipocrisia illude e la fede illumina

Mercoledì della XXI settimana del Tempo Ordinario (Anno dispari)

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicési (1Ts 2,9-13)

Lavorando notte e giorno, vi abbiamo annunciato il Vangelo.

Voi ricordate, fratelli, il nostro duro lavoro e la nostra fatica: lavorando notte e giorno per non essere di peso ad alcuno di voi, vi abbiamo annunciato il vangelo di Dio.

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Voi siete testimoni, e lo è anche Dio, che il nostro comportamento verso di voi, che credete, è stato santo, giusto e irreprensibile. Sapete pure che, come fa un padre verso i propri figli, abbiamo esortato ciascuno di voi, vi abbiamo incoraggiato e scongiurato di comportarvi in maniera degna di Dio, che vi chiama al suo regno e alla sua gloria.

Proprio per questo anche noi rendiamo continuamente grazie a Dio perché, ricevendo la parola di Dio che noi vi abbiamo fatto udire, l’avete accolta non come parola di uomini ma, qual è veramente, come parola di Dio, che opera in voi credenti.

La maternità e la paternità spirituale dell’evangelizzatore

Nel capitolo 2 della Lettera Paolo ricordando l’evangelizzazione di Tessalonica ribadisce che questa opera non è nata da intenzioni disoneste o da motivi di autocompiacimento, ma dalla sola volontà di piacere a Dio. Ciò che muove l’azione di Paolo è il desiderio di suscitare e sostenere l’adesione di fede di ciascun cristiano perché, incontrando Cristo, si possa aderire a Lui con tutta la propria vita. Parlando di sé, l’apostolo si paragona ad una mamma perché concepisce il suo ministero in chiave generativa. Egli non intende fondare una scuola di pensiero ma una Chiesa, comunità viva di persone che si riuniscono nel nome di Gesù e che si amano reciprocamente seguendo il suo esempio.

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La vocazione ad essere evangelizzatore non comporta solo competenze e attitudini umane che, pur essendo utili, non sono sufficienti senza che esse si innestino nella chiamata a mettersi al servizio alla vocazione alla santità di ciascuno. Da qui nasce l’esercizio della paternità che si declina nell’insegnamento, nell’accompagnamento e nella costante attenzione al prossimo.

+ Dal Vangelo secondo Mt 23,27-32

Siete figli di chi uccise i profeti.

In quel tempo, Gesù parlò dicendo: «Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che assomigliate a sepolcri imbiancati: all’esterno appaiono belli, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni marciume. Così anche voi: all’esterno apparite giusti davanti alla gente, ma dentro siete pieni di ipocrisia e di iniquità.

Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che costruite le tombe dei profeti e adornate i sepolcri dei giusti, e dite: “Se fossimo vissuti al tempo dei nostri padri, non saremmo stati loro complici nel versare il sangue dei profeti”. Così testimoniate, contro voi stessi, di essere figli di chi uccise i profeti. Ebbene, voi colmate la misura dei vostri padri».

L’ipocrisia illude e la fede illumina

L’immagine dei sepolcri imbiancati è diventata proverbiale per indicare l’ipocrita che esteriormente appare bello e in ordine ma nel segreto del cuore conserva il male. Le buone maniere, l’ordine e la pulizia, la metodicità e la puntualità in una persona sono elementi visibili che possono favorire un giudizio positivo della gente. Ma Dio che vede il cuore conosce tutti i nostri pensieri e sa anche quali sono quelli che pretendiamo di nascondere persino a noi stessi.

Ciò che viene stigmatizzato non è il peccato presente nel cuore dell’uomo, ma il fatto di nasconderlo millantando una giustizia e una rettitudine morale tutte basate sulle proprie opere meritorie. L’ipocrisia è l’ostacolo più difficile da superare perché la grazia di Dio possa operare in noi un vero cambiamento. Vorremmo illuderci di migliorare intervenendo su fattori superficiali della nostra vita ma conservando tutto ciò che la consuma da dentro come un verme che silenziosamente divora. Il vero cambiamento avviene quanto si interviene su ciò che è invisibile all’uomo ma è ben visibile a Dio. 

La parola di Gesù, pur essendo dura e tagliente, non mira ad offendere o umiliare ma alla guarigione del cuore. Con la forza di un piccone il Vangelo vuole demolire tutte le strutture di peccato che impediscono un vero rinnovamento della mente e la conversione. Con la sua morte e risurrezione Gesù è venuto per aprire tutti i sepolcri perché il marciume della morte si trasformi in germogli di vita e la puzza dell’ipocrisia divenga profumo di carità.

Commento a cura di don Pasquale Giordano
Vicario episcopale per l’evangelizzazione e la catechesi e direttore del Centro di Spiritualità biblica a Matera

Fonte – il blog di don Pasquale “Tu hai Parole di vita eterna