Commento a cura di don Pasquale Giordano
La parrocchia Mater Ecclesiae è stata fondata il 2 luglio 1968 dall’Arcivescovo Mons. Giacomo Palombella, che morirà ad Acquaviva delle Fonti, suo paese natale, nel gennaio 1977, ormai dimissionario per superati limiti di età… [Continua sul sito]
La Carità non sceglie il servizio ma cerca chi servire
Gesù, stando a casa di uno dei capi dei farisei che lo aveva invitato per pranzare, viene osservato con attenzione dagli altri e offre loro tre insegnamenti importanti. Dapprima guarendo l’idropico indica nella pratica della carità il compimento della legge; poi, osservando come gli invitati sceglievano i primi posti, suggerisce loro di non ambire agli onori ma desiderare di servire con umiltà; infine esorta colui che lo ospita a rivolgere l’invito ai poveri e agli emarginati perché essi non hanno nulla da contraccambiare. Beato, ovvero la persona realizzata, è colui che sceglie di servire Dio negli ultimi e si fa suo gioioso portavoce verso i più poveri.
Il sabato, per noi cristiani la domenica, è un giorno di festa nel quale celebriamo l’amore misericordioso di Dio che ci guarisce dal peccato perché tutti possano partecipare al banchetto eterno. Il pasto festoso sulla terra è anticipazione di quello che Dio prepara per noi nel Cielo. È lo stesso Dio che ci invita alla mensa terrena e al banchetto celeste, cioè ci esorta a vivere la carità fraterna attraverso il servizio umile per preparaci a godere a pieno della festa nel giorno della risurrezione, compimento del regno di Dio.
La festa inizia oggi quando ci viene chiesto di essere missionari della carità e di raggiungere gli ultimi, poveri, storpi, zoppi e ciechi, di solito esclusi dai convivi umani, per invitarli a partecipare all’incontro con Dio. In questo incontro con c’è nulla da spartire ma tutto da condividere.
L’invito che Gesù ci rivolge è innanzitutto quello di partecipare della sua stessa missione e praticare la carità fraterna non come dovere, ma come vocazione. Potremmo essere come quei tali che rifiutano l’invito trovando scuse, alcune persino banali. Se ci pensiamo, quanti pretesti accampiamo per rinunciare a servire, perché siamo concentrati su noi stessi e i nostri affari in affannosa ricerca di conferme, attestati e gratificazioni. Il tempo per fare ciò che ci piace lo troviamo o facciamo quello che ci impone un certo senso del dovere. Ma né l’uno, né l’altro ci dà vera gioia; nel primo caso perché facciamo dipendere la nostra felicità dal conseguimento di obbiettivi umani, nel secondo caso perché il fare solo il proprio dovere nasconde la ricerca di un contraccambio che spesso non trova riscontro secondo le aspettative.
Costringere ad entrare non indica una forzatura violenta, ma il potere della testimonianza gioiosa della carità che esercita una forza di attrazione e di convincimento più grande della coercizione.
Chi crede in Gesù sposa il suo modo di pensare e fa sua la missione per la quale egli è venuto. Così il discepolo di Cristo quanto più cresce nella carità, tanto più brilla di felicità. La Carità non può essere finta. La carità ipocrita è quella che facciamo dopo aver selezionato il “servizio” da svolgere. La Carità non sceglie un servizio ma cerca chi servire. Questa è la vera carità che ci fa pregustare la perfetta letizia.
Auguro a tutti una serena giornata e vi benedico di cuore!